Prosegue la storia di Pasquale La Quaglia a Londra. Qui il primo episodio, qui il secondo. Buona lettura.

 

LE AVVENTURE DI PASQUALE LA QUAGLIA A LONDRA

di Brevevita Letters – disegni di Ilario M.

 

“I GABBIANI DI WEMBLEY”

(episodio tre)

 

La Quaglia suonò il campanello. Il suo amico di Wembley aprì la porta e gli disse: “togliti immediatamente le scarpe e buttati sotto la doccia prima di subbito. Di questi tempi dall’aeroporto chissà quanti microbi mi riporti, testa di cazzo”

“hai preparato l’aperitivo?” 

“hai preparato i soldi per pagarmi a bere, piuttosto? Dai, appena esci dalla doccia andiamo al pub, muoviti, ho sete”

Erano le sette di sera, faceva fresco, e i marciapiedi delle strade di Wembley erano un immondezzaio.

La Quaglia cominciò a prendere le misure con la strettezza delle case inglesi abitate da quelli che consegnano le pizze a domicilio, dai camerieri che servono le pizze ai tavoli, e dal suo amico, che dall’alto del suo diploma d’alberghiero, invece, le pizze le faceva.

Una rampa di scale ripide e severe come una di quelle piste di montagna ecuadoriane frequentate dagli abitanti del purgatorio. La Quaglia entrò in bagno. Si spogliò. C’era una finestrella striminzita dalla quale si intravedeva qualche gabbiano che volava. I gabbiani. Questi bianchi uccelli finti tranquilli ma invece predatori. Piazzavano le loro traiettorie aeree apparentemente dolci, ma invece dense di cattiveria e talvolta addirittura letali.

Fuori dalla doccia La Quaglia fu accolto trionfalmente dalla moglie del suo amico: “Pasquale, finalmente!!! Ti ho sentito nominare così tante volte negli ultimi giorni, finalmente ti vedo!”

“Non si preoccupi, il tempo di trovarmi una sistemazione e sloggio. Le prometto che toglierò il disturbo prima possibile”

“Ma quale disturbo, è un piacere ospitarti”

La donna era un tripudio di sorrisi e convenevoli, tutto il contrario rispetto all’ultimatum che aveva imposto qualche ora prima a suo marito, durante quella dura discussione in soggiorno. L’amico di La Quaglia, difatti, seguiva le evoluzioni di sua moglie con un ghigno d’insofferenza stampato sul volto: “ma come fanno a nascondere così bene quella iena che hanno dentro…”, pensò.

Nel pub fu solo un’ora, ma fu come una vacanza. La barista somigliava a Eddie Murphy, baffi e ganasce mascoline. I clienti erano tutti maledettamente inglesi, e tutti irrimediabilmente vecchi, vecchi e senza speranza, senza una luce che illuminasse i loro pensieri, e le loro ore. La Quaglia se li immaginò tutti mentre rientravano a casa, umanamente sconfitti ma comunque sfacciatamente benestanti. Ebbe la sensazione di trovarsi in Gran Bretagna, finalmente.

Sotto due monumentali Guinness, l’amico di La Quaglia prese la parola: “allora, come prima cosa domattina devi andare a Tooting, ti do l’indirizzo esatto, devi andare a fare il nin”

“eeeh? che? che devo fare?”

“il nin number, coglione, il codice fiscale inglese, devi prenderne uno se no nessuno ti prenderà a lavorare, e poi dopo di questo devi andare in banca ad aprire un conto corrente, se no nessuno potrà elargirti uno stipendio. Per finire, da bravo, quando esci dalla banca, entri in un negozio di telefoni ed acquisti una scheda inglese da applicare al tuo samsung pieno di sms delle tue troie, ti basteranno 10 euro. Questi sono i primi tre step, nin, conto corrente e scheda del telefono, ti guido io, dopodiché ti levi dal cazzo. Sono tre cose: puoi farcela?”

“ma sì penso di sì”

“ecco bravo. Ti devi levare dal cazzo in meno di una settimana Pasquà, mia moglie mi spara”

“ma era così gentile..”

“sììì, gentile, ti pare a te !!!”

La Quaglia ed il suo amico uscirono dal pub dopo tre Guinness a testa. Alla terza bevuta avevano cominciato perfino a divertirsi, perché avevano cominciato a rimuovere le cose, tutte le stronzate, tutti gli agglomerati di fuffa e di scartoffie che vengono applicati sopra ogni bellissimo ed antico sentimento. Nel mondo reale i sentimenti non contano nulla. Conta solo il buonismo, e contano i soldi, e conta il dire le cose che si devono dire, per non sembrare sgarbati. Quindi, molto spesso, mentre viviamo, non sembriamo più noi.