TERAMO – Ancora troppe persone a lavoro in provincia di Teramo secondo i sindacati.

Fiom Cgil e Fim Cisl tornano a denunciare come siano ancora troppe, secondo gli stessi sindacati, le aziende metalmeccaniche legate a produzioni non essenziali che continuano a restare aperte nonostante l’emergenza Coronavirus.

Per questo i sindacati chiedono di essere coinvolti nella valutazione delle richieste di deroga, su cui deve esprimersi la Prefettura, e l’attivazione di verifiche immediate anche in relazione alle attività svolte dalle aziende dopo aver ottenuto il consenso a rimanere attive, minacciando in caso contrario la proclamazione di uno sciopero generale del settore in provincia di Teramo.

“Ieri, con notevole ritardo, sono arrivati i primi dati dalla Prefettura riguardo le aziende che hanno chiesto di continuare a lavorare nonostante il secreto del presidente del Consiglio ne prevedesse la fermata – scrivono le segreterie provinciali di Fiom Cgil e Fim Cisl in una nota – Per avere questi dati è stato necessario che le confederazioni provinciali di Cgil, Cisl e Uil, dopo sollecitazioni formali e informali, arrivassero a minacciare lo stato di agitazione generale. Ad oggi in provincia risultano, oltre alle aziende che possono lavorare per decreto, altre 207 che hanno già avuto il parere positivo a proseguire l’attività dalla Prefettura e 13 che hanno fatto richiesta e aspettano di avere risposta”.

Di queste aziende, secondo i dati dei sindacati, 65 sono metalmeccaniche. “Cinquantasette hanno già ottenuto l’approvazione, otto sono in attesa – continuano i sindacati – per un totale di 1.630 lavoratori potenzialmente coinvolti. Non tutti, in realtà, stanno effettivamente lavorando perché ci sono aziende che, in maniera corretta, hanno riattivato solo le linee di produzione legate alla gestione dell’emergenza fermando gli altri lavoratori con la cassa integrazione. Molte altre, al contrario, stanno approfittando di questa opportunità per tenere attivi interi stabilimenti industriali in cui le produzioni per l’emergenza sono residuali”.

Da qui il rinnovo della richiesta di ridurre il più possibile l’attività industriale in provincia per tutelare i lavoratori e le loro famiglie e, “di conseguenza, a tutta la collettività”.