All’indomani dell’ultimo e più restrittivo Dpcm firmato dal presidente del Consiglio Conte, la situazione che stiamo vivendo tutti noi cittadini appare surreale. Una valanga di dubbi su cosa si possa o non si possa fare, rimorsi sul comportamento tenuto negli ultimi 14 giorni e che continuerà a far salire la curva dei contagi ancora per un po’, confusione sulla gestione del nostro domani, quando tutto sarà finito. Sperando che finisca al più presto. 

Non si fa altro, in questi giorni, che compilare elenchi: di dati, di errori, di opportunità, di consigli.  Per questo, vorrei provare anche io a farne uno, provando a guardare un po’ più avanti. Senza toccare l’ambito medico o sanitario, ovviamente, del quale lascio che siano gli esperti a parlare. Un elenco di insegnamenti  che il virus sta impartendo al nostro modo di ragionare, facendo un gran rumore.

1. Innalzare muri non serve a niente. Il virus è arrivato proprio nel momento in cui tutto il Pianeta sembrava convinto che l’unica soluzione alle “minacce della globalizzazione” fosse la definizione di confini armati e l’appello ad identità locali forti. E in pochissimo tempo, in barba a tutto ciò che non sono riuscite a fare l’educazione e l’istruzione con il giusto tempo, ha sparigliato tutte le carte in tavola. Da un giorno all’altro, tutti siamo stati chiamati a farci carico di comportamenti che aiuteranno il Pianeta a riprendersi, stiamo lottando per il buon senso e per la sopravvivenza della specie tutta. E così la pandemia batte il razzismo in un modo che, così radicale, non avremmo mai potuto immaginarlo.

2. Il virus non è un fatto, è un evento.  In quanto evento, provoca delle trasformazioni e rende possibile ciò che prima, non solo era impossibile, ma era anche impensabile. Ogni evento si scatena a partire da un forte trauma, uno shock che provoca sgomento e sorpresa all’inizio, ma poi ci costringe a pensare al futuro e a mettere in campo delle soluzioni di conseguenza. Soluzioni inimmaginabili prima. Nel caso del Corona Virus all’inizio lo shock si è tradotto del panico più totale, complice anche una confusione generata da una cattiva gestione della comunicazione dei media, ma nel momento in cui si è fatta chiarezza, il panico ha dovuto lasciar spazio ad un pensiero costruttivo. Tutto ciò che ci viene chiesto di fare è frutto di una visione che va oltre la pandemia, ma riflette su come farci rimanere in piedi e a gestire il nostro futuro.

3. Il virus accomuna e ci costringe a pensare soluzioni comuni. Nessuno oggi può più pensare di salvarsi da solo, senza coinvolgere gli altri abitanti del Pianeta, tanto meno la natura stessa. Se finora ci eravamo disinteressati alle problematiche ambientali, il virus ci costringe a prendere atto del fatto che senza la complicità della natura, non andiamo da nessuna parte.

4. Il virus riassegna alla politica un ruolo di primo piano. Il politico torna ad essere, come in una idea classica di politica, il timoniere che aiuta la nave a destreggiarsi in un mare ostile. Colui che naviga, non domina. Colui che governa la natura, non prova a sostituirsi ad essa assumendone i pieni poteri. Mai come ora ritengo sia il momento di dare fiducia all’idea classica di politica, lavorando per migliorare sempre di più le competenze di chi se ne occupa e se ne dovrà occupare in futuro.

5. Il virus ci invita a riflettere, meditare, non tanto sulla nostra fragilità (cosa che ci angoscia da sempre e ci angosciava anche prima), ma su concetti che ritenevamo scontati, come, ad esempio sulla nostra idea di libertà. Assistiamo a provvedimenti fortemente restrittivi in questi giorni. Provvedimenti temporanei, certo, ma che ci fanno ridimensionare il senso della parola libertà, quando ci troviamo a fare i conti niente di meno che con il destino. Il virus ci riconsegna una idea più sobria di libertà. Essere liberi vuol dire fare ciò che, nella situazione, si deve fare.