Riportiamo di seguito un articolo del quotidiano specializzato “La Tecnica della Scuola” in merito ad alcuni numeri privi di fondamento “dati” dal Presidente del Consiglio Mario Draghi durante il suo discorso al Senato della Repubblica.
Draghi cita infatti numeri che non hanno alcun rapporto con quelli reali, sia in merito agli studenti che frequentano le scuole superiori, sia in merito alle frequenze della Didattica a Distanza, che, per finire, al periodo di riferimento in base al quale questi numeri sarebbero calcolati (ovvero la prima settimana di febbraio: le scuole superiori erano in presenza tra il 50 e il 75% degli alunni).
Cifre e parole che, accompagnate ad altri svarioni e anche a quanto accaduto nel passato in sede Bce destano qualche ombra sull’immagine di cinica iper-efficienza del nuovo Presidente del Consiglio. Ci auguriamo che sia solo un caso anche se la bolla di silenzio e distanza posta attorno all’uomo anche adesso che ha il ruolo pubblico più visibile d’Italia non aiuta a comprendere in che modo certe costruzioni logiche si trasformino in certezze naturaliter a prova di contraddittorio, ma non di contraddizione.
Di seguito l’articolo.
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Nel suo discorso alle Camere Draghi ha parlato di scuola, evidenziando fra l’altro i “disagi” e le “diseguaglianze” della didattica a distanza, tanto da richiedere quanto prima il ritorno a “un orario scolastico normale per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno”.

A sostegno di questa affermazione ha portato un esempio:

Un dato chiarisce meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 studenti (il 61,2% del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a Distanza”.

Sono numeri che andrebbero chiariti riguardo alla fonte che li ha forniti e spiegati meglio, perché così sono abbastanza incomprensibili.

I numeri che non tornano

– Prima di tutto, nelle scuole secondarie di II grado, gli alunni sono 2.635.110 e non 1.696.300. Questo è il dato ufficiale, riportato sul Focus “Principali dati della scuola, anno scolastico 2020/2021”, pubblicato dal Miur a settembre 2020.

– In secondo luogo, se fosse vero che, nella prima settimana di febbraio, solo “il 61,2% del totale ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a Distanza” sarebbe la debacle assoluta della scuola italiana.

– La “prima settimana di febbraio” di cui si parla, non può che essere riferita all’anno in corso, perché nel 2020 la sospensione delle attività didattiche è scattata dal 5 marzo, e solo dopo i dirigenti scolastici hanno attivato la didattica a distanza. Nel corrente anno scolastico, dal 1° febbraio quasi tutte le regioni hanno riaperto le scuole superiori con la presenza in classe degli studenti dal 50 al 75%, secondo le disposizioni del Dpcm del 14 gennaio. Forse il numero riportato da Draghi si riferisce agli alunni in Dad mentre gli altri erano in presenza? Il punto è oscuro.

I problemi pratici della didattica a distanza

Certamente la Dad non ha raggiunto tutti gli studenti in tutte la Regioni d’Italia, specialmente all’inizio, quando l’epidemia ha colto alla sprovvista e si è venuta a creare una forte disparità tra le scuole con esperienze pregresse, buona dotazione tecnologica e docenti formati all’uso delle nuove tecnologie e le scuole che movevano i primi passi.

Ma poi l’impegno è stato notevole. Da un lato il ministero dell’istruzione ha stanziato circa 180 milioni per l’acquisto di tablet, computer e schede per la connettività. Dall’altro la stragrande maggioranza dei docenti si è rimboccata le maniche per affrontare l’inedita situazione. Rimane tuttavia il problema delle infrastrutture, che dipendono dagli enti locali, e interessano tanto le scuole quanto le famiglie.

Ma quali sono i dati reali sugli esclusi dalla Dad? L’indagine del Censis

Quanti sono gli studenti rimasti fuori dalla Dad? Negli ultimi mesi i media hanno riferito di alcune ricerche, tutte comunque piuttosto parziali.

Il 9 giugno 2020, il Censis ha pubblicato “La scuola e i suoi esclusi”, indagine condotta su un campione di 2.812 dirigenti scolastici (più del 35% del totale) e realizzata tra il 10 e il 27 aprile 2020, cioè nel periodo più critico. Da allora, in tutte le scuole, la situazione è enormemente migliorata e lo scenario è in continua evoluzione.

Ebbene, nel periodo più difficile, il 60,2% dei dirigenti scolastici ha dichiarato che è rimasta fuori dalle attività didattiche a distanza un percentuale di studenti tra lo 0% e il 5%. Il 39,9% ha invece indicato una percentuale dal 5% a oltre il 10%, con tassi più elevati nelle aree a Sud del Paese. Maggiori difficoltà di coinvolgimento sono emerse nelle scuole del primo ciclo. A essere molto più penalizzati sono gli alunni con disabilità. Secondo l’indagine dell’Istat “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità”, condotta tra aprile e giugno 2020, risulta che oltre il 23% di loro non vi ha preso parte.