SAN BENEDETTO DEL TRONTO – E sì, bisogna dargli atto, all’ex sindaco Gaspari, che ci faceva arrabbiare. Soprattutto con il suo schema di non-partecipazione, interrotto talvolta (ricordo un’idea interessante all’Agraria nel suo primo mandato) ma sostanzialmente immutato. L’ex sindaco Gaspari aveva mutuato la non-partecipazione dalla scuola delle lunghe orazioni in pubblico e magari da come il suo predecessore, Paolo Perazzoli, a cui fu vicesindaco, gestiva le folle negli Anni Novanta. Gli incontri, quando c’erano, erano formali e non sostanziali con la differenza che mentre Perazzoli decideva e se tutti erano d’accordo o contrari poco cambiava, Gaspari non decideva quasi mai, così tra chi era d’accordo e chi era contrario, alla fine, tutti erano scontenti o per il rischio della novità o per il suo mancato arrivo.

Ma con Piunti, adesso? Io sono residente in via Golgi quindi conosco molto bene la situazione della ex Scuola Curzi. Il mio primo anno di scuola elementare l’ho svolto lì, e il primo giorno di scuola lo feci di pomeriggio, perchè ci si alternava, un mese ciascuno, noi e i ragazzi delle medie, tra mattina e pomeriggio. La scuola Bice Piacentini non esisteva ancora. Poi tornai alle Curzi per le scuole medie.

Come residente in via Golgi, anche se formalmente del quartiere Marina di Sotto e non di Sant’Antonio (zona che comprende la scuola in questione), non mi è stata mai comunicata l’ipotesi di vendere la scuola, e neppure, ma forse chiediamo troppo rispetto a quello che avviene, nessuno ha mai deciso di ascoltare i cittadini per creare un bel confronto sociale e culturale su quale tipo di uso dovremmo preferire per quello spazio.

Il Comune ha fatto tutto da solo, nelle segrete stanze: come ai tempi di Gaspari e forse peggio. Ha deciso di mettere in vendita un edificio che ha anche una sua sufficiente valenza architettonica oltre che storico-sociale, per fare cassa. Non ha aperto alcuna discussione pubblica nè politica: non so se i partiti e le liste che compongono la maggioranza siano oggi partiti o liste civiche vere e proprie o semplici soggetti che si sono formati prima delle scorse elezioni e che adesso dipendono in tutto e per tutto dalle decisioni dei rappresentanti presenti in giunta o in consiglio. Da quel che so, la decisione della vendita della Curzi è stata presa dallo stretto gruppo di soggetti che compongono la giunta comunale, legittimati dal voto cittadino a governare la città ma anche all’ascolto necessario prima di prendere decisioni fondamentali per il suo futuro.

Non mi sembra, intendo, che vi siano state valutazioni alternative approfondite in Forza Italia, Fratelli d’Italia, Siamo San Benedetto, o la Lega. E questo sarebbe stato già un primo grado di partecipazione. Non ci sono stati coinvolgimenti dei comitati di quartiere Sant’Antonio e Marina Centro, e questo sarebbe stato il grado di partecipazione più banale da attendersi.

Non sono stati ascoltati portatori di interesse che potevano dare indicazioni interessanti sull’uso di uno stabile di quel livello: associazioni di anziani, di giovani, musicali, culturali, ambientaliste, persino sportive. O ampliare il discorso coinvolgendo gli altri quartieri per dar loro una sede fissa di confronto. O balenare, come s’era fatto superficialmente in passato, lo spostamento del corpo di Polizia Municipale che oggi si trova in una sede inopportuna per tanti motivi. Rendere la scuola Curzi una sede funzionale ad esposizioni artistiche, a sala prove per i gruppi musicali, alle associazioni che si impegnano nel teatro, a ludoteca per i bambini, a luoghi per piccoli concerti come è stato per altro per tanti anni, a presentazioni di libri. E sarebbe stato un livello di partecipazione ideale che una città come San Benedetto avrebbe meritato.

