Abbiamo fatto una serie di domande ad un nostro concittadino che vive da circa 4 anni negli Stati Uniti. Il tema è quanto sta accadendo in questi tempi così inediti. Lavora nel mondo della pubblicità. Si chiama Vittorio Perotti (è il figlio del nostro direttore, ndr), attualmente risiede a New York mentre, da novembre a fine febbraio, ha lavorato a San Francisco, due metropoli dove la pandemia da Covid-19 si è molto estesa.

In Italia avevano colpito alcune affermazioni di Trump, subito diffidente ma nel giro di un paio di giorni ha preso misure più drastiche fino a prenderne alcune mai viste prime. Oggi negli States ci sono migliaia di morti al giorno. In che modo stanno reagendo gli americani? Come si vive attualmente? Quali attività sono chiuse e quali aperte? 

Negli USA non è mai stata ordinata una chiusura totale paragonabile alla situazione italiana. Qui non si parla di Lockdown ma di Guidelines per evitare il contagio. Le misure sono più leggere di quelle prese dall’Italia e si lascia più al cittadino la scelta di rispettare le regole. Inoltre l’applicazione delle regole non è stata coordinata a livello federale e molti Stati sono molto indietro nell’applicare le misure. 

Agli occhi di noi Italiani la reazione del governo americano è stata molto lenta. Io, la mia  ragazza (Giulia Zoavo, originaria di Fiorenzuola) e tutti i nostri amici italiani negli USA, seguivamo la situazione italiana dall’inizio, e ci era chiara la pericolosità di quello che stava per succedere, mentre qui  le persone si comportavano ancora normalmente. La lezione che abbiamo imparato tutti è che, fino a quando il pericolo è lontano, non fa paura. Anche se era certo che il virus fosse già diffuso anche qui, non sono state prese misure precauzionali in anticipo, ripetendo esattamente gli stessi errori che si sono visti in Italia. 

Ci sono problemi per acquistare generi alimentari?

Tutti i supermercati, grandi o piccoli, sono sempre rimasti aperti e continuano ad essere molto forniti. Nei primi giorni della chiusura sono andati a ruba carta igienica, pasta e cibi in scatola. Da qualche giorno, anche loro si sono attrezzati per limitare il numero di persone all’interno e controllare che vengano rispettate le distanze di sicurezza. A proposito di questo, qui sono stati più ‘generosi’ di 20 cm rispetto ai parametri europei, in quanto viene richiesto di rispettare la distanza di 6 piedi, che sarebbero circa 1,80 metri. 

Avete conoscenti o colleghi di lavoro che sono risultati positivi? A proposito, i tamponi li fanno a tutti o a chi ha sintomi ed è vero che costano tantissimo?

Ho diversi amici che pensano di aver contratto il virus, in quanto hanno avuto i sintomi, anche se lievi. Nessuno di loro ha mai fatto un tampone, anche perché senza una macchina è più difficile farlo in sicurezza. Da quello che dicono, il test viene fatto gratuitamente a tutti, a prescindere che si abbia o no l’assicurazione. Il vero problema sarà il costo delle cure in caso sia necessaria l’ospedalizzazione. Qui negli USA non ti chiedono di pagare quando vai dal medico, ma sai che prima o poi ti arriverà una fattura a casa, in alcuni casi molto salata.

Un ruolo importante lo stanno avendo i media e i social. Noti delle differenze tra la divulgazione e la condivisione delle notizie in USA rispetto all’Italia e all’Europa?

Qui la pandemia è arrivata in concomitanza con le primarie del partito democratico e ovviamente è stata strumentalizzata da tutti i politici. In primis da Trump che, dopo le gaffe iniziali, ha deciso di non prendersi nessuna responsabilità e di provare ad essere ricordato come un paladino, parlando ogni giorno live dalla Casa Bianca, a volte anche per più di 2 ore. 

