SAN BENEDETTO DEL TRONTO – A San Benedetto, a partire da questo week end e fino ad agosto si raccoglieranno le firme per il  progetto di legge del comitato Rodotà per i Beni Comuni. Del comitato recentemente formatosi a San Benedetto fanno parte, fra gli altri, Flavia Mandrelli e Rosaria Falco fra i consiglieri comunali ma anche il segretario di circolo di Articolo Uno Riccardo Morelli nonché Gabriele Marcozzi di Rifondazione Comunista e Giorgio Mancini, ex Sinistra Italiana.

L’argomento è piuttosto complesso e riguarda, principalmente, un tentativo di riforma del codice civile italiano fatto nel 2007 con l’istituzione della c.d. “Commissione Rodotà” presieduta proprio dal compianto giurista italiano scomparso nel 2017 Stefano Rodotà. La commissione era incaricata di redigere uno schema di disegno di legge delega per la riforma delle norme del Codice Civile sui beni pubblici e nella pratica mirava, come spiega Riccardo Morelli,  “a istituire nel codice civile una terza categoria che sorgesse fra i beni pubblici e i beni privati, ovvero i beni comuni che sono una concezione che rovescia il paradigma comune perché privilegia la destinazione del bene piuttosto che il suo valore di scambio”. Nella pratica questi beni, qualora ricondotti nella categoria non sarebbero assoggettati al prezzo poiché considerati fondamentali per la vita o per gli interessi di una comunità. Talvolta si fanno rientrare in questo concetto anche il consumo del suolo o delle acque ma anche beni come edifici a destinazione sociale o di valore storico.

L’idea di riformare in questo modo il codice civile era anche nata per tramutare in legge una previsione della Costituzione Italiana mai tradotta nella parte in cui, all’articolo 42 sulla proprietà, ne prevede una funzione sociale (“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”).

Nel 2010, poi, il disegno di legge fu presentato in Senato senza però essere mai discusso e dà lì in poi intrecciò il suo destino con i referendum abrogativi del 2011, salvo però essere dimenticato nella concezione con cui venne spinto dal 2007 con la commissione Rodotà. Dopo la morte del giurista nasce dunque il comitato Rodotà, su impulso del vice presidente di quella commissione, il giurista Ugo Mattei: l’intento era riproporre il disegno sui beni comuni come legge a iniziativa popolare che necessita, ex articolo 71 della Costituzione, di 50 mila firme. Ad agosto scade il tempo per raccoglierle ed ecco quindi il motivo per cui anche a San Benedetto è nato il comitato per i Beni Comuni.

Diversi i riferimenti anche alla realtà locale che i membri del neonato comitato hanno fatto. Per esempio Flavia Mandrelli:  “Un esempio calzante è la ex scuola media Curzi venduta per fare cassa” chiosa Mandrelli.  “Se fosse stata inserita in un elenco di beni comuni quella scuola poteva essere venduta a un privato ma la sua destinazione doveva restare culturale, sociale o di formazione”. Dello stesso avviso anche Gabriele Marcozzi di Rifondazione Comunista: “E’ lo stesso discorso per la Caserma Guelfa, su cui non si riesce a intervenire perché è un bene privato nonostante abbia oggettivamente una funzione sociale e storica per Porto D’Ascoli”.