Nel 1998 la legge Bassanini introduce l’espressione di “area ecologicamente attrezzata” che prevede che “le Regioni disciplinino, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente”.

L’introduzione di questo nuovo concetto di area produttiva, pensata in chiave ambientale, dotata di requisiti tecnici ed organizzativi finalizzati a minimizzare ed a gestire le pressioni sull’ambiente, nasce dal principio di precauzione e prevenzione dall’inquinamento.

Negli anni a seguire la Regione Marche introduce, in maniera lungimirante, tra le “classiche” aree produttive industriali e artigianali, anche quelle direzionali e turistico ricettive, visto il tessuto produttivo ed economico regionale e finanzia, tramite fondi europei, nell’annualità 2005/2006  dei “Progetti per la gestione integrata degli impatti ambientali in aree produttive significative, secondo il modello delle aree produttive ecologicamente attrezzate (APEA)” , bando che l’allora amministrazione vinse.

Da queste impostazioni fu realizzato, dagli architetti Fabio Viviani, Dino Polidori, Marco Mattioli e Marco Di Simplicio oltre al sottoscritto Nazzareno Viviani il progetto denominato R.A.S.T. acronimo di “Riqualificazione Ambientale del Sistema Turistico”, vede partecipare insieme i comuni di San Benedetto del Tronto (capofila) e Grottammare.

Il progetto prevedeva un articolato sistema di interventi pubblici infrastrutturali a supporto del sistema turistico costiero ed indirettamente di tutta la città riguardanti: l’efficienza energetica e l’utilizzo delle fonti rinnovabili, la difesa e il risparmio delle risorse idriche, il controllo del suolo e l’equilibrio idrogeologico, la tutela del paesaggio e la connessione alla rete ecologica circostante, la riduzione della produzione dei rifiuti, la mobilità sostenibile, la diminuzione dell’inquinamento acustico.

Gli interventi in linea con le linee guida della Regione Marche sulle Apea proponeva un modello di sviluppo turistico sostenibile contro, quello ancora attuale, insostenibile.

Gli obiettivi che il progetto R.A.S.T. individuava erano:

– la verifica dei criteri di eco – efficienza delle “aree ecologicamente attrezzate” turistico – ricettivo;

– la definizione di uno scenario di riequilibrio ambientale e sviluppo sostenibile di medio periodo;

– la diffusione e la sensibilizzazione presso le comunità locali delle strategie progettuali sostenibili;

– l’individuazione di strategie tramite una metodologia e di azioni progettuali ripetibili, anche attraverso il loro accoglimento negli strumenti di programmazione e controllo del territorio.

Vennero individuati dieci contesti progettuali a livello preliminare lungo la costa, nella fascia compresa tra il lungomare e la ferrovia, uno a livello definitivo riguardante la realizzazione di una greenway in un torrente e un approfondimento progettuale di uno stabilimento balneare sostenibile.

All’interno di ogni contesto progettuale si individuarono le seguenti criticità ambientali: gestione del sistema, uso delle acque, integrazione con il sistema insediativo, mobilità e trasporti, ciclo dei rifiuti, gestione dell’energia, qualità dell’edificato.

Per ogni criticità, si individuarono diverse azioni di riequilibrio, riqualificazione e sviluppo sostenibile consistenti in:

–  Bioedilizia nelle strutture ricettive;

–  Impianti ad alto rendimento energetico;

–  Fonti rinnovabili;

–  Hi – Tech – domotica;

–  Raccolta acqua piovane;

–  Riuso delle acque a fini turistici;

–  Ritenzione – infiltrazione;

–  Trattamento acque di prima pioggia;

–  Permeabilità dei suoli;

–  Rinaturalizzazione corsi d’acqua;

–  Raccolta differenziata puntuale;

–  Isole ecologiche;

–  Uso del mezzo pubblico;

–  Nodi di scambio intermodale;

–  Auto “collettiva”;

–  Barriere fonoassorbenti;

–  Riduzione dell’impatto delle infrastrutture.

Il progetto R.A.S.T. così strutturato, aveva come fine principale la riqualificazione ambientale dell’asse del lungomare delle due città “turistiche” trattato come entità unica, che superava i confini territoriali. All’interno di questo “parco lineare” si innestavano gli assi di penetrazione, che offrivano spunti di progettazione per il tessuto abitato “storico” dalla ferrovia verso ovest.

Il progetto che era rivolto non solo a tutti gli operatori turistici, ma anche a tutti i portatori di interessi per la città, fu presentato nella mattinata il 25 giugno 2008 all’interno della giornata intitolata “Turismo, urbanistica e ambiente” all’Auditorium comunale.

Da quel giorno in poi del progetto non si hanno più notizie e si perdono le tracce. Questo è un peccato, prima di tutto perché offriva una base progettuali da cui partire per progetti ex-novo per tutta la città, d’altronde se i Comuni lo hanno voluto fare è perché ci credevano.

In secondo luogo, come tutti i fondi europei, subito dopo il finanziamento dei progetti, si finanziano le opere collegate ad essi, invece ci siamo fatti scappare delle risorse importanti e gratuite, per riqualificare le due città, che per vocazione dovrebbero puntare a mio avviso su due fattori chiave come ho scritto già in diversi articoli: turismo-sostenibile e tecnologia, che trovavano la sintesi proprio nel progetto proposto.

Il R.A.S.T.  è stato un tentativo di trasformare le criticità di un territorio turistico, con spazi che chiamo ad “intermittenza”, per via delle forti pressioni ambientali nel periodo estivo rispetto a quello invernale, in opportunità di crescita sostenibile e hi-tech, quello che oggi chiamiamo turismo smart o 4.0, ma che nel 2008 ancora era qui da noi, in uno stato embrionale. Uno sforzo per migliorare tramite servizi innovativi, la già riconosciuta qualità della vita nel Piceno, per turisti e cittadini, perché se è vero che abbiamo la bandiera blu per le spiagge, forse non l’abbiamo per quello che riguarda lo spazio esterno alle spiagge, cioè la città.

L’appello, o meglio la speranza, è quella che la prossima amministrazione che si insedierà, riprenda in mano il progetto, che pur “vecchio” di 13 anni, ha ancora molti spunti innovativi su cui riflettere per una città ferma agli Anni ’70.