Ma c’è di più.

Si poteva arrivare a coinvolgere gli ordini professionali, a partire dagli Architetti ma non solo, per un ripensamento professionale dell’area, senza nuove volumetrie, applicando un banale bando di idee che non vincola l’Amministrazione Comunale ma almeno immette nel dibattito cittadino ossigeno fresco e riflessioni.

Niente di tutto questo.

L’Amministrazione Piunti ha deciso altro: vendere la scuola, fare cassa, abbatterla e farci costruire appartamenti, nell’area già adesso più densamente abitata dell’intera Regione Marche. Una soluzione palazzinara, da anni Settanta, che vedrà la luce (in caso di parere affermativo della commissione, cosa che ancora non è avvenuta) nel terzo decennio del Secondo Millennio. Ce ne renderanno conto.

Ora, e ci si scusi la prolissità ma si tratta di argomenti ampiamente riflettutti e con forza battagliati dal sottoscritto durante la precedente giunta, l’incasso previsto dalla vendita della Curzi servirà a finanziare il nuovo lungomare. Non entro nel merito dell’impiego di questi soldi.

Entro nel merito del progetto del lungomare. La polpetta avvelenata della giunta Gaspari ai successori fu proprio il progetto già definito e già finanziato, ma non realizzato, del nuovo lungomare. Gaspari vincolò i primi 400 metri nord. Piunti si è trovato con un bando chiuso e, purtroppo o costretto com’era, ha soltanto dato seguito alle decisioni prese da altri. Invano tentai, con altri di ampliare il tema di una mera e doverosa riqualificazione dell’esistente al ripensamento complessivo della fruizione turistica di San Benedetto e quindi della città tutta. Il nuovo lungomare doveva tirare il resto della città, invece siamo qui a tagliare dei nastri per la modifica di una pavimentazione.

Il problema, dopo due anni e mezzo di governo cittadino, è che stiamo vendendo uno spazio che potrebbe avere finalità pubbliche importantissime per finanziare un intervento di cambiamento di mattonelle. Quello che Gaspari decise dopo dieci anni, Piunti sosterrà allo stesso modo. E se Gaspari organizzava sterili riunioni di non-partecipazione coi cittadini, Piunti non sta organizzando neanche questo.

Il progetto c’è, il popolo sarà contento, perché farli discutere? Perché rischiare che i cervelli inizino a pensare? Perché trovarmi proteste, scontrosità social, quando se tutto va bene farò la stessa cosa che farei senza ascoltare nessuno?

Ma qui si arriva al punto più dolente. San Benedetto sta morendo. E sta morendo proprio dal punto di vista culturale, della reazione sociale, della capacità di unire forze e mentalità diverse per giungere ad una sintesi, ad un pungolo delle forze politiche di maggioranza. Sta morendo perché manca del tutto chi riesca a portare una idea di gestione alternativa, chi, fuori dalle istituzioni, si manifesti come un controllore esigente e chieda un innalzamento della pratica politico-amministrativo.

Eppure fino a pochi anni fa questa era una città in grado di manifestare ancora una certa reattività, pur confusa in molte occasioni, ma non fa niente quando si danno segni di vitalità. Torniamo all’opposizione non solo politica ma anche, proprio, civica rispetto alla Megavariante urbanistica della Giunta Gaspari (2010) e anche rispetto alla centrale di stoccaggio del gas all’Agraria (2011) attorno al quale si attivarono tante forze ed energie.

E adesso? Niente, nulla. Tabula davvero rasa.

Così una città muore perché diventa incapace di reagire e di pensare al proprio futuro.

Così chi gestisce una città deve correre il rischio anche di provocarla (in buonafede e a fin di bene) indicando piani di riflessione più alti e lontani, per scuoterla e scoprire un tessuto vivo che è un patrimonio che va oltre la prossima tornata amministrativa.

Altrimenti, accontentiamoci dei cinquecento candidati consiglieri comunali nel 2021, una parodia della democrazia rappresentativa che fu.