LE AVVENTURE DI PASQUALE LA QUAGLIA A LONDRA

di Brevevita Letters – disegni di Ilario M.

PRIMO IMPATTO CON WALTHAMSTOW

(episodio sei)

Qui i precedenti cinque episodi

 

La Quaglia trovò casa a Walthamstow, quartiere a nord-est di Londra, che tutti definivano in espansione artistica. Quando il ragazzo si recò la prima volta in quella zona, per discutere coi coinquilini, non notò il fermento culturale, ma solo il buio delle vie residenziali nel tardo pomeriggio, il silenzio di certe strade in discesa tra gli alberi, la distanza ancora abissale che lo divideva da quei paesaggi, spettrali ma sorprendenti, dove dietro ogni porta potevi trovare un mondo sistematicamente diverso: classici inglesi middle class, greci e romani, siriani di damasco, cinesi. 

Alla fine girare per Londra, specie i quartieri quelli meno turistici, poteva essere classificato come un viaggio attraverso tutte le dominazioni che l’umanità nel corso del tempo aveva prodotto, radunate qui a concorrere di nuovo, come in una succulenta riproduzione della storia.

Le persone che La Quaglia vedeva in metropolitana, quell’altre che incrociava sul marciapiede, i nugoli di filippini fuori dagli off-license, al momento gli apparivano tutti come dei giganti, immensamente più capaci di lui, più esperti, perché parlavano meglio l’inglese, perché sapevano come funzionava, perché quella lì era gente che in qualche maniera se la stava cavando.

Lui invece era ancora agli inizi. Un poppante. E appunto, poppata dopo poppata, schivando le traiettorie dei camminatori folli e meccanici della metro, osservando quelli che salivano le scale mobili correndo sopra scale che correvano già di per sé, La Quaglia arrivò all’indirizzo che gli avevano dato.

Il colloquio coi coinquilini fu breve e altalenante; buono, bello, promettente; oscuro, misterioso, preoccupante. Nella casa di Walthamstow vivevano una coppia di abruzzesi, lei ventottenne di Pescara, lui ventiseienne di Alba Adriatica, e poi anche un navigato magazziniere di Roma, emigrato a Londra da vent’anni. Nella casa c’era una terza stanza da letto, che appunto sarebbe stata destinata a La Quaglia. L’abitazione constava di un soggiorno comune al pianterreno, e le tre stanze da letto di sopra, con un unico bagno da dover condividere in quattro. Il colloquio si svolse sul divano del soggiorno, di fronte alla televisione spenta. C’era tanfo di fumo e di chiuso, c’erano posacenere stremati sotto il peso di mille sigarette ora ritorte in posture innaturali, e mucchi di panni appena usciti dalla lavatrice, che ancora albergavano sul largo tavolino basso poggiapiedi, in legno ruvido e massiccio.

La Quaglia parlò con gli abruzzesi, perché il magazziniere di Roma era al lavoro. 

E appunto a La Quaglia parve di sentire il fiato sul collo della ventottenne abruzzese fin da subito, nel bene e nel male. Lei aveva un modo quasi dittatoriale di guardarlo, ma anche un modo di guardare che rilasciava ormoni. La Quaglia non dette lì per lì troppa importanza a questa sua sensazione abbastanza potente, ma inconscia, e disse … (continua)

 

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