Molto interessante l’intervista pubblicata martedì 8 aprile da La Stampa a Daniel Gros, economista tedesco e direttore del Ceps, think tank sulle politiche europee e dunque molto cosciente dei meccanismi dell’Unione Europea.

La soluzione alla crisi economica nata dall’emergenza coronavirus secondo Gros si risolverebbe banalmente con il mancato trasferimento del versamento annuale dell’Italia alla Ue per 7 anni. Calcolatrice alla mano, 15 miliardi versati per 7 fanno 105 miliardi. Nulla si dice a proposito dei circa 7 miliardi che poi dalla Ue tornano in Italia, ma tant’è. Sarebbe un aiuto, anche concreto (non le “garanzie” e i “movimenti” per 750 miliardi sui quali il governo stradice un po’), ma incredibilmente ridotto considerando quel che sta avvenendo.

Le cose interessanti Gros le dice su Mes ed Eurobond. Il Mes (Meccanismo Europeo di Sostenibilità) viene definito come “la soluzione peggiore”. Sugli Eurobond o Coronabond il discorso è più sottile e merita l’approfondimento.

Sotto potete leggere il virgolettato di Gros che riassumiamo così: “Nel caso di emissione di eurobond, questi sarebbero titoli più sicuri per cui aumenterebbe invece il costo dei Btp, i titoli di Stato italiani” (Gros poi parla anche della destinazione del finanziamento da Eurobond, ma questo è un dettaglio).

Gros ha ragione. Se ci sono due titoli pubblici emessi con la stessa moneta, quelli ritenuti meno sicuri devono aumentare il proprio rendimento, quindi costeranno allo Stato di più in termini di interessi.

Il meccanismo è così chiaro e lampante che è quello che sta accadendo ormai da decenni in Eurozona: i titoli emessi da Germania, Italia o Grecia sono tutti denominati nella stessa moneta, quindi quelli ritenuti meno sicuri devono garantire un tasso di interesse superiore rispetto a quelli ritenuti più sicuri.

Ecco quindi il famoso “spread”.

Che ovviamente è un differenziale tra i tassi di interesse che riguarda non solo l’Eurozona, tuttavia nell’Eurozona il rischio di cambio è pari a zero, per cui quel differenziale è un costo vero e proprio per le casse pubbliche rispetto alle nazioni più sicure. Oggi investire in Argentina garantisce un rendimento del 21% annuo, ma l’inflazione cresce del 5% al mese…

Se invece ci fosse il rischio di cambio, ovvero se ad esempio la dracma rischiasse di svalutare rispetto al marco o al franco, le banche tedesche o francesi non investirebbero così allegramente in titoli dall’alto rendimento, perché quell’alto rendimento potrebbe essere vanificato da una svalutazione della dracma.

Adesso, essendo tutto in euro, l’alto rendimento in Grecia, in Italia o in Spagna è un guadagno netto per le banche tedesche e francesi. Siccome non ci sono pasti gratis secondo i liberisti, il pasto per il sistema finanziario centro-europeo è così fornito dai lavoratori e dalle piccole imprese della periferia meridionale europea.

Poi, certo, se ci sono dei problemi, si interviene per salvare gli speculatori affermando che si stia salvando la Grecia eccetera. Però questo ve lo spiegò pure D’Alema nel pieno della crisi greca, e non per sminuire il personaggio: se pensate che non sia così, vi ricordiamo che Babbo Natale non esiste.