SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nel corso del 2020 potrebbe avvenire il sorpasso degli abitanti di San Benedetto del Tronto su Ascoli Piceno. Questo è il dato statistico possibile sulla base dell’andamento della popolazione dei due principali centri urbani del Piceno nel corso degli ultimi anni: soprattutto a causa della diminuzione dei residenti ad Ascoli, fenomeno presente già prima del terremoto del 2016 e amplificato poi dagli eventi sismici.

San Benedetto, da parte sua, mantiene una popolazione stabile o in leggero aumento: se il saldo nascite-morti risulta leggermente negativo, continua tuttavia un fenomeno immigratorio sia dall’hinterland piceno che da altre zone d’Italia.

Come dal nostro ultimo articolo su questo tema (clicca qui), dal 1° gennaio al 30 settembre 2019 Ascoli ha perso 478 residenti, mentre San Benedetto appena 30. Se questa tendenza continuerà anche nel 2020, San Benedetto colmerà i 381 abitanti di differenza, forse già nella prima metà dell’anno.

Questa tendenza andrebbe fermata o gestita, nei limiti del possibile (ricordiamo la sostanziale impotenza dell’ente intermedio provincia, abolita nei fatti), attraverso una programmazione urbanistica e socio-economica che richiederebbe, però, ben altra funzione del ruolo pubblico (non è questo l’articolo per approfondire). Tanto più che il Piceno è una delle province le cui aree interne hanno subito la distruzione del terremoto: invece l’effetto della crisi economica, della de-industrializzazione e per ultimo del sisma hanno dato una nuova spinta verso lo spostamento sulla costa.

Fatto sta che oggi i due poli urbani della Provincia, Ascoli e San Benedetto, hanno due dinamiche diverse. Innanzitutto San Benedetto con i comuni della costa (Grottammare e Cupra) e i due adiacenti Monteprandone e Acquaviva Picena (tralasciando poi Martinsicuro), costituisce di fatto una unica struttura urbana di circa 85 mila abitanti.

Ascoli sta invece espellendo abitanti, oltre che verso San Benedetto e la Vallata, anche su Castel di Lama e Folignano: insieme i tre comuni oscillano attorno ai 66 mila abitanti.

Ascoli, con Castel di Lama e Folignano, copre una superficie di 184 chilometri quadrati; l’area attorno a San Benedetto prima citata appena 86.

Quello che sta avvenendo a livello di flussi di residenti dà sempre più l’idea di una unica struttura urbana, almeno nella Vallata del Tronto, gestita tra diverse municipalità che orbitano su due centri.

A questo punto occorrerebbe capire se potrebbe avere un senso, come spesso in Riviera si senti dire di recente, di ridenominare la provincia in Ascoli-San Benedetto. La qual cosa, a rigor di logica, non sarebbe campata in aria, anche se il rischio è di innescare invece che una discussione razionale e conveniente una battaglia campanilistica inutile e controproducente. Si pensi ad esempio al danno subito da San Benedetto, solo per non essere un capoluogo di provincia, nella perdita del Tribunale, che pure, per ragioni demografiche ed economiche oltre che logistiche e ambientali, sarebbe stato sempre utile in Riviera.

Abbiamo verificato, nella pagina Tuttitalia.it, qual è attualmente la situazione nel resto d’Italia nelle 107 province o Città Metropolitane esistenti.

Solo in cinque di loro la popolazione del capoluogo di provincia è inferiore a quella di un altro comune (oltre il recente caso, un po’ anomalo, di Cosenza).

Parliamo di Varese, dove il capoluogo ha (dati Istat al 1° gennaio 2019) 80.559 abitanti e Busto Arsizio 83.628; Imperia, dove il capoluogo ha 42.450 abitanti e Sanremo 54.598; Caltanissetta, che ha 61.064 abitanti con Gela con 73.854; Trapani (67.531) con Marsala (82.640). Nelle Marche a Macerata la popolazione del capoluogo (41.514) è inferiore a quella di Civitanova (42.476).

C’è poi lo strano caso di Cosenza (67.270), con Corigliano-Rossano che ha 77.128 abitanti dopo la recente fusione (ben 346 chilometri quadrati).

In diverse delle città sopra menzionate sono sorti comitati che hanno chiesto la doppia denominazione della provincia (quello che è avvenuto più di recente ad esempio per Forlì-Cesena e in passato per Pesaro-Urbino e Massa-Carrara) o richieste di cambiamento di provincia rispetto all’attuale. Ad esempio qui a Sanremo.

Oppure per la creazione di province distaccate dal capoluogo, qui a Gela e qui a Busto Arsizio.