Questa crisi di governo verrà ricordata di sicuro per le molte sorprese che genera quotidianamente. Una di queste è rappresentata dalla posizione del dimissionario Presidente del Consiglio ed ora in pista per il rinnovo della carica, Giuseppe Conte, che da settimane cerca di sostituire nell’immaginario collettivo l’immagine di un “Governo del Cambiamento”, con quella di un “Governo del Nuovo Umanesimo”. Un passaggio molto importante: da contratto precostituito a progetto di intervento culturale. Ma cos’è questo Nuovo Umanesimo? Cosa comporta di fatto questa presa di posizione?

Cominciamo col dire che l’esigenza di ragionare in modo nuovo attorno all’uomo, non è una invenzione del nostro Presidente. Papa Francesco nella sua enciclica Laudato sì parla esplicitamente di un Nuovo Umanesimo come orizzonte culturale da perseguire. Prima ancora Edgar Morin, tra i più importati filosofi e sociologi contemporanei, nel suo “Insegnare a vivere” definisce i termini di un cambio radicale nel sistema educativo che passi per un Umanesimo nuovo. Quindi questo concetto è nell’aria già da diversi anni e in diversi ambienti. Ma per capirne la portata concreta dobbiamo fare un passo indietro. E focalizzarci sull’Umanesimo, prima che sul suo rinnovamento.

Normalmente, quando parliamo di Umanesimo, ci riferiamo all’Umanesimo per antonomasia, e cioè a quello rinascimentale. Nonostante la complessità dell’epoca, ci sono alcuni tratti caratterizzanti, che appaiono fin dall’inizio del periodo rinascimentale e che rimangono per tutto il suo sviluppo. Essi sono, in breve:

1. Esaltazione della dignità e libertà dell’essere umano.

2. Riconoscimento dell’assenza di una “natura” umana stabile e definitiva. L’uomo è un essere libero che si auto-costruisce.

3. La concezione dell’uomo come “grande miracolo”, come un infinito che, in quanto microcosmo, riflette in sé tutte le proprietà dell’universo o macrocosmo.

Alla fine del Rinascimento, con la nascita e l’ascesa della scienza sperimentale (e non solo, ma per semplificare), l’essere umano perde la sua centralità e comincia ad essere interpretato come un fenomeno puramente naturale. L’uomo diventa una parte del tutto, non necessariamente la più importate. Un oggetto di studio accanto agli altri.

Nel XIX e XX secolo, con l’idealismo ed il positivismo, la parola umanesimo perde completamente il suo significato rinascimentale. Si parla ancora di Umanesimo, ma  il termine acquista nuovi significati. Le accezioni più importanti:  l’umanesimo marxista, quello cristiano e quello esistenzialista. Per Marx, l’uomo è un essere naturale reso umano dalla capacità di formare una società e cessa di essere umano quando la sua sociabilità naturale viene negata, come nella società capitalistica, dove il suo lavoro, che è un fatto sociale, gli viene sottratto ed è appropriato da una minoranza. Nell’umanesimo cristiano, l’umanità dell’uomo è data dai suoi limiti rispetto a Dio. L’uomo è umano perché è figlio di Dio. Nell’umanesimo esistenzialista, l’uomo non ha un’essenza determinata: l’uomo è un’esistenza lanciata nel mondo, e si costruisce attraverso la scelta.

La storia del XX secolo che affaccia al XXI cambia tutto. E fa crollare ognuno dei paradigmi precedenti sommariamente citati. La civiltà è sempre più caratterizzata da una sfrenata lotta al potere fine al potere stesso; l’uomo si contrappone all’uomo con ogni mezzo tecnologico possibile pur di conquistare un posto di primo piano nella catena di comando; l’aria che respiriamo è soffocata da una cappa sempre crescente di smog, le acque sono appestate da rifiuti e composti chimici, le differenze di distribuzione della ricchezza sono ormai insanabili e le ingiustizie sociali sono un dato di fatto quotidiano. Inoltre, il metodo di ricerca e conoscenza umano vede l’umanistica e la scienza ai due poli opposti e questo non aiuta a ragionare ad un cambiamento costruttivo.

In questo clima nasce da più parti la rivendicazione di un nuovo paradigma culturale. 

Un Nuovo Rinascimento e, quindi, un Nuovo Umanesimo che faccia considerare  l’uomo alla pari tra simili, e quindi tassello di condivisione del destino dell’intera umanità. Nuovo Umanesimo vuol dire non parlare più di singoli popoli, nazioni, Paesi, ma acquisire una  nuova autocoscienza, un approccio interdisciplinare alla conoscenza come strumento di ripristino dell’armonia tra uomo-uomo-natura. Un nuovo metodo educativo basato sul pensiero complesso che possa dare nuove possibilità ad un’umanità che sembra arrivata alla fine. Una rivoluzione attraverso un percorso antropologico per ricollocare l’uomo come membro di una comunità del destino. Riforme quindi radicali: nell’educazione, nell’istruzione, nell’ambiente, nella gestione dei rapporti internazionali, nell’economia. 

Tutto bellissimo. E necessario. Ma siamo davvero diventati pronti in una settimana?