LE AVVENTURE DI PASQUALE LA QUAGLIA A LONDRA

di Brevevita Letters – disegni di Ilario M.

PRIMA DEL BOVE FINTO, LA QUAGLIA A PRANZO DA ZENOBI – QUALCOSA CHE UNISCE SPONDA ABRUZZESE E MARCHIGIANA DEL TRONTO

(puntata dieci)

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Magazziniere di Roma. 

60 anni circa. 

Sovrappeso di trenta chili, tutti depositati al punto vita.

Capelli come Adriano Panatta, ma brizzolati. 

Classico accento romano. 

Non un cattivo uomo apparentemente, anzi dava l’idea di una spalla eccellente per banchetti e conversazioni rigidamente impostate sui binari pigri e leziosi del più e del meno.

Faceva il magazziniere a Londra da 24 anni, in una ditta che produceva cibi congelati sottovuoto spinto. Lavorava perennemente nel freezer, anche 10-11 ore al giorno, dalle 4 di mattina alle 3 di pomeriggio, e il sabato e la domenica li trascorreva quasi completamente a letto. Dai racconti che era uso proferire ai conviviali durante le ore dei pasti si evinceva che il freezer era una cella alta circa venticinque metri, con scaffali ove venivano impilate le materie prime, e che lui stava tutto il tempo lì, con quella tuta imbottita da cella frigorifera, puzzolente di sudore ghiacciato, che veniva indossata 24 h operaio dopo operaio, e che non veniva lavata da anni.

“l’importante è che non me caca ‘r cazzo nessuno” diceva,

“io se faccio er lavoro mio senza che me vengono a cacà ‘r cazzo so l’omo più felice del mondo”

Eh sì mo… felice addirittura!

Era arrivato a prendere una paga di 13 pound a ora, e che se tutto andava bene sarebbe arrivato a 14 pound nel giro di altri due anni, così diceva lui.

A guardarlo faceva subito venire in mente una vita distrutta da qualche ex-moglie o fidanzata, poi la solitudine, poi l’incapacità di reagire, con conseguente fuga a Londra, lontano da tutti e da tutto, lontano dalla sua anzianissima madre che ancora gli spaccava il cazzo per telefono, lontano dal fratello che c’avevano avuto a che dire per un appartamento ereditato, lontano dagli amici, i vecchi amici storici oramai evaporati come la boccia di vino spagnolo di Sainsbury che si beveva tutte le sere.

Con la coppia di abruzzesi presenti nella casa si vantava di essere stato una volta a pranzo su a Zenobi, un illustre agriturismo di Colonnella (Teramo), con due amici suoi di vecchia data che erano usi villeggiare a Villa Rosa (Teramo), perché loro i posti dove si mangia bene ce li sanno, mica le chiacchiere. Al nome Zenobi anche La Quaglia si sentiva chiamato in causa, perché Zenobi è un mito e una sicurezza, in quanto agriturismo amato dal lungotronto ambo i lati, sia sponda abruzzese sia marchigiana.

Quello cui si faceva riferimento fu un pranzo di venerdì di Carnevale, raccontava il magazziniere, prima del bove finto di Offida (Ascoli Piceno), e lui il magazziniere era vestito da prete. Aveva appena divorziato e la sua panza aveva appena iniziato a lievitare, come una enorme massa di frustrazioni che trovavano sfogo lì, sul tavolo da pranzo.

Allo stato attuale, sessant’anni di esistenza parevano non averlo portato a una chiara consapevolezza di sé stesso e di ciò che aveva prodotto fino ad allora. Sembrava confuso, casuale, elargiva una vitalità di circostanza, apparentemente fragile, qualcosa che avrebbe potuto in quattro e quattr’otto sfociare nella rabbia e nella desolazione.

Andava a letto con la tuta da ginnastica e davanti a tutti.

Senza ritegno poteva dormire e scoreggiare anche sul divano, tutta la notte.

Non aveva una privacy, non aveva qualcosa di suo, era diventato un automa.

A La Quaglia faceva un po’ pena ovviamente, gli trasmetteva una sensazione di solitudine quasi totale, di rapporti squarciati e mai più ristabiliti, di roboanti costellazioni familiari ormai quasi invisibili ad occhio nudo, lontanissime, ma che non accennavano ad allentare la morsa, e che contribuivano ad edificare strutture comportamentali standard che probabilmente nascondevano un enorme nulla.

La Quaglia sapeva bene che i pazzi alberganti sul pianeta proliferavano ovunque, migliaia di migliaia, e lui molto democraticamente si includeva nella lista, ma il punto era che in quella casa grigia ‘sto romanaccio gli sembrava il più normale, perlomeno quello che poteva dire di avere, se non sottocontrollo, diciamo quasi.

In un ipotetica versione del grande fratello televisivo diretta da David Lynch, questo magazziniere trippone sarebbe stato lo stoico e gagliardo compagno di merende, simpatico, innocente ed innocuo, che però muore prima di tutti gli altri.

Intanto, nella casa grigia s’era fatta di nuovo ora di cena. Il magazziniere fece capolino in soggiorno con le ciabatte strascinate al suolo in maniera pesante, rumorosa, come un tir con gli pneumatici a terra.

Di punto in bianco apparve sul suo volto un’espressione preoccupante, da demonio. La Quaglia lo guardò e gli vennero in mente i film di Lamberto Bava.

Ecco che sta per succedere qualcosa.