SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Chi passeggia sul porto e passa dalle parti dello scalo turistico ormai lo riconosce: “Ti ho visto in televisione, sulla Rai, sei stato bravissimo”. E’ ormai diventata una sorta di celebrità Nazzareno Rossi, detto Zeno, ex pubblicitario che ha lasciato il suo lavoro per vivere lì, in mare, sei mesi all’anno. Lui sorride, ricambia i saluti e mantiene la sua invidiabile calma serafica.

La storia di Zeno è stata raccontata in maniera magistrale dal regista sambenedettese Luigi Maria Perotti, nel programma di Rai5 “Di là dal fiume e tra gli alberi”. Una puntata incentrata sul porto di San Benedetto e i suoi personaggi, andata in onda il 17 marzo e che ha riscosso molto successo di pubblico.

Qui è possibile rivedere il documentario

Ecco il bellissimo documentario sul Porto di San Benedetto andato in onda su Rai5

Zeno vive sei mesi all’anno in una barca ormeggiata sulla banchina del porto turistico e vende esche per la pesca sportiva. E’ un intellettuale, cultore del mare. Ha scoperto che tra i relitti presenti nei cantieri navali c’è una nave con una storia particolare,  appartenuta a Maria Callas. Il suo obiettivo è rimetterla in mare ed organizzare un tour del Mediterraneo con a bordo cantanti di opera lirica per farli esibire in tour nei porti più importanti.

Riviera Oggi ha incontrato Zeno, nella sua casa-barca Elisa II.

La “celebrità” ti ha cambiato?

“Ma che celebrità! (n.d.r. ride). Ovviamente sono rimasto me stesso, mi fa piacere che molte persone ora mi riconoscano e mi facciano complimenti ma i veri ringraziamenti devono andare a Luigi Maria Perotti che ha realizzato un bellissimo documentario sul porto, ho visto la puntata ed è stata davvero bella. Al regista sambenedettese devono andare principalmente i complimenti”.

La tua storia è particolare. Già che un ascolano si innamori del mare…

“Lo so, è una scelta di vita insolita per un ascolano. Sono comunque sempre stato innamorato della pesca, ad Ascoli la praticavo tantissimo lungo il fiume Tronto. A San Benedetto capitai un po’ per caso e ormai da vent’anni vivo qui e sono innamorato anche del mare. Ero un pubblicitario e avevo girato il mondo lavorando per molti marchi noti. Ad un certo punto è venuto a mancare lo stimolo per andare avanti. La comunicazione è cambiata, è diventata più digitale. Sentivo che nonostante un buon lavoro mi mancava qualcosa. Soffrivo anche le discussioni che avevo, in ambito lavorativo, con le nuove generazioni. La passione per il mio lavoro si stava esaurendo. In mare ho riscoperto il piacere di vivere e ho unito l’utile al dilettevole dedicandomi alla pesca sportiva e alla creazione di nuove esche”.

Quali sono i pro e i contro della tua scelta di vivere in mare?

“Vivo in mare da aprile a settembre mentre da ottobre a marzo abito in una casa al centro. I vantaggi sono tantissimi, in primis che ti senti più vero. In mare sento la concretezza, vivere a pieno ogni emozione. Prima mi basavo molto su concetti, strategie e questo rendeva le cose abbastanza astratte. Quando sono in mezzo al mare vedi la natura, l’essenza della vita e capisci cosa è vero e cos’altro no. L’unico rimpianto è che prima incontravo molte persone, avevo parecchie finestre sul mondo ma credo che sia una conseguenza normale della mia scelta. E’ un po’ anomalo che ho scelto il mare per fermarmi, lo ammetto, ma non sono affatto pentito”.

Il porto di San Benedetto con il tempo è cambiato.

“Vent’anni fa lo scalo era un punto centrale della città. Alla fine il centro e tutto quello che ne è comportato è nato grazie alla creazione dell’area portuale. Si nasceva e cresceva dentro il porto, basti pensare a tutte le famiglie sambenedettesi che hanno tradizioni marinare. Purtroppo, e probabilmente anche a causa del progresso, sono venute a mancare le nuove generazioni dato che in molti non hanno voluto emulare padri, nonni e parenti che hanno vissuto il mare. Ho la sensazione che i giovani di oggi non comprendano appieno cosa significa il porto per San Benedetto e i suoi cittadini. Un’identità un po’ smarrita. E anche le istituzioni devono stare attente a non trascurare le problematiche dell’area portuale”.

Tu hai un pensiero sul come ridare nuova linfa allo scalo.

“Bisogna rivalutare il concetto di porto, renderlo più moderno e innovativo. Rendere lo scalo un qualcosa di unico e caratteristico sia sotto l’aspetto industriale che della pesca. Forse non è chiaro a tutti la grande forza che ha un’area portuale che dista a pochi passi dal centro abitato. Pescatori, amministrazioni ed Enti devono avere il coraggio di guardare avanti e pensare che il futuro è fatto di cambiamenti e innovazioni che all’inizio possono spaventare ma che sono necessari per la sopravvivenza e rinascita di un luogo simbolo come il porto che, appunto, moltissimi anni fa era tra i più importanti d’Italia”.

Ti chiediamo, infine, di spiegare a coloro che magari vogliono emularti cosa significa vivere il mare.

“Innanzitutto abbiamo la fortuna di avere un porto a pochi passi dal centro abitato. Inoltre era normale a San Benedetto vivere in mare. Come ho detto prima, molte famiglie sambenedettesi hanno origini marinare e vivevano ogni giorno, per lavoro, al largo della città e prima di fare rientro sulla terraferma, dai propri cari, passavano anche mesi. Vivere in barca è come vivere in casa, ovviamente c’è gran fascino nel sentirsi fuori dai giochi. Si può trovare anche un equilibrio, proprio come è successo a me”.