Come leggere il grafico: presentiamo arrivi e presenze turistiche a San Benedetto dal 2000 al 2018 (mancano i dati del 2016). I dati si riferiscono alle sole presenze alberghiere. Sulla base dei dati presenti nella Relazione sullo Stato dell’Ambiente del Comune di San Benedetto il numero di alberghi passò dai 104 del 2000 ai 96 del 2002, e complessivamente il numero delle strutture turistiche scese da 131 a 124. Nello stesso periodo il numero di posti letto negli alberghi passarono da 7.141 (8.234 con residence e camping) a 6.529 (7.494 in totale). Non disponiamo di dati successivi.

I dati del 2018 sono stimati sulla base della proiezione del periodo gennaio-ottobre 2018 e necessiteranno di una ulteriore precisazione ufficiale.

 

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ci concentriamo sui dati delle presenze negli alberghi e nelle strutture ricettive, in quanto più attendibili nel medio periodo e meno soggetti a variazioni statistiche non verificabili, anche se sappiamo che c’è una grande quantità di flussi turistici diretti verso gli “esercizi complementari” (quasi un terzo del volume turistico alberghiero nel 2015) oltre che nel mare difficilmente valutabile delle seconde case (secondo le stime Isnart nel 2012 valevano da sole 920 mila presenze).

Ma basta guardare l’andamento delle presenze nel settore alberghiero sambenedettese (presto ci dedicheremo anche a Grottammare e Cupra e non solo) per comprendere come il disastro avvenuto nel 2016, con la sua scia di morte e distruzione, sia ancora adesso una ferita che colpisce il turismo della Riviera delle Palme e del Piceno tutto.

Tra il 2015 e il 2017 San Benedetto ha perso oltre il 15% delle presenze alberghiere; e non può rallegrare che il confronto 2015-18 segni -13,9% (una nostra stima spalmando i dati gennaio-ottobre su tutto l’anno). Anzi: bisognava aspettarsi molto di più, nell’anno dell’ipotetica rimonta. Il sindaco di San Benedetto Pasqualino Piunti parla del 2019 come anno in cui il divario creato dal terremoto sarà colmato: c’è da augurarselo ma sembra un’impresa.

Qui non bastano le buone volontà del Comune o dei Comuni: ma serve che Regione Marche e i parlamentari piceni facciano pesare il proprio ruolo. Ricordiamo che la Riviera Picena sta pagando più di altri gli effetti del terremoto sia in termini diretti sia per i disservizi provocati dagli effetti sulla viabilità: difatti nel 2017 e 2018 tutto il flusso proveniente dall’Umbria è stato bloccato, e San Benedetto non è più lo sbocco diretto all’Adriatico.

Ecco che non serve, oggi, finto politichese. Ci riferiamo ad esempio all’assessore regionale Pieroni e al presidente Ceriscioli, che hanno diffuso una nota parlando di presenze da record nel 2018, quando poi una nostra banale analisi ha dimostrato come i dati siano invece indicatori di una crisi turistica regionale senza precedenti; ci riferiamo al sindaco Piunti, che ha fatto riferimento alla crisi economica, quando già il 2016 era stato definito anno record per il turismo italiano e nei due anni seguenti i flussi sono ancora aumentati: la crisi economica non può essere concentrata in due regioni. Infatti soltanto Marche e Umbria, colpite dal sisma, hanno un andamento contrario rispetto al resto delle regioni italiane.

Serve anche che le parole ad esempio spese oggi dal Sottosegretario alla Ricostruzione Vito Crimi (M5S), non restino tali ma diventino presto la base per il ripristino di condizioni paritarie per affrontare la concorrenza turistica sia internazionale che nazionale. E in questo sarà opportuno che la ricca componente parlamentare picena, tutta attiva in ambito di maggioranza e mai, storicamente, così numerosa, riesca a convincere il governo che qui, nel Piceno, ci sono bisogno di fatti. Il prima possibile.

QUANTO? In termini assoluti, perdere 110 mila presenze in tre anni, ad una spesa media di 80 euro al giorno (pernottamento più spese extra albergo) equivale a quasi 9 milioni di euro di fatturato perso solo per le presenze alberghiere. Il dato, spalmato su tutte le tipologie di presenze (esercizi complementari ma anche seconde case), anche ad una spesa media giornaliera inferiore, equivale a 12-15 milioni di fatturato in meno in tre anni.

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