“Draghi non nomina mai la Bce, ma ovviamente ritiene che la Bce dovrà acquistare i titoli di Stato italiani posti a garanzia dei prestiti bancari a famiglie e imprese”: ne è convinto Stefano Sylos Labini, il quale da anni si batte a favore dell’adozione dell’Italia dei Certificati di Credito Fiscale (Ccf), assieme ad un gruppo che comprende Marco Cattaneo, Biagio Bossone e Massimo Costa. Proposta non estemporanea ma che deriva da anni di studio (il gruppo, assime ad altri attivisti, si è formato nell’ottobre 2014 per approfondire la situazione greca e aveva tra i suoi fondatori anche il compianto sociologo Luciano Gallino), che ha le sue radici nei cosiddetti Mosler Bonds, dal nome dell’economista statunitense Warren Mosler ideatore di una proposta simile. Tra l’altro Stefano è figlio di Paolo Sylos Labini, uno degli economisti italiani più importanti del Novecento.

A partire da un nostro articolo che disegnava un ventaglio di scenari a favore del Governo italiano  (“Conte fai da solo. Scacco matto in 4 mosse: con Bce, con Draghi, con Ccf o con moneta parallela“), cerchiamo di approfondire le nostre riflessioni coinvolgendo economisti, intellettuali e attivisti, in questo momento difficile tra emergenza coronavirus e crisi economica.

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“Draghi di fatto indica di addossare sulle spalle dello Stato il costo di questa crisi, ma senza la Bce che acquisti i titoli mi sembra difficile che l’operazione di garanzia sui prestiti al settore privato si possa compiere senza problemi: parliamo di un nuovo Quantitative Easing di proporzioni enormi. Inoltre il primo Q.e. si è realizzato in un periodo dove i debiti pubblici erano abbastanza stabili e con l’obiettivo di ridurre i tassi di interesse dei titoli di Stato, oggi invece dovrebbero intervenire con un rapporto tra debito e Pil che potrebbe salire ad una quota di 170-180%”.

Spieghiamo intanto cosa sono i Ccf anche a chi non dovesse conoscerli.

“Sono degli sconti fiscali, rappresentati da un Certificato di Credito, con il quale imprese e famiglie possono ricevere degli sconti fiscali da ripagare in un periodo successivo, ad esempio due anni dopo. Dunque dei titoli che danno diritto ad uno sconto e che sono immediatamente negoziabili o convertiti in euro, e dunque aumentano immediatamente la capacità di spesa nel sistema economico”.

Perché avete pensato a questa soluzione? 

“Il punto è che nella situazione italiana ed europea gli stati, non potendo stampare moneta, sono costretti ad indebitarsi prendendo a prestito la moneta dai mercati privati finanziari. In questo modo si mette a rischio il futuro, perché occorre ripagare il prestito più l’interesse, e anche se oggi gli interessi sono bassi, come dice Draghi, nessuno può garantire che sia sempre così. I Ccf sono invece dei titoli che evitano di rivolgersi ai mercati finanziari. E sono titoli ancor più sicuri di un Bot o un Btp, perché garantiscono uno sconto sulle tasse, e tutti prima o poi sono costretti a pagarle. Ovviamente lo sconto determina una riduzione delle entrate nell’immediato, ma così si dà ossigeno all’economia e si sostiene la ripresa, e nulla vieta che le emissioni possano essere prorogate nel tempo, alla scadenza del certificato, che possa essere così rinnovato”.

In che modo un cittadino potrebbe beneficiare e poi usare i Ccf?

“Il Ccf è emesso dallo Stato e garantisce uno sconto sulle tasse da pagare in un periodo successivo. Ci sono due modi in cui può essere adoperato: o, dopo un accordo con le banche, si decide di scambiarlo con gli euro, e a quel punto si riceve una cifra detratto un piccolo saggio di interesse, pensiamo al 2%, perché comunque il titolo scade due anni dopo. Oppure abbiamo pensato di utilizzarlo come mezzo di pagamento diretto negli scambi, sempre con la garanzia che possa essere liquidato se lo si desidera. Teniamo presente che ci sono ancora grandi aziende partecipate dallo Stato, le quali accetterebbero i Ccf come mezzo di pagamento: parliamo di Enel, Eni, Ferrovie dello Stato e altre. Inoltre in questo momento potrebbero essere usati come pagamento in settori particolari, come quello della filiera alimentare”.

La critica che vi è stata spesso posta, è che comunque i Ccf rappresentano un aumento del debito pubblico e la Ue ne impedirebbe l’uso per questo motivo.

“Noi sappiamo che non sono debito pubblico al momento dell’emissione perché non c’è impegno a rimborsare in euro alla scadenza: c’è solo un rapporto tra lo Stato e la controparte, non un debito finanziario. I Ccf sono not-payable tax credits. Qualcuno dice che è un debito mascherato ma il punto importante è quello che sta avvenendo con questa crisi”.

In che senso?

“Nel momento in cui la stessa Commissione Europea sospende il Patto di Stabilità e lascia gli Stati liberi di indebitarsi, la critica ai Ccf come debito mascherato viene a cadere. E mi chiedo: preferite che l’Italia si indebiti coi mercati finanziari oppure emetti dei titoli con i quali non chiedi soldi a nessuno? Tutto il resto, dal Mes ai coronabond ai titoli di Stato, sono forme di indebitamento. Insomma: se non lo facciamo ora, quando?”

Che rapporto avete con i partiti italiani?

“Il M5S ha depositato un disegno di legge, alla Camera ad agosto e al Senato a novembre. Hanno dato una spinta ma poi sembrano svaniti. Ci sono stati contatti con Pino Cabras, sempre del M5S, mentre di recente si è bene espresso sui Ccf Andrea De Bertoldi, senatore di Fratelli d’Italia, mentre i 5S non prendono posizione pubblica, nonostante venni invitato a parlare sul blog di Beppe Grillo già nel 2017″.

Eppure l’Unione Europea, che, almeno in questa fase, non sioppone all’indebitamento di uno Stato, potrebbe opporsi ad uno strumento come i Ccf?

“Uno degli aspetti che incute timore alla Commissione e alla Bce è che su questi titoli non hanno alcun diritto di verifica: lo Stato italiano non è tenuto a comunicarne l’ammontare che comunque può variare a seconda delle esigenze. Ben diverso invece è la verifica del deficit tramite l’emissione dei classici titoli di Stato. I Ccf eliminano anche i mercati finanziari dal rapporto con lo Stato necessario al finanziamento della spesa pubblica nell’eurozona. Questo fa paura. Noi, prima di questa crisi, avevamo pensato ad una emissione di 100 miliardi di Ccf, il che ci sembrava adeguato considerando le entrate pubbliche annue attorno agli 800 miliardi”.

A fine febbraio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha nominato come consigliere economico Mariana Mazzuccato. Che ne pensate?

“E’ una brava economista che fa discorsi giusti sull’intervento pubblico e sul ruolo dello Stato, ma qui abbiamo il problema di tirare fuori i soldi in assenza di una banca centrale. Lei fa bei discorsi sugli investimenti europei, ma forse investimenti comuni si faranno tra 150 anni se va avanti così, e nel frattempo? Servono soluzioni rapide ed è chiaro che dall’Unione Europea non arriverà niente. Noi intanto abbiamo avuto contatti con esponenti vicini alla Presidenza del Consiglio, come ad esempio Fraccaro del M5S: sappiamo che le persone che sono attorno a Conte conoscono i Ccf e il loro funzionamento”.