SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il caso di dirlo, la questione della partecipata Centro Agroalimentare si sta ingrandendo e minaccia di travolgere gran parte della politica sambenedettese, picena e la sua rappresentanza regionale. La società, i cui due soci principali sono il Comune di San Benedetto e la Regione Marche, si trova al momento al centro di notevoli tensioni che dagli aspetti politici e amministrativi minacciano di invadere anche le sfere giudiziarie, almeno amministrative ed erariali se non anche penali.

Fabio Urbinati, consigliere regionale di Italia Viva e parte integrante della maggioranza, torna sulla questione dopo il Consiglio regionale di giovedì 6 dicembre, partendo da una analisi storica: “Come può la Regione pensare di recedere, e quindi portare in liquidazione tutta l’azienda, nel momento in cui le Marche del Sud sono state indicate come Azienda Speciale del settore Agroalimentare? Oggi è un obbligo della politica restare nel Caap, che non è Aerdorica salvata nonostante 50 milioni di debiti”. Presidenza che toccherebbe a Simone Mariani, presidente di Confindustria Ascoli Piceno e amministratore della Sabelli, azienda casearia che ha uno stabilimento molto importante proprio al Caap.

“La vicenda del Centro Agroalimentare sta assumendo dei contorni che come Consigliere regionale mi sento di dover approfondire. Nel 2012, con le nuove leggi di Monti, le amministrazioni Gaspari di San Benedetto e Spacca per la Regione provarono a vedere se era possibile vendere le quote, ma come azione di valorizzazione del patrimonio del Caap – spiega – Io ricordo che partecipai ad un incontro come assessore, assieme al sindaco Gaspari e alla dirigente Talamonti, in Regione. C’era interesse anche di aziende di livello internazionale, all’epoca solo la quota del Comune di San Benedetto valeva oltre 4 milione, quasi il doppio del valore odierno, e solo questo dovrebbe far riflettere” ammonisce l’esponente renziano.

Tra il 2017 e il 2018, per ripianare le perdite, il Centro Agroalimentare ha dovuto vendere alcuni immobili di proprietà, “causandone un indebolimento sia per il venir meno di alcuni affitti sia per una vendita a macchia di leopardo che rende meno coesa la proprietà”. Come deducibile dai nostri due video, Urbinati, come consigliere regionale, afferma di aver appreso soltanto nel 2016 di un atto della Regione che esprimeva la volontà di recedere “ma nulla mai è passato per il Consiglio Regionale“.

“Da una procedura di liquidazione (si guardi video, ndr), il Piceno non ha nulla da guadagnare”.

Secondo Urbinati, “l’atto di recesso è poi venuto meno sia perché esponenti della Regione hanno partecipato alle successive assemblee dei soci con atteggiamento concludente, ossia hanno votato i bilanci, nominato i nuovi amministratori e persino utilizzato parole di grande elogio e volontà di investimento come quelle della vicepresidente Anna Casini nel 2017“. Dunque un comportamento opposto all’atto precedente.

Sempre secondo Urbinati, in risposta a quanto scritto dalla Casini a Riviera Oggi, “non vi è alcun obbligo legale per la liquidazione delle quote, che anzi è una extrema ratio. Inoltre, nonostante quello che mi ha risposto in Consiglio, non ritengo che la decisione di recedere possa essere presa e comunicata da un dirigente, perché vi deve essere un atto del Consiglio Regionale, così come sta avvenendo per le Province di Ascoli e di Fermo”.

“Giovedì rientrerò in Regione, formalizzerò una richiesta alla commissione Bilancio e Patrimonio e alle Attività Produttive e Industria, per audizioni congiunte con il Consiglio di Amministrazione del Caap, con il Consiglio dei Revisori dei Conti e con tutti i soci che vorranno partecipare – continua – A me non interessa che la mozione sia stata bocciata, l’esecutivo faccia l’esecutivo e il legislativo faccia il legislativo. Se questo fosse avvenuto perché non faccio più parte del Pd ma di Italia Viva e con me ha firmato un esponente del M5S, allora davvero mi metterei a piangere per il livello dell’antipolitica. Ma non penso si possa arrivare a tanto. Come Italia Viva siamo tutti compatti a proseguire questa battaglia”.

Che rischia di risolversi a colpi di carte bollate: “Spero di no. Intanto, con il mio accesso agli atti, ho acquisito materiale dagli anni 90 ad oggi e devo dire che ho notato molte cose le quali, come pubblico amministratore, non potrò tacere interessando almeno la Corte dei Conti”.

“Non vorrei che il futuro del Caap sia deciso dal Tribunale mentre il Consiglio regionale non sa nulla. In questi ultimi quattro da parte della Regione ci sono state troppe cappellate sul Caap, proprio mentre si investiva bene sul settore agroalimentare” sostiene.

Ma continuano, durante la conferenza, a tenere banco le risposte della Casini: “Attenzione, perché se si interviene sul capitale della partecipata con rischio di erosione, allora si compie un vero e proprio danno erariale. Io sono intervenuto in Consiglio Regionale e in questo periodo proprio perché sia chiara la posizione di ognuno. Non vi è alcun termine scaduto che imponga la liquidazione e l’85% dei Centri Agroalimentari italiani è stato dichiarato strategico dalle regioni. Inutile poi che parlino di pareri legali: i pareri legali sono appunto tali, anche noi abbiamo pareri legali contrari a quanto detto dalla Casini, ma soprattutto ci sono sentenze passate in giudicato che fanno veramente giurisprudenza”.

Non lesina critiche, Urbinati, neanche al Collegio dei Revisori dei Conti né sull’organizzazione regionale che affida le partecipate non al settore bilancio ma a quello di competenza, nel caso del Caap Agricoltura.