SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si trova a Nuvolenta, un piccolo paesino in provincia di Brescia a pochi chilometri dal capoluogo. In un’area che oggi è l’epicentro nazionale ed europeo, se non mondiale, del contagio del coronavirus Covid-19, con centinaia di decessi al giorno se si allarga l’analisi anche alla Bergamasca e alla provincia di Cremona.

Raggiungiamo al telefono Massimiliano Fazzini, sambenedettese, climatologo, professore associato alla Scuola di scienze e tecnologie dell’Università di Camerino, che sta cercando di dare il contributo: “Ho vent’anni di esperienza tra terremoti ed esondazioni, in collaborazione con la Protezione Civile, non solo per professione ma anche come volontario, quindi mi hanno chiesto di dare una mano e sono qui volentieri per questo”.

Ma ascoltiamo Fazzini perché è stato parte di un gruppo di ricerca, comprendente esperti e accademici delle Università Bicocca di Milano, Roma Tre e Chieti-Pescara, che ha avviato uno studio multidisciplinare sulle relazioni tra il Sars-CoV-2 e le variazioni climatiche.

“La relazione tra il clima e le varie variabili ambientali che abbiamo analizzato e il virus è quasi inesistente – spiega Fazzini – Il coefficiente di correlazione che si ottiene tra il clima e il virus, in una scala da zero a 1, è 0,11, quindi insignificante a livello statistico”.

“Ho inizialmente preso la serie storica del clima a Wuhan, la città cinese da dove si è originata l’epidemia – spiega – Wuhan d’inverno ha un clima abbastanza simile a quello italiano, e quest’anno la temperatura media è stata superiore alla media, proprio come in Italia”. 9,2 gradi la media del mese di febbraio a Wuhan, quest’anno.

“Oltre alla temperatura, analizziamo altri dati come umidità, vento, irraggiamento solare. Successivamente abbiamo realizzato gli identici studi anche per le alcune aree della Lombardia come Codogno, Bergamo, Brescia, Alzano. Abbiamo ottenuto lo stesso efficiente di correlazione tra clima e virus: sulla base di questi dati possiamo dire che la temperatura non dà alcuna influenza sulla diffusione del virus” afferma Fazzini.

In molti sperano che con temperature più estive vi possano essere degli effetti. 

“Per ora non emergono correlazioni tra temperatura e virus. Questo non significa che con il caldo estivo non si abbia un effetto sul Covid-19, tuttavia sarà possibile verificarlo solo in quel momento, con i dati attualmente a nostra disposizione non possiamo prevederlo. Ad esempio per la Sars o il virus H1n1 (influenza aviaria e suina) si è visto che con temperature a 26-27 gradi perdevano l’80% della loro intensità. Si tratta di temperature che in Italia arrivano a maggio o a maggio inoltrato. Ma al momento non possiamo dire che ciò avverrà”.

C’è qualche altra spiegazione dalla quale dedurre l’elevato livello di contagio della Lombardia?

“Stiamo cercando, allargano il team ad altri gruppi, di inserire altre variabili nello studio, come ad esempio le polveri sottili e i biossidi. Tutte le ipotesi al momento sono da verificare ed è quello che stiamo cercando di fare: secondo qualcuno con il particolato atmosferico il coronavirus si sposta molto velocemente, e cerchiamo di capire se questi parametri sono in grado di fornire delle spiegazioni. C’è da dire che la Lombardia è densamente abitata e, come le Marche, è una regione con popolazione molto anziana. Inoltre è quasi una unica conurbazione, partendo da Lodi e arrivando a Bergamo la sequenza abitata è praticamente senza sosta e vi è alta mobilità dei residenti, quindi i contagi sono forse più facili e veloci. Vedremo poi nei prossimi giorni, che si annunciano freddi, se accadrà qualcosa di diverso”.

Qual è la situazione nel Bresciano?

“Anche qui c’è un sovraffollamento dei reparti di terapia intensiva ma non credo ci siano casi di persone abbandonate, al massimo si tratta di pazienti molto anziani e molto malati che non riescono neanche a farsi curare perché l’infezione agisce troppo rapidamente per il loro fisico. Non siamo al punto in cui si deve decidere chi salvare e chi no. In questo momento stiamo verificando il rispetto delle prescrizioni nelle strade cittadine, ma la popolazione ormai sembra abbia capito l’importanza di restare a casa e ridurre i contatti interpersonali. Nella provincia di Brescia si analizzano più di 4 mila tamponi al giorno, tanto che presumo vi siano dei ritardi nella comunicazione alla Protezione Civile per cui i dati giornalieri potrebbero riportare, per la Lombardia, una situazione di qualche giorno addietro”.