MARTINSICURO – In Thailandia la muay thai non è un semplice sport, bensì un vero e proprio stile di vita. Ed è con questo spirito che Roberto Palestini continua a praticare e insegnare in Italia, precisamente a Martinsicuro, la più antica tra le arti marziali.

La Muay Thai Team Diamond Italia, che porta il nome di uno dei primi atleti che ha combattuto ad alti livelli in Thailandia, è un’eccellenza del nostro territorio, perché non si limita a insegnare le fondamenta tecniche di una disciplina, ma scava a fondo nei suoi valori, li porta alla luce, li assorbe, trasmettendoli a grandi e piccoli. Tutto ciò è possibile grazie all’immenso lavoro di Roberto Palestini, che, oltre a curare i corsi per adulti e bambini, da anni raccoglie successi nella muay thai e coltiva ancora grandi obiettivi per il futuro.

Roberto, quali sono le ultime gare a cui avete partecipato e quali i prossimi appuntamenti?

“L’ultima competizione a cui ho preso parte io è stato il Mondiale di un anno fa, che ho vinto. Ci sono poi alcuni ragazzi che hanno combattuto agli Italiani dell’anno scorso, vincendoli, e hanno partecipato ai Mondiali sempre dell’anno passato, classificandosi terzi. Di eventi ce ne sono parecchi in programma per i prossimi mesi, perché negli ultimi tempi c’è stato un boom della muay thai e di conseguenza è aumentato il numero dei praticanti e delle gare. C’è da dire inoltre che a causa del Covid-19 molti appuntamenti sono saltati e si concentreranno da qui in avanti, soprattutto nel 2021. Tra i match importanti ci sarà l’evento che il Comune ci ha chiesto di organizzare a Martinsicuro almeno una volta all’anno per almeno cinque edizioni. Stiamo valutando se farlo in primavera, al chiuso, o d’estate, all’aperto sul lungomare. Una bella opportunità”.

Raccontaci il tuo ultimo Mondiale da professionista.

“È stata una bella esperienza, come lo sono tutte le rassegne iridate. Ho avuto una strada un po’ in salita, perché per un errore mi hanno messo in due categorie di peso diverse e mi sono ritrovato ad affrontare un 65 kg in semifinale e un 60 kg, la mia categoria, in finale. Ma tutto è bene quel che finisce bene. Ho vinto il titolo, quindi sono contento”.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi come atleta?

“Sicuramente vorrei rifare un’esperienza in Thailandia. Lì ho vinto il Mondiale due anni fa e lì sarei voluto andare quest’anno. Purtroppo non è stato possibile, ma dovremmo avere il consenso per tornare a combattere ad agosto 2021. Mi piacerebbe passare almeno un mese nella terra che ha dato i natali alla muay thai sia per motivi tecnici sia per motivi spirituali. Nel mentre vorrei portare qui quello che è stato il mio allenatore in Thailandia, in modo che possa allenare e trasferire le sue conoscenze anche agli altri ragazzi”.

La Muay Thai Team Diamond Italia è nata quattro anni fa. Cosa è cambiato da allora?

“Innanzitutto ci sono stati dei cambiamenti al livello gestionale, perché ora mi occupo io sia dei corsi per gli adulti, agonisti e non, sia di quelli per i bambini. Con questi ultimi in particolare bisogna avere degli approcci personalizzati e studiati. Ci sono ragazzini che vanno spronati, altri che vanno frenati. Abbiamo cambiato anche la sede degli allenamenti, che ora si svolgono al Palazzetto dello Sport di Martinsicuro. Ringrazio il Comune che mi ha dato l’opportunità di ricreare l’ambiente che ho trovato in Thailandia: ring, spazi, attrezzi, metodologie di allenamento, tutto quello che serve per lavorare in serenità. Se dovessi fare un bilancio di questi quattro anni, direi che è assolutamente positivo. Ci sono ragazzi che mi seguono da tempo e non posso che esserne orgoglioso. Gli obiettivi per il futuro al livello societario sono tanti. Non li dico tutti per scaramanzia, ma c’è tanta carne al fuoco. Vorrei organizzare degli stage e dei programmi di allenamento con dei miei ex compagni di Nazionale, in modo che i miei allievi possano conoscere anche un’altra parte di me, quella che in passato ha fatto tanti sacrifici per raggiungere dei risultati, e magari prenderne esempio”.

Come ha influito il Covid-19 sugli sport di contatto?

“Ci sono delle misure da seguire imposte dal CONI. Prendiamo la temperatura a ogni persona che entra, sanifichiamo la palestra prima e dopo l’allenamento, lavoriamo a numero chiuso. Per quanto riguarda le distanze, non ci sono indicazioni precise. L’importante è che gli atleti siano tenuti sotto controllo e che, in caso di una lunga assenza, ci sia un certificato medico che attesti che non sia dovuta al Covid”.

Come si suddividono i corsi?

“I bambini vanno dai cinque anni in su. Gli adolescenti si allenano in parte con i più piccoli, in parte con gli adulti, che si dividono in agonisti e non agonisti. La mia filosofia è volta a creare un gruppo a tutti gli effetti, affiatato a prescindere dall’età e dal tempo dedicato alla pratica sportiva. Un team oltre la palestra, se così si può dire. Questa è l’impostazione che ho avuto in Thailandia e che ho applicato sempre nella mia carriera. Credo che tutti abbiano qualcosa da imparare dagli altri, a prescindere dal livello di preparazione tecnica o di potenza fisica. Come recita il nostro logo: ‘Sempre in branco’”.

Le arti marziali sono spesso associate alla violenza. Come rispondi alle critiche?

“Il problema non è tanto nello sport praticato, ma nelle persone che lo praticano. Un allenatore attento si accorge sempre del tipo di persona che ha davanti. Ci sono ragazzi che vanno allontanati dalle palestre, altri che vanno seguiti, altri ancora che vanno accompagnati. Non si dà mai una pistola carica a uno psicopatico. Quando si verificano episodi di violenza e sono commessi da ragazzi che fanno arti marziali, il problema è dunque soprattutto negli allenatori che permettono a certi soggetti di allenarsi e di apprendere i gesti tecnici propri del combattimento”.