SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si cambi il nome della provincia in “Provincia di Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto“. Questa è la richiesta dei consiglieri comunali del gruppo misto Rosaria Falco e Marco Curzi, che proporranno questa loro idea con una mozione al prossimo Consiglio Comunale.

Di seguito un nostro articolo di un anno fa

Se la provincia diventasse “Ascoli-San Benedetto”? Ha senso o è un dibattito inutile?

“E’ notizia recente quella del superamento degli abitanti di San Benedetto rispetto ad Ascoli, tendenza riscontrabile già prima del terremoto del 2016 che ha amplificato poi gli eventi – scrivono – Anche se riteniamo dannoso e da limitare il fenomeno di spopolamento delle aree interne, in ogni caso, a seguito di tali situazioni concomitanti, oggi i due poli urbani della provincia, Ascoli Piceno e San Benedetto, stanno vivendo situazioni molto differenziate: San Benedetto con i comuni della costa (Grottammare e Cupra) e i due adiacenti Monteprandone e Acquaviva Picena (senza considerare la contigua  Martinsicuro), costituisce di fatto una unica struttura urbana di circa 85 mila abitanti, con una altissima densità abitativa a fronte di un territorio molto ridotto, mentre Ascoli sta perdendo abitanti verso San Benedetto e la Vallata” si legge nella mozione.

“Il dibattito sull’opportunità di ridenominare la nostra provincia come provincia unica di Ascoli-San Benedetto, al di là di ogni controproducente ragionamento campanilistico, per riequilibrare i rapporti politici tra i due centri urbani, armonizzando il territorio in termini di distribuzione dei servizi ai cittadini, a partire da quelli sanitari, per i quali la questione del capoluogo viene inserita in ogni querelle, per giustificare vistose sperequazioni a discapito della popolazione costiera, per proseguire con i vari uffici provinciali, che vedono un continuo spostamento in massa dei cittadini costieri verso Ascoli Piceno per usufruire dei servizi, ad esempio dell’Agenzia delle Entrate, della Motorizzazione, del Giudice di Pace, del Tribunale, dell’Erap e degli uffici provinciali, con gravi danni in termini di costi diretti ed indiretti, sia per i singoli cittadini, sia per l’economia generale del territorio costiero” scrivono i due consiglieri.

“Con tale ragionamento non si vuole privare Ascoli Piceno dei suoi servizi, ma si vuol riportare equità, caduta ogni giustificazione demografica, nella distribuzione degli stessi, che avrebbero almeno una succursale o una sede dislocata in riviera; così dicasi anche per i servizi relativi alla giustizia, ritenendosi equo e conforme all’interesse ed ai diritti degli abitanti della zona più densamente popolata della provincia poter usufruire nuovamente almeno di un Ufficio del Giudice di Pace e di un Unep, rendendo anche meno oneroso e più agevole il lavoro dei professionisti della giustizia” continua la mozione.

“Rimosso ogni pregiudizio derivante da supremazie superate, questa terra picena potrebbe coerentemente rinascere su basi politiche, produttive, turistiche e culturali nuove, comuni e concordate, al fine di attuare lo sviluppo, la promozione e la valorizzazione dell’intero territorio gravitante intorno ai due centri urbani principali, secondo una dialettica finalmente unitaria e sicuramente più efficace – e infine: “Si ritiene che ancor più vincente potrebbe essere, nel futuro non troppo lontano, la scelta condivisa di tornare a contenere in un’unica provincia anche l’attuale provincia fermana, la qual cosa renderebbe le Marche del sud un territorio nuovamente autorevole e politicamente imprescindibile, tornando ad esprimere un numero considerevole di rappresentanti regionali e di conseguenza il giusto peso in Regione”.