GROTTAMMARE – Ci siamo già occupati – e continueremo a farlo finché non vi sarà chiarezza nel calcolo effettuato o, magari, una rettifica ufficiale – dei dati diffusi ieri, 20 aprile, dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute (clicca qui per articolo e qui per risposta della Regione Marche). Qui ospitiamo un intervento dell’assessore grottammarese Lorenzo Rossi.
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Un danno grave. L’errore sulle Marche ultime a uscire insieme alla Lombardia
Mi unisco ai tanti cittadini marchigiani, e soprattutto della provincia di Ascoli Piceno, che stanno protestando – nella totale o quasi indifferenza dei media nazionali, che ci considerano periferici – per i dati del tutto sballati a livello matematico forniti ieri dall’Osservatorio nazionale sulla salute.
Le Marche, tra l’altro considerate come un unicum pur presentando invece una forte differenza interna nella diffusione del Covid-19, sono state equiparate alla Lombardia, cioè la regione più in difficoltà in Italia e forse nel mondo, e si è diffusa la proiezione che saranno le ultime due regioni ad avere zero contagi, addirittura a fine giugno.
Un dato assurdo, ricavato da studi basati sulla crescita dei tamponi giorno su giorno, quando invece si dovrebbe guardare al rapporto tra tamponi positivi e tamponi eseguiti. Da quest’ultimo emerge come le Marche dovrebbero raggiungere lo zero tra il 25 e il 30 maggio: un mese prima.
Le Marche, poi. Ma sappiamo che il sud della regione già da qualche tempo alterna giorni di zero contagi a giorni di pochi contagi (Fermo) o non ne ha di nuovi (Ascoli Piceno).
Insomma, è stata diffusa sui media nazionali una proiezione che induce al panico, senza un reale supporto statistico.
Sono stato tra i primi a firmare una petizione per far chiudere tutte le attività produttive possibili, poiché ho sempre ritenuto che era meglio un lockdown breve ma integrale rispetto a uno stillicidio in cui paradossalmente il contagio proseguiva nei territori più colpiti dal virus (la Lombardia e in generale il Nord industriale) grazie alle tante deroghe alle fabbriche e ai grandi uffici presenti soprattutto nelle aree settentrionali del Paese.
Non sono, pertanto, un sostenitore delle riaperture avventate e indiscriminate, solo per il profitto delle aziende più grandi (spesso le uniche che hanno continuato a lavorare, a differenza delle piccole realtà familiari del commercio e dell’artigianato).
Ma – preso atto dell’innegabile efficacia di una prima fase generalizzata e cautelativa di lockdown – a un’analisi attenta dei dati della ultime settimane di aprile è ormai palese come la situazione del contagio all’interno del Paese si sia differenziata enormemente, con zone nelle quali i focolai sono spenti o quasi e invece zone nelle quali, purtroppo, la situazione è migliorata ma non ancora vinta (penso soprattutto alla Lombardia e ad alcune province del Piemonte).
È comprensibile che nelle aree dove la circolazione del virus è sostanzialmente azzerata e la situazione è da tempo ampiamente sotto controllo anche in termini di carico del sistema sanitario, si inizi a chiedere un allentamento, per quanto ragionato e discreto, delle vigenti misure di quarantena semigeneralizzata.
In particolare, io vivo in un territorio, il Piceno, che da quattro giorni consecutivi non conta nuovi contagi. Inoltre, anche volendo ipotizzare che i contagiati siano molti di più in relazione al numero di morti che la malattia produce, l’indice di letalità nella nostra provincia si attesta attorno al 4,4%, cioè un terzo della media nazionale e il doppio o al massimo il triplo di nazioni che sono considerate dei modelli (Germania 3,2%, Corea del Sud 2,2%, Israele 1,3%): se tanto ci dà tanto, nella peggiore delle ipotesi (indice di letalità reale 1,2%, come dice anche l’Oms), nella nostra provincia il numero di contagi è al massimo quadruplo rispetto a quello attualmente avuto (pari a 271 casi, compresi decessi e guarigioni) e, pertanto, questa epidemia ha coinvolto “soltanto” un migliaio scarso di casi.
Parliamo di meno di un cittadino su 200, all’incirca.
Non sto qui sminuendo la portata e la forza del virus, lungi da me. Semmai sarà ancor più importante prestare attenzione nella fase 2, proprio nei territori come il nostro che sono stati finora “fortunati” e quindi poco coinvolti.
Tuttavia, non è pensabile condannare a una riapertura tardiva una parte di Italia rimasta sostanzialmente indenne, come ipotizza qualcuno dello stesso Osservatorio che ha diffuso i dati scorretti.
Non è sopportabile dal punto di vista psicologico delle persone recluse da tante settimane, prima di tutto.
E non lo è neanche dal lato lavorativo: noi viviamo soprattutto di turismo e di commercio e di terziario, che nella stagione estiva hanno un forte incremento. Non saranno attività a grande valore aggiunto, ma sono la risorsa economica di un territorio non industriale e non inquinato, risparmiato dai peggiori scenari del coronavirus.
Non possiamo permettere che chi non sa analizzare pochi numeri danneggi anche la nostra principale fonte di sostentamento.
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Che l’autore è lo stesso
Uno soltanto ? Quai masi il compositore di un’opera e anche l’autore del libretto.
Qui probabilmente, siamo difronte a… un’Orchestra Sinfonica, di stile wagneriano, dentro al suo “abisso mistico”… Siamo in un TEATRO dove senti la musica, ma dalla PLATEA non vedi l’ORCHESTRA.
Perché hai risposto a me?