SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Stanno deviando l’utenza e spostando artificiosamente i numeri delle prestazioni verso i privati e verso l’ospedale di Ascoli. Siamo nuovamente a lanciare un forte allarme, un avvertimento a tutta la dirigenza sanitaria e regionale ed un accorato appello ai sindacati, tutti i sindacati, affinché mobilitino tutto il personale del Madonna del Soccorso e si facciano portatori degli interessi dei dipendenti e dell’utenza” scrivono, per conto del Comitato Salviamo il Madonna del Soccorso, il presidente Nicola Baiocchi e la consigliera comunale Rosaria Falco.

Secondo i quali “la radiologia e la diagnostica del nostro ospedale, che effettuano oltre 100 mila prestazioni annue, sono in stato di emergenza e vanno verso la chiusura. Abbiamo notizie verificate dalle quali risulta che la Tac è guasta per l’ennesima volta in pochi giorni, per cui molti utenti vengono deviati verso quella del Pronto Soccorso, aumentandone il carico e prolungando le attese, mentre molti altri sono costretti a prenotare a pagamento altrove, o a procrastinare gli esami, per eseguirli mediante diagnostica privata convenzionata.”

“L’ambulatorio ecografico è stato chiuso in quanto i tre medici mancanti da diversi mesi per pensionamento non sono ancora stati sostituiti. Come mai, nell’ottica della razionale distribuzione delle risorse nell’ambito dell’Area Vasta 5, più volte invocata a contrario, non si possono chiamare a svolgere tali mansioni i radiologi del Mazzoni, ospedale che ha un minor carico di lavoro rispetto alla Riviera? Perché quest’ottica viene adottata solo per depauperare il nostro ospedale in favore di quello di Ascoli?” continua il duo.

“Del resto di recente si sono visti ordini di servizio che determinavano lo spostamento ad Ascoli di alcuni pediatri del nostro ospedale per colmare asserite criticità del Mazzoni: dovrebbe valere lo stesso ragionamento per noi? Avete ancora il coraggio di accusarci di campanilismo? E ancora: la risonanza più potente, quella che esegue le prestazioni più rilevanti e numerose, risulta guasta da sabato, e i guasti si ripetono ormai almeno 4-5 volte all’anno, mentre l’utenza, dopo attese di mesi, è costretta a ricorrere ad altre strutture” fanno notare Falco e Baiocchi.

“Torniamo a chiedere per quale motivo lecito una città come San Benedetto, la più densamente abitata della Regione, con un afflusso turistico tale da esigere un reparto di radiologia perfettamente efficiente, non meriti investimenti in apparecchiature diagnostiche nuove e di ultima generazione: sono acquisibili sul mercato in leasing, con contratti che prevedono, in caso di guasto, una manutenzione tempestiva nell’arco di poche ore. E tali investimenti verrebbero ampiamente ripagati dalla resa anche economica e dalla mobilità attiva che sarebbero garantite dall’afflusso storicamente accertato al Madonna del Soccorso” continua la nota.

“Invece il reparto radiologia sta morendo letteralmente di asfissia, per sottrazione di attrezzature efficienti e di personale operativo, nel più completo silenzio di coloro che dovrebbero tutelare gli interessi pubblici di tutto il nostro territorio”.

“Appare ormai chiara la strategia adottata da chi decide delle nostre sorti: deviare l’utenza e spostare artificiosamente i numeri delle prestazioni verso i privati e verso l’ospedale di Ascoli. Ricordiamo l’allarme lanciato dal comitato Salviamo il Madonna del Soccorso in merito agli scandalosi ritardi nella refertazione degli screening mammografici a scopo di prevenzione delle patologie tumorali, allarme che non ha avuto ancora alcuna risposta né riscontro: qualcuno pensa di poter usare le strutture e l’organizzazione sanitaria come più gli aggrada, a discapito della collettività? Adesso siamo davvero stanchi del massacro portato avanti ai danni della Riviera e dei suoi cittadini. Siamo stanchi di questo sfregio ai nostri diritti e dei facili proclami. Dopo la denuncia sui posti letto sottratti, saremo costretti a depositare altre circostanziate denunce presso tutte le Autorità competenti, con ogni responsabilità conseguente” concludono.