È un articolo molto interessante perché, a mio parere, mette il dito sulla piaga di una situazione reale e impossibile da smentire. Nelle Marche e in particolare nel Piceno. I vari Partiti politici continuano a fare propaganda elettorale con comunicati che lasciano il tempo che trovano: il Pd sulla necessità e localizzazione di un ospedale nuovo a Pagliare che ritengono a buon punto e quindi irrevocabile, gli altri tra chi lo vuole sulla costa (Piunti e C.), chi lo vuole in Ascoli (Fioravanti e C.) e chi vuole mantenere i due plessi migliorandoli (La Lega). Insomma tanto fumo e niente arrosto. Arrosto che ho invece individuato nel sito del dottor  Claudio Maria Maffei, che in un altro articolo risponde ad un comunicato stampa della responsabile Pd di Ascoli, Manuela Marcucci.
Facendo una sintesi, per quanto riguarda il nuovo ospedale del Piceno i punti fermi dovrebbero essere:

1. un piano regionale di riordino ospedaliero che dovrebbe essere supportato da dati ed analisi. Adesso non c’è, quindi oggi non si può decidere niente;
2. per il Piceno va bene un ospedale unico a patto che se ne definiscano e condividano le caratteristiche, i tempi di attuazione e la copertura economica;
3. la scelta dell’ospedale unico piceno dovrebbe seguire i criteri usati per il riordino delle reti ospedaliere delle altre Aree Vaste e quindi per il nuovo Marche Nord e per il nuovo Ospedale dell’Area Vasta 3 di Macerata. Il destino degli attuali ospedali di San Benedetto del Tronto ed Ascoli Piceno va definito prima di decidere le caratteristiche del nuovo ospedale. E deve essere omogeneo al destino degli ospedali attuali di Pesaro, Fano, Macerata e Civitanova Marche.
4. se per questi sei ospedali si pensa a soluzioni diverse l’una dall’altra, occorre dirlo esplicitamente e conoscerne le motivazioni;
5. in caso di conferma, come pare, del progetto dell’ospedale unico del Piceno andrebbe subito chiarito che potenziamento avrebbero i servizi territoriali di San Benedetto e di Ascoli ed in particolare come si ridurrebbe e affronterebbe durante il periodo estivo a San Benedetto il numero di urgenze in aumento a causa dell’afflusso turistico; vanno anche definiti prima i criteri di gestione e manutenzione degli attuali ospedali di San Benedetto ed Ascoli.
Per quanto riguarda il Pronto Soccorso dato in gestione ai privati, si tratta per le Marche di una soluzione al momento priva di razionalità. Si può pensare a questa soluzione solo nel contesto della ridefinizione complessiva della rete ospedaliera delle Marche, rete in cui oggi i servizi di pronto soccorso sono già troppi in base ai criteri del Decreto 70/2015 che regolamenta l’organizzazione degli ospedali in Italia. Quindi si può dare un Pronto Soccorso ai privati solo dopo avere chiuso un Pronto Soccorso Pubblico, il che equivale alle regole di oggi a chiudere un ospedale pubblico. Chi propone di dare un Pronto Soccorso ai privati (per esempio la Lega di Salvini che governa in Piemonte) dica quale o quali ospedali pubblici vuole chiudere o trasformare.
Le difficoltà dei Servizi di Pronto Soccorso pubblici non dipendono dal fatto che sono pochi, ma dal fatto che:
1. hanno spesso carenza di spazi e personale;
2. i servizi territoriali domiciliari e residenziali non riescono a prendere tempestivamente i pazienti in dimissione dall’ospedale;
3. manca una capacità di gestire i pazienti cronici in modo da ridurre i ricoveri a loro carico attraverso sistemi che anticipino la comparsa dei segni di aggravamento;
4. a causa delle carenze di personale le strutture residenziali non riescono a gestire i pazienti complessi.

In un quadro come quello della Regione Marche dare un Pronto Soccorso al privato al di fuori di una attenta analisi dentro un progetto di riordino complessivo della rete ospedaliera è sbagliato.
Diverso è il discorso di un coinvolgimento del privato in alcuni percorsi dell’emergenza-urgenza,
discorso che va senz’altro approfondito e tradotto in operatività.