MONTEFIORE DELL’ASO – Il 26 giugno è la Giornata internazionale contro il consumo e il traffico di droga. In occasione di quella giornata, si avvia una campagna,  a cui aderiscono 20 paesi della Rete Dianova, che ha l’obiettivo di far riconoscere i servizi per le dipendenze a pari livello dei servizi sanitari essenziali.

Di seguito il comunicato stampa.

L’inaspettata irruzione del Covid-19 ha portato alla luce numerose disfunzioni del nostro sistema di cura e assistenza sanitaria. Purtroppo queste disfunzioni hanno colpito principalmente i più vulnerabili, e tra questi, le persone che consumano droghe. Come evidenzia una relazione dell’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, le persone che consumano droghe, confronto alla popolazione generale, a causa di fattori relazionati allo stile di vita e a problemi di salute preesistenti, sono maggiormente a rischio di infezione per Covid-19. Inoltre, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla Salute ha dichiarato che questa pandemia ha evidenziato una serie di problematiche per le persone che consumano droghe, causate dalla criminalizzazione, dallo stigma, dalla discriminazione ed emarginazione a livello sociale ma anche dall’impossibilità, in molti casi, di accedere a un servizio e/o di ricevere l’assistenza sanitaria adeguata.

I disturbi causati dall’uso di sostanze condizionano e minacciano fortemente lo sviluppo e la vita delle persone; la prevenzione della dipendenza, i servizi di trattamento, riduzione del danno e reinserimento oggi più che mai sono indispensabili. Purtroppo, in molti paesi, le istituzioni preposte non sono state in grado di fornire il supporto richiesto a questi servizi e anche nei sistemi sanitari considerati sino ad oggi i più solidi non sono stati forniti agli operatori delle dipendenze né i dispositivi di protezione individuale né le risorse finanziarie per acquistarli.

Malgrado tutto ciò, le Comunità Terapeutiche di Dianova hanno utilizzato tutte le precauzioni necessarie per tutelare i propri utenti e il proprio personale; per questo vogliamo evidenziare come le nostre equipes insieme alla maggior parte degli operatori del settore, hanno portato avanti con diligenza, passione e integrità il proprio lavoro per fornire agli utenti tutto il supporto necessario, nonostante le circostanze difficili e spesso anche pericolose. In poche parole, hanno continuato a lavorare: “Quando tutto si ferma, alcuni di noi devono continuare.”

In occasione della Giornata Internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe, il 26 giugno, Dianova vuole rendere un caloroso omaggio al duro lavoro, alla dedizione e all’approccio innovativo dimostrato dagli operatori delle dipendenze in questi tempi di incertezza ed emergenza. Per questo Dianova Italia aderisce alla campagna internazionale della rete Dianova che ha come obiettivo quello di far riconoscere i servizi per le dipendenze a pari livello dei servizi sanitari essenziali e per ricevere la stessa assistenza e lo stesso supporto, in quanto i disturbi correlati all’uso di sostanze sono una questione di salute pubblica. Se si presenterà un’altra crisi di questa portata, i servizi per le dipendenze non dovranno essere considerati il parente povero del sistema sanitario pubblico.

Ecco la testimonianza di uno dei nostri 80 operatori che in questi mesi difficili ha lavorato nelle nostre comunità: “Lavoro in Comunità da oltre 20 anni e credo che in questo periodo, come non mai, i servizi residenziali per le dipendenze abbiamo saputo dimostrare con quanta professionalità e competenza portano avanti il proprio operato. Siamo stati in grado di disciplinare l’emergenza sanitaria e di reperire ciò di cui avevamo bisogno da soli, continuando a tutelare una costola dolorante della società che pochi curano. Dopo la prima fase di “sorpresa” e smarrimento, abbiamo iniziato a rimodulare e riorganizzare ogni aspetto della vita comunitaria: ci siamo messi le mascherine, abbiamo mantenuto le distanze, abbiamo parlato con tutti gli utenti e abbiamo spiegato loro la situazione complessa che si era venuta a creare.

Non è stato semplice fargli capire ciò che stava accadendo, stimolarli ad essere pazienti e a sapersi gestire emotivamente; oltre a questo, noi operatori abbiamo vissuto l’incertezza del momento, il non sapere cosa sarebbe potuto accadere nelle settimane a seguire. Anche noi abbiamo avuto le nostre paure: noi con le nostre famiglie a casa, noi con i nostri figli soli davanti ad un PC e con le preoccupazioni legate anche alla nostra salute e a quella dei nostri familiari. Il nostro lavoro è cambiato, la relazione umana è anche relazione fisica, lavorare in una comunità significa accompagnare le persone verso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza delle proprie fragilità e sostenerle nel “difficile” percorso che può far si che si trasformino in punti di forza, è un luogo in cui ti rendi conto che ogni singola parola o gesto ha un valore e non puoi permetterti di sottovalutarli; vuol dire toccare con mano, 24 ore su 24, ogni aspetto della vita dei “ragazzi” che vivono qui. La Comunità vera e propria la si “respira” nelle piccole cose quotidiane è lì che spesso riesci a comprendere bene cosa gli utenti stanno vivendo, chi sono, cosa portano dentro di sé; è qui che impari ad ascoltare e osservare, stare con le loro emozioni, spesso “assorbendo” il malessere che esprimono, senza dare soluzioni immediate o giudizi affrettati ma mettendosi nei loro panni per aiutarli a stare con se stessi e con i propri bisogni. Non è affatto facile, a volte si torna a casa arrabbiati, delusi, stanchi e saturi. La comunità spesso assorbe ed esaurisce ogni tua energia, pensiero, emozione.

Lavorare in una comunità terapeutica è anche una grande opportunità; in termini di costante messa in discussione di sé stessi, non solo in termini professionali ma anche personali. Siamo messi davanti a tematiche, che spesso in noi pensiamo risolte, per poi scoprire che non è così. È un lavoro che ci chiede di essere accoglienti e direttivi al tempo stesso. Che ci mette in crisi in termini
di senso di impotenza e, dall’altro lato, di onnipotenza. È un lavoro di grande passione e di interesse per l’altro, tenendo sempre presente il nostro limite e dove devi coniugare professionalità, formazione, supervisione, umanità ed empatia: un gioco di squadra, di condivisione d’intenti, di sintonia intellettuale tra le diverse professionalità che compongono ogni equipès.”

Le dipendenze patologiche sono un problema sanitario e per questo garantire i servizi di cura dovrebbe essere la mission di ogni società civile. Il Covid 19 ha alimentato paure e voglia di isolamento di cui si nutrono le dipendenze con e senza addiction e storicamente e sociologicamente, insieme al rischio di povertà e all’incertezza per il futuro, questi eventi incrementano questi fenomeni. Ignorare queste certezze sarebbe un grave errore, è necessario continuare ad investire per offrire risposte a chi vive un problema di dipendenza, per questo Dianova crede fortemente che: “L’abuso di sostanze e i disturbi ad esso correlati sono un problema di salute pubblica. I servizi per le dipendenze sono essenziali”