SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dietro al gesto del folle piromane, bloccato il 7 agosto, che per oltre un anno ha creato scompiglio in Riviera con i roghi di molte vetture ci sarebbero varie motivazioni.

Piccole rivalità, gelosie, mancati pagamenti per lavori fatti, offese ricevute, piaceri fatti a qualcun altro. Tutto ciò avrebbe indotto un 39enne di origine albanese naturalizzato italiano ad appiccare numerosi incendi ad autovetture.

L’uomo è stato fermato arrestato dopo una complessa attività investigativa della Squadra Mobile della Questura di Ascoli Piceno. La Procura ascolana gli contesta nove incendi ad altrettante automobili.

Alla sua individuazione si è arrivati grazie anche al lavoro dei carabinieri del nucleo investigativo, del Norm e degli agenti del commissariato sambenedettese che hanno preso parte nel tempo alle indagini della squadra mobile coordinate dal procuratore capo di Ascoli Umberto Monti e dal sostituto Mara Flaiani.

Già da qualche mese l’uomo era nel mirino degli inquirenti. Dopo la perquisizione della sua abitazione gli incendi non si erano più verificati.

In principio le indagini furono espletate dalle Forze di Polizia sul territorio in maniera disgiunta, trattando ogni singolo episodio come a se stante. In seguito il fenomeno si riproponeva assumendo le caratteristiche della serialità, considerato che tutti gli eventi successivi assunsero delle comuni caratteristiche: infatti tutte le auto bruciate venivano innescate con una particolare tecnica che provocava la totale distruzione del mezzo, alcune delle quali parcheggiate, a ridosso di abitazioni con notevole pericolo di propagazione letale delle fiamme, tanto che si iniziò ad ipotizzare per alcuni eventi il più grave delitto di incendio aggravato.

Compresa la gravità del fenomeno, il Prefetto di Ascoli Piceno, nel corso di alcuni Comitati di Ordine e Sicurezza Pubblica appositamente convocati, fece il punto della situazione riunendo ad un tavolo comune i vertici della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, incentivando l’azione di prevenzione svolta nel quotidiano controllo del territorio per porre un freno ad un fenomeno che aveva iniziato