Nella partita che si gioca sopra la tragica partita sanitaria del coronavirus, vi sono stati due passaggi fondamentali, negli ultimi giorni, già molto discussi (qui articolo di Alessandro Vissalli)

Prima la lettera dell’ex governatore della Bce Mario Draghi (qui importante contributo critico di Emiliano Brancaccio) e il giorno successivo lo stallo al Consiglio Europeo con le parole di Conte sintetizzabili così: “Se non lo fa l’Europa, lo facciamo da soli”.

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Draghi ha scritto quanto segue.

a) Il tempo a disposizione è poco e occorre agire presto.

b) Non ha menzionato mai la Bce, l’Unione Europea, la Commissione, il Consiglio Europeo, né l’euro.

c) Sono quindi gli “Stati” nazionali che devono agire. Presto.

d) Tuttavia non sono Stati “normali”, perché non hanno una loro moneta sovrana, e non possono agire ad esempio in maniera lineare e rapida come Stati Uniti o Gran Bretagna. Devono indebitarsi.

e) Il balletto in sede europea è di fatto in contrasto con il punto a), come dimostrato tra l’altro dal Consiglio Europeo tenuto il giorno successivo alla sua lettera.

f) Draghi non allude neppure alla minima ipotesi che i paesi nordici concedano gli eurobond o altri mezzi del genere, nonostante il governo italiano si sia impelagato in questa discussione.

g) L’azione più rapida (parliamo di azioni entro un mese) e dal punto di vista di Draghi, interna al quadro di governance europeo, è credito privato bancario al sistema economico ad interesse zero: una sorta di Q.e. di base. Poiché gran parte dei crediti non saranno restituiti nonostante la crisi, le banche devono essere garantite dallo Stato (si badi bene, non Bce/Unione Europea/Mes eccetera).

h) Le banche private creano denaro dal nulla, Draghi lo ha scritto chiaramente. Le regole bancarie attuali sono pensate per ridurre i rischi derivanti da prestiti avventati. Vanno, quindi, sospese. Insomma: prestiti a interesse zero e ad altissimo rischio.

i) Dunque lo Stato si indebiterà per tutta quella parte di crediti che non saranno restituiti. Una cifra potenzialmente enorme.

La lettera di Draghi si ferma qui. Per IlSole24Ore la sua è una ricetta “lacrime e sangue“. Quindi va raccolta con attenzione: è pericolosa se male maneggiata.

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L’operazione-Draghi consente di immettere nel sistema economico la liquidità necessaria per evitare il collasso in tempi brevi (ripetiamo: un mese/due, oltre non si regge). Parliamo di cifre tra 100 e 200 miliardi. Concordiamo con l’opinione del trader finanziario e saggista Giovanni Zibordi: l’operazione-Draghi è nei fatti una nazionalizzazione delle banche.

Probabilmente questo passaggio porterà poi ad una obbligata nazionalizzazione estesa a molti settori economici, ma questo in un momento successivo.

Si evidenziano quattro scenari, partendo da quello più convenzionale.

SCENARIO A Il finanziamento pubblico avviene nella cornice attuale, ovvero chiedendo prestiti ai mercati privati, con la Bce che quindi interviene sporadicamente e solo per evitare i picchi improvvisi dei tassi di interesse. Risultato: si eviterà il collasso del sistema a brevissimo ma il futuro sarà pesantemente condizionato dal tasso di interesse richiesto (pur basso, crea un debito inestinguibile) e dal debito pubblico (che resterà privato, non potendo gli Stati “stampare”). Il risultato sarà un rafforzamento dell’attuale governance europea e rafforzate misure di austerità future. Qualcosa di non molto dissimile a quanto avviene da 30 anni a questa parte, secondo la metafora della rana che va bollita gradualmente, altrimenti salta fuori dalla pentola.

SCENARIO B Il finanziamento pubblico avviene con una Bce che acquista tutti i titoli di credito emessi dall’Italia per garantire e coprire i prestiti delle banche al settore privato. Risultato: si frena la crisi imminente (parliamo di immissione di 150-200 miliardi nell’economia nazionale) e di fatto si “monetizza” il debito pubblico come gli altri paesi extra-eurozona. 

Sembra difficile che la Bce sia lasciata libera di finanziare l’enorme quantità di moneta necessaria – se non per una parte e nonostante lo stratagemma di garantire le banche anziché direttamente gli Stati – e difatti Draghi neanche menziona l’istituto che ha presieduto, e questo è rivelatore.

In realtà crediamo che non si debba buttare il bambino con l’acqua sporca. Forse ci si trova in uno stretto passaggio, e il meglio e subito può essere nemico del bene (e sempre subito).

E dunque abbiamo delle domande, che nei prossimi giorni sottoporremo a degli economisti e degli esperti del settore per una migliore (e rapida) comprensione sulla loro fattibilità.

SCENARIO C I crediti bancari garantiti dallo Stato, se non coperti dalla Bce, sarebbero assimilabili a titoli di credito di Stato, simili concettualmente ai Certificati di Credito Fiscale, già ipotizzati dal compianto sociologo Luciano Gallino e poi portati avanti dal gruppo di lavoro che ne ha raccolto l’eredità (clicca qui)?

SCENARIO D A questo punto cosa impedirebbe ad uno Stato come l’Italia (ma anche Spagna, Francia, eccetera) di emettere una moneta parallela nazionale per finanziare le somme necessarie, non solo come mezzo di pagamento delle tasse come i Ccf ma proprio come moneta per gli scambi interni? Ad esempio dei buoni per acquisto alimenti e scambi nella filiera alimentare, farmaceutica, sanitaria, al rapporto 1:1 con l’euro e validi per il pagamento delle tasse in Italia?

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“Se non possiamo farlo con l’Europa, lo faremo da soli“; “Non passerò alla storia come il Presidente del Consiglio che non ha fatto tutto quanto è nelle proprie possibilità“: queste sono le parole di Giuseppe Conte negli ultimi giorni.

Dobbiamo sperare che ci credesse e ci credesse perché consapevole delle possibilità a disposizione e del fatto che sia lui a dare le carte, e non altri. Sarebbe grave il contrario.

Conte deve sapere che oggi ha il dovere di salvare l’Italia e gli italiani. Altrimenti vi sarà l’altissimo rischio di un collasso delle istituzioni repubblicane. Non possiamo permettercelo. L’Ungheria è solo un’avvisaglia di quello che si potrà abbattere sull’Europa e sull’Italia prima fra tutti.

Dobbiamo credere che qualora le sue proposte fossero bocciate, partendo dallo scenario più convenzionale (si spera il B e non lo scenario A), gli resteranno comunque strumenti per agire in autonomia (“Lo facciamo da soli”) e qualora cercassero di impedirglielo, ne avrà ancora degli altri. Se ben calibrati, l’Italia avrà solo da guadagnare. Se invece si ha paura o si bluffa, prepariamoci al peggio.

Nessuno può impedire ad un governo che agisce nei limiti della propria Costituzione di salvare il proprio popolo. Agire diversamente sarebbe uno schiaffo imperdonabile che provocherebbe grandissimi problemi futuri.