SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Un dubbio amletico sta assalendo San Benedetto in questi giorni. Il Comune, e con esso anche gli altri 28 soci pubblici, hanno il diritto di controllo nel Cda della Picenambiente? All’apparenza la risposta potrebbe sembrare scontata se partiamo dal presupposto che il capitale dell’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti è per il 50,41% di proprietà del pubblico, mentre il resto è detenuto da tre soci privati (Eco Nord, Deco e Seab).

CONTROLLO PUBBLICO. In realtà, però, quello che è successo in consiglio comunale sabato scorso disegna attorno alla partecipata un quadro che, tuttora, resta piuttosto complesso. Con la delibera votata dall’assise, viale De Gasperi ha approvato un documento che sostiene che la società sia “a controllo pubblico” riconoscendo l’obbligo, in capo a Picenambiente, di cambiare il suo statuto.  Perché si è reso necessario questo passo? Perché la società si considera a partecipazione pubblica ma “non di controllo” in quanto, e qui vi riportiamo un passo della definizione che Picenambiente da di sé stessa sul suo portale online, “le partecipazioni detenute dal pubblico non sono idonee a determinare una situazione di controllo legale. Infatti, ai sensi dell’articolo 29 dello statuto, Picenambiente uniforma la propria attività ai principi dell’economia di mercato e dell’interesse di società e soci”.

LEGGE MADIA E CORTE DEI CONTI. La delibera del Comune di San Benedetto, che potrebbe essere seguito a ruota anche dagli altri comuni piceni che vantano partecipazioni in Picenambiente, è un’interpretazione del decreto legislativo 175 del 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica o altrimenti “Tusp”) che attua la famosa “Legge Madia”. La delibera di sabato, che è corroborata nei contenuti da una deliberazione della Corte dei Conti della Liguria e da un orientamento scritto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del febbraio scorso, punta dunque all’adeguamento della struttura della società alla legge, adeguamento che in realtà sarebbe dovuto avvenire già entro il 31 luglio del 2017, termine indicato dallo stesso decreto. Nello stesso senso, su Picenambiente, si è espressa anche la Corte dei Conti delle Marche a fine novembre scrivendo al Comune di Grottammare, come San Benedetto socio pubblico della Spa. La delibera di sabato, però, non va a toccare solo la questione del controllo legale ma anche il Cda e il ruolo del presidente.

UN PRESIDENTE INCOMPATIBILE? Con lo stesso atto, infatti, il comune pretende da Picenambiente anche l’adeguamento ai commi 3 e 8 dell’articolo 11 dello stesso Tusp. Quindi da un lato la società dovrebbe ridurre il suo Cda, attualmente costituito da 9 persone, a 3 o 5 membri. Dall’altro lato, poi, si chiede che Picenambiente rimuova l’incompatibilità che investirebbe la sua presidente Catia Talamonti la quale, oltre a essere a capo della partecipata, è anche un dirigente del comune di San Benedetto (per il comma 8 gli amministratori delle società a controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti”). Il doppio ruolo di Talamonti, così come la governance di Picenambiente, in passato, è stato oggetto di discussioni stimolate sia dalle forze in consiglio a San Benedetto, per esempio Giorgio De Vecchis, che esterne come Peppe Giorgini del M5S (CLICCA QUI). 

PARLA MANDRELLI. Ma a infiammare la votazione di sabato sulla delibera sono stati principalmente gli antefatti del consiglio comunale. A ricostruire quello che è successo ci aiuta, sentita al telefono, la consigliera comunale Flavia Mandrelli (Articolo Uno), un’altra che, a colpi di interrogazioni, negli ultimi mesi si è occupata a lungo di Picenambiente. “Durante la commissione consiliare della scorsa settimana che ha preparato il consiglio al voto su questa delibera l’assessore Andrea Assenti (che detiene la delega alle società partecipate) ha proposto di modificare l’atto in base a un parere privato ottenuto da Picenambiente che afferma che la società non sarebbe a controllo pubblico” racconta la consigliera “ma grazie alla nostra attività di controllo e a una posizione ferma abbiamo presentato in consiglio la delibera originale” chiosa Mandrelli che si dice pure “soddisfatta per un atto a tutela dei cittadini sambenedettesi che pagano ogni anno tasse elevate sui rifiuti e che meritano che il servizio sia svolto da una società che si adegui ai dettami della legge”.

LA LETTERA DI TALAMONTI. Altre dichiarazioni della Mandrelli, riportate sabato mattina dal Resto del Carlino, avevano agitato ulteriormente le acque. La consigliera, infatti, ha parlato al quotidiano di “conflitto di interessi” attorno a una lettera che giovedì scorso, a due giorni dal consiglio, proprio la presidente di Picenambiente Catia Talamonti aveva recapitato a tutti i consiglieri, scrivendo però in un’altra sua veste: quella di Vice Segretario Comunale di San Benedetto. Nella missiva Talamonti definiva la delibera che da lì a poco sarebbe finita sui banchi d’assise, carente di alcune verifiche tecniche necessarie per definire Picenambiente a controllo congiunto dei suoi 28 soci di parte pubblica. A sostegno della tesi, infatti, la ditta è in possesso del parere di cui parla Mandrelli, stilato della società di consulenza Lothar Srl di Formigine (Modena). La dirigente definiva in ultima analisi nella sua lettera l’atto illegittimo e da adeguare, eventualità quest’ultima però allontanata dal muro che, nella circostanza raccontata da Mandrelli, hanno eretto dall’opposizione.

La partita, non l’unica fronteggiata in questi mesi dalla società investita dal “caso macerie” e assorbita da un complicato tavolo con i sindacati rappresentanti dei suoi operai, potrebbe non essere finita. La decisione di San Benedetto, infatti, rischia di trasferirsi nelle aule dei tribunali visto che, da quanto appreso, il Cda di Picenambiente starebbe valutando se impugnare la delibera di sabato dinanzi al Tar.

Questa sera alle 15.30 si svolgerà il Consiglio di Amministrazione di Picenambiente che tra le altre cose potrebbe decidere di impugnare l’atto del Consiglio Comunale di San Benedetto.