Puntuale come sempre il dottor Claudio Maffei, eminenza marchigiana in tema di sanità, continua a far sentire la sua utilissima voce sui problemi che sta attraversando e che attraverserà di questo passo,  la sanità italiana.  Purtroppo la politica nelle Marche sta  prendendo il sopravvento sulla scienza ma anche sulla logica. L’attuale nuovo potere regionale, infatti, pur di mantenere certe promesse anche se sbagliate ma strumentali perchè utilizzate per contrastare nella recente campagna elettorale il ‘nemico’ di turno (Ceriscioli & C che avevano sì evidenziato lacune ma di altro genere e meno penalizzanti), vuole portare avanti progetti (il ritorno ai piccoli ospedali) in netto contrasto con quanto decretato dal DM 70 dell’ex ministro della Sanità Umberto Veronesi  e dell’architetto Renzo Piano, non due persone qualsiasi. Si rischia di utilizzare le risorse in arrivo per supportare programmi di edilizia ospedaliera  che anziché favorire l’innovazione favoriscano il recuper. Un errore che pagheranno caro le prossime generazioni, se venisse realizzato. Di seguito il testo integrale:

ANCONA – Che il DM 70 non piaccia  a tanti non lo si scopre adesso. Occorre partire dalla necessità di ribadire la validità del Decreto fatti salvi una serie di adattamenti che tengano conto anche della esperienza della pandemia. Tra questi adattamenti si possono ricordare ad esempio la opportunità di non prevedere una strutturazione predefinita rigida per ogni tipologia di ospedale lasciando il compito di rispettare il rapporto discipline/bacini di utenza/volumi alla rete ospedaliera di una Regione piuttosto che a tutti i suoi singoli presidi. Altri possibili modifiche possono riguardare gli ospedali di comunità in alcuni dei quali prevedere una attività per acuti di tipo internistico-geriatrico in risposta soprattutto ai problemi di riacutizzazione delle patologie croniche. Quanto alla esperienza della pandemia accanto a quanto già contenuto nel  Decreto Rilancio e nelle conseguenti linee di indirizzo ministeriali (più posti letto strutturali di terapia intensiva e maggiore potenzialità funzionale in termini di aree semintensive), essa enfatizza l’importanza di una certa “ridondanza” governata di spazi e tecnologie in grado di reggere l’impatto di emergenze come quella che si sta fronteggiando da mesi del Covid-19. Ridondanza del resto già prevista, a rileggerlo,  nel rapporto conclusivo della ricerca sui Principi guida tecnici organizzativi e gestionali per la realizzazione e gestione di ospedali ad alta tecnologia e assistenza  (quello che conteneva il famoso  decalogo Piano-Veronesi  che individua gli elementi guida di riferimento per la realizzazione e gestione degli ospedali del Servizio Sanitario Nazionale), rapporto in cui era riportata questa indicazione col senno di poi profetica:  l’Ospedale è componente fondamentale del sistema di assistenza alla popolazione in caso di emergenza prodotta da eventi naturali o antropici. Come tale è opera strategica ai fini della protezione civile. In condizioni di emergenza deve garantire l ’erogazione delle funzioni essenziali, anche se eventualmente con standard ridotti.

Le difficoltà incontrate hanno spinto molti a reclamare in diverse Regioni la riapertura dei piccoli ospedali. In alcuni casi come le Marche tale scelta è stata usata come una sorta di bandiera nelle recenti elezioni regionali da parte della coalizione di centro-destra che poi ha vinto dopo decenni di governo del centro-sinistra. Ovviamente questo ricambio è del tutto legittimo, ma adesso si sta procedendo a rendere operativa la scelta del recupero di una funzione di ricovero per acuti ai tredici piccoli ospedali a suo tempo trasformati in ospedali di comunità come se il DM 70 non esistesse letteralmente più e non avesse più alcuna validità.

Significative le recentissime parole dell’Assessore ai Lavori Pubblici, Francesco Baldelli,  riportate in un comunicato stampa della Regione Marche: “Il nostro impegno sarà, al contrario di chi ci ha preceduto, quello di restituire progressivamente i servizi sanitari negli ospedali chiusi e in quelli smantellati. Non sarà un lavoro né breve né facile e, lungo il percorso, incontreremo purtroppo anche forze avverse al nostro obiettivo”. Tra le forze avverse c’è anche il DM 70 la cui esistenza, il cui contenuto e le cui motivazioni non sono nemmeno prese in considerazione, come non le prende in considerazione il nuovo Assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini.

Il significato di questa vicenda supera i confini regionali per diventare rappresentativa di una linea di tendenza che sta emergendo in diverse regioni italiane: il cosiddetto primato della politica sulla tecnica. Poco importa se i principi alla base del DM 70 sono quelli ispirati al modello dell’Ospedale ideale di Veronesi e Piano (https://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/progetti/renzo-piano-nuovo-modello-tipologia-ospedaliera-383) e quindi un orientamento alla multidisciplinarietà ed alle dimensioni critiche per consentire all’ospedale di tendere alla eccellenza attraverso anche la ricerca e la formazione e poco importa se una rete ospedaliera più razionale è indispensabile innanzitutto al territorio per liberare risorse umane da destinargli, quello che conta  è soddisfare gli impegni presi in campagna elettorale. In sanità diventa automaticamente giusto ciò che è più “popolare”. In questo modo anche nei toni  la riapertura del piccoli ospedali (tutti) diventa nelle Marche una sorta di battaglia di Davide (la nuova Giunta) contro Golia, identificato col DM 70 e chi lo ritiene un indispensabile punto di riferimento. Battaglia che nelle Marche è stata affidata,  come si legge in un altro comunicato stampa ufficiale,  proprio ai due Assessori citati in precedenza incaricati dal Presidente (anche lui ex sindaco di un altro piccolo Comune) di procedere alla classificazione degli ospedali prevista dal DM 70, il Decreto che apertamente la Regione “sconfessa”. Che classificare gli ospedali secondo un Decreto di cui non si riconosce la validità sia una sorta di (peraltro illegittimo) ossimoro non sembra costituire un problema.

Purtroppo a questa situazione contribuiscono diversi fattori, che probabilmente sono presenti in molte altre realtà oltre che nella Regione Marche:

  1. lo svuotamento (o il “silenziamento” che è anche peggio) delle competenze tecniche negli Uffici e Servizi regionali;
  2. la mancata trasformazione dei piccoli ospedali in Case della salute o Ospedali di Comunità che diano il senso alle comunità di una effettiva evoluzione della vecchie e piccole strutture ospedaliere in qualcosa di nuovo utile ed efficiente;
  3. la incapacità del livello centrale di monitorare effettivamente l’adeguamento delle reti ospedaliere regionali alle indicazioni del DM 70 nonostante l’attivazione a suo tempo di una Commissione ad hoc istituita ai sensi di un Accordo Stato-Regioni.

Da aggiungere infine che la (per ora purtroppo scarsa) disponibiltà di risorse aggiuntive per la sanità legate al Recovery Plan rischia di essere utilizzata in questo quadro per supportare programmi di edilizia ospedaliera  che anziché favorire l’innovazione favoriscano il recupero. E cioè l’opposto.

Claudio Maria Maffei, 10 dicembre 2020