Ho ascoltato in diretta l’intervista a Oliviero Toscani da parte dei simpatici Giorgio Lauro e Geppi Cucciari durante la trasmissione di RadioUno “Un Giorno da Pecora” del 3 febbraio. “Un Giorno da Pecora” è forse la mia trasmissione in assoluto preferita, radiofonica e non solo, e cerco di ascoltarla ogni volta che posso.

Nei giorni seguenti grande scandalo e risalto è stata data alla frase di Toscani, “ma a chi cazzo importa se crolla un ponte“. Si riferiva al Ponte Morandi, crollato a Genova nell’estate 2018, provocando la morte di 43 persone. Il trait d’union tra il famigerato crollo e Toscani è dato dalla famiglia Benetton, che detiene oltre il 30% delle azioni di Autostrade per l’Italia, la società concessionaria delle autostrade e, appunto, del tratto dove è crollato il ponte.

Toscani, su interesse e finanziamento della famiglia Benetton, dal 1994 guida Fabrica, “un centro di sovversione culturale“, a Treviso. In Fabrica si fa formazione di diverso tipo: fotografia, scrittura, comunicazione, design. E Fabrica ha ospitato, per un incontro, i quattro giovani bolognesi fondatori del movimento delle Sardine.

Quando ho ascoltato la frase incriminata di Toscani, l’ho presa come una frase infelice, anzi da stronzo, e infatti i conduttori hanno subito preso le distanze. Toscani si è fatto prendere dai modi scanzonati di Lauro, e ha risposto come se fosse in un bar. Giusta allora l’indignazione che è seguita alle sue parole.

Ma non era stata quella frase infelice, anzi da stronzo, a infastidirmi mentre lo sentivo. In realtà l’avevo presa come un infortunio, come quando al bar si dice una cosa giusto per dire, e magari si è pronti a scusarsi qualche minuto dopo.

Tutto l’intervento di Toscani, invece, trasudava un vero e proprio classismo, sia economico che generazionale. Il famoso fotografo parlava come se fosse chiuso nel suo mondo iper-borghese, in una lontana e ovattata aurea ben oltre il post moderno: centri di sovversione culturale finanziati da un capitalista, “giovani che non devono neanche pagare, arrivano da tutto il mondo, imparano le tecnologie della comunicazione moderna”.

Toscani ha insistito più volte sul fatto che durante l’incontro si fosse parlato esclusivamente in inglese: “Abbiamo chiacchierato fino alle due meno un quarto in inglese… in inglese!” Parlare la lingua globale era per Toscani un tema centrale della qualità del discorso intrapreso.

La bellezza è in superficie. Sovversione culturale, ma capitalistica.

Il nonno Oliviero osservava i giovani. Anche il giovanilismo, elemento tipico di tanta letteratura e tanto cinema dalla metà del Novecento in poi, emergeva prepotente dalle parole del fotografo.

Giovani, carini, educati, globalizzati. Buoni.

“Parlano tutti perfettamente inglesi, sono ragazzi moderni, non appartengono alla generazione di mezzo di Salvini e di Renzi, sono sensibili, non dicono vaffa – ha continuato – Renzi e Salvini appartengono alla generazione dei 45enni/50enni che valgono poco, non sono né carne né pesce. La Boschi era divertente, si è fatta fotografare nel letto dove dormiva da ragazzina”.

E poi, autoesaltandosi: “Esiste una generazione di mezzo che non è né carne né pesce, non sono né rock and roll né musica futura. Io ho la stessa età di Bob Dylan, dei Rolling Stones e dei Beatles, sono di quella generazione lì“.

Insomma, per Toscani i ganzi sono soltanto i creativi, purché parlino inglese, “vengono da tutto il mondo, dall’India, da paesi del Terzo Mon… dall’Africa”; sono educati, poi magari gli scappa che se crolla un ponte e uccide 43 persone chi se ne frega. Prendono soldi dagli ultra-capitalisti ma fanno “sovversione culturale”.

Toscani è ignaro di quello che accade fuori dalla sua Versailles. Che può essere figurativamente la sua Fabrica dorata, o il suo mondo altolocato. Le brioches sono le televisioni, le radio, le riviste, la comunicazione digitale, i social, i toni educati, la creatività.

Fuori invece ci sarebbe un mondo mal pagato, sfruttato, con ragazzi che non frequentano le scuole dell’élite nazionale, genitori che arrivano dall’Albania o dalla Romania o dalla Tunisia che non sbarcano davvero il lunario, abbandono scolastico, lavoretti precari, emigrazione dall’Italia all’estero sempre più massiccia.

A questo mondo Toscani, la sua Fabrica, i sovvertitori culturali e forse anche le Sardine dicono di essere buoni, educati, rispettosi, anche proni.

Il modo migliore per non infastidire l’ordine costituito.

Con le Sardine il neoliberismo è diventato populista. E così distrugge il M5S