
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Una riunione fiume è andata in scena nel pomeriggio di oggi in contrada Monte Renzo, la sede di Picenambiente. La partecipata dei rifiuti, infatti, dalle 15 e 30 ha riunito il suo CdA.
Tra i punti all’ordine del giorno c’era ovviamente anche la battaglia legale messa in piedi dalla ditta contro il Comune di San Benedetto, battaglia per l’annullamento della delibera consiliare dello scorso 15 dicembre che inquadrava, nei meandri della legge Madia, la società come a “controllo pubblico”.
Picenambiente, lo dissero a RivieraOggi (clicca qui) gli amministratori Leonardo Collina e Catia Talamonti, non è d’accordo con questo inquadramento in quanto il pacchetto azionario in mano ai Comuni (il 50,41%) per i due dirigenti non si è mai comportato, guardando le presenze e i voti storici nelle delibere assembleari, come se avesse il controllo. Questo, sempre per la lettura che Talamonti e Collina diedero alla nostra redazione, in assenza di patti parasociali (praticamente un contratto scritto fra i soci pubblici) della parte pubblica sarebbe dirimente per i parametri che in una circolare interpretativa della legge Madia ha fornito, un anno fa, il Ministero dell’Economia.
Il CdA ha dunque fatto un warm-up in vista di quella che sarà la data decisiva per capire se Picenambiente va controllata dai comuni oppure no: quella dell‘8 maggio prossimo quando ci sarà l’udienza nel merito al Tar di Ancona. Nel frattempo la questione, anche se non strettamente afferente alla società stavolta, si è anche “sdoppiata” e il 22 febbraio finirà sul tavolo del giudice del lavoro a cui si è rivolta la presidente Catia Talamonti in seguito alle questioni di presunta incompatibilità sollevate circa il suo doppio incarico di dirigente pubblica e presidente della partecipata. In entrambi i procedimenti il Comune di San Benedetto sarà difeso dall’avvocato Alessandro Lucchetti, che ieri, con un atto riportato anche dal sito del Comune, ha deciso di assumere il secondo incarico gratuitamente.
Riguardo la sua presunta incompatibilità, Catia Talamonti aveva parlato qualche giorno fa:
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I due amministratori (ma non credo che la Talamonti sia rappresentante legale della Picenambiente) giocano con il fuoco. In una situazione in cui l’azionista pubblico è anche cliente della società, il coltello dalla parte del manico è tutto della politica! Se l’azienda non risultasse più a controllo pubblico gli affidi “in house” potrebbero terminare ed in un attimo si potrebbe mettere tutto a gara e vedere se il servizio della Picenambiente sia davvero competitivo. Se la Picenambiente rimanesse senza cliente cosa succederebbe? Bancarotta?
A me stupisce molto il comportamento di chi, in vesto di dirigente pubblico si premura più di fare gli interessi dell’azionista privato che dell’azionista pubblico di cui è rappresentante. Questa credo sia la stortura principale da sanare rimuovendo subito chi non è allineato agli interessi di chi dovrebbe rappresentare.