Nella fase iniziale dell’epidemia gli italiani hanno rischiato di essere additati come diffusori dell’epidemia in Europa. Come italiano all’estero, che tipo di sensazione hai provato? Ci sono stati anche episodi spiacevoli, magari non rilevanti a livello di cronaca, che hai vissuto o a cui hai avuto notizia? 

A parte qualche ‘battutina’ da parte dei colleghi, non ho accusato questo problema. Invece qui è cresciuto molto il razzismo contro persone con tratti orientali che riportano sempre più casi di aggressione verbale e non solo.

L’informazione dà consigli su come evitare il contagio? In Italia è molto assidua.

Anche qui non si parla d’altro. Anche negli stacchi pubblicitari o nei banner online il tema è sempre lo stesso. 

Tra New York dove tu e la tua ragazza lavorate da anni e San Francisco dove siete stati negli ultimi 5 mesi avete notato reazioni diverse?

La California è stata più reattiva nel prendere misure restrittive ed ora se ne vedono i risultati. Inoltre lo stile di vita è molto diverso: mentre in California quasi tutti hanno un’automobile e una casa indipendente, a New York City c’è una maggiore densità di popolazione ed è più comune usare i mezzi pubblici. Proprio per questo non sorprende vedere che NYC sia diventata l’epicentro del contagio negli Stati Uniti.

Personalmente come vivi, come vivete? Come è cambiato il lavoro, il modo di muovervi, le relazioni, gli spostamenti, eccetera. Cosa percepite dagli amici in Italia? Dalla famiglia. Cosa vi dicono?

Anche se qui non è obbligatorio noi lo stiamo vivendo come se fossimo in Italia. Sento quotidianamente i mie amici e colleghi a Milano e ho iniziato il distanziamento sociale anche quando qui si poteva ancora andare per ristoranti e bar.

Per me, residente all’estero, sentire la famiglia o gli amici tramite videochiamata era già normale, ma in questa situazione ha preso un significato diverso. Ora mi sento più vicino ai miei cari anche se sono molto lontano.

Se devo trovare una cosa positiva in questa situazione, è proprio il fatto che sto parlando molto di più con persone a cui voglio bene e che prima sentivo poco, forse per pigrizia o per mancanza di tempo. 

Credo che il fatto che siamo tutti nella stessa situazione, condividendo lo stesso disagio, stia facendo crescere un senso di empatia su scala globale che non si era mai visto prima. 

La crisi sanitaria porta con sé la crisi economica. Sta ‘lavorando’ bene Trump per i suoi connazionali? In Italia la situazione è più difficile e confusa. Pensate di avere conseguenze dirette? 

L’America di Trump stava vivendo il suo record di prosperità prima dell’arrivo della pandemia. Proprio per questo il presidente ha aspettato il più possibile a fermare il Paese, in modo poco responsabile, facendo crescere il numero dei contagiati e di conseguenza delle morti che verranno. Io avevo diverse produzioni foto e video in programma per questa primavera, ma le ho dovute posticipare tutte. In compenso, fortunatamente, ho preso un incarico che mi permette di lavorare da casa.

Hai voglia di tornare e vivere in Italia questo difficilissimo momento?

Al momento ancora no, principalmente perché ho ancora un lavoro qui. Anche se nell’epicentro del contagio, sono in un bel quartiere della città, con alcuni amici vicino. Senza contare il rischio che se uscissi dal Paese rischierei di non poter rientrare per un bel po’.

Approfitto di questa domanda per sottolineare che non ho mai conosciuto un Italiano all’estero che mi parlasse male del nostro paese e, me compreso, tutti pensano di tornare prima o poi. 

Siamo tutti molto bravi a lamentarci dei nostri problemi, ma poi realizziamo che la nostra qualità della vita è più alta di molti altri paesi con un PIL maggiore. In Italia vive bene anche chi ha poco e c’è un senso di comunità molto più forte. Sembrano cose scontate, ma diventano evidenti dopo parecchio tempo passato all’estero. Sono sicuro che l’Italia si rialzerà bene e diventeremo un esempio positivo per uscire dalla crisi globale.

Grazie Vittorio. A presto