SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Le Sezioni riunite in sede di controllo, in riscontro alla richiesta di pronunciamento di orientamento generale, avanzata della Sezione regionale di controllo per l’Umbria 19 con deliberazione n. 57/2019/PAR, ritengono che sia sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle “società a controllo pubblico”, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del d.lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile”.

Queste le poche righe di un pronunciamento, depositato lo scorso 20 giugno dalla Corte dei Conti centrale di Roma, potrebbero pesare come un macigno sul caso Picenambiente-controllo pubblico. In questa delibera, la numero 11 del 2019, la Corte dei Conti in pratica stabilisce che per definire una partecipata a controllo pubblico basta che le quote di maggioranza siano in mano a uno o più enti pubblici. O meglio, la corte qualifica il controllo pubblico come da definizione dell’articolo 2359 del codice civile (controllo in caso di maggioranza dei voti in assemblea o in caso di influenza dominante): c’è, dunque per la corte, controllo pubblico se uno o più amministrazioni hanno la maggioranza dei voti nel Cda.

Sembra proprio il caso di Picenambiente, rimessa sotto il controllo pubblico da una delibera del consiglio comunale sambenedettese dello scorso 15 dicembre che però è stata impugnata dalla stessa partecipata e dai suoi soci privati Deco e Econord Spa. Picenambiente, nel Cda, esprime 5 consiglieri (compresa la presidente Catia Talamonti) nominati dai soci pubblici e 4 nominati dai privati. Inoltre il 51% del capitale è in mano ai Comuni soci.

Insomma, il pronunciamento della Corte dei Conti potrebbe in qualche modo tracciare un solco. In ogni caso nulla è ancora deciso visto che il Tar Marche deve ancora esprimersi sul ricorso di Picenambiente che punta ad annullare la delibera del consiglio. La sentenza è attesa a giorni.

Del pronunciamento della Corte dei Conti parla anche il Sole 24 Ore in un articolo di Gianni Trovati dello scorso 22 giugno (clicca qui). 

Sull’intera questione, a San Benedetto, è poi nata una forte diatriba fra maggioranza e opposizione con alcuni consiglieri di minoranza che avevano accusato a gennaio il centrodestra di non volere davvero il controllo pubblico della partecipata (in un esposto alla Procura avevano parlato di finzione) nonostante quella delibera fu votata all’unanimità dall’assise. Lo scontro era già iniziato a dicembre in realtà, prima dell’approvazione della delibera quando la consigliera di Articolo Uno Flavia Mandrelli riportò la seguente circostanza (clicca qui) , avvenuta durante la commissione consiliare antecedente il voto sul controllo pubblico del 15 dicembre: Durante la commissione consiliare che ha preparato il consiglio al voto su questa delibera l’assessore Andrea Assenti ha proposto di modificare l’atto in base a un parere privato ottenuto da Picenambiente che afferma che la società non sarebbe a controllo pubblico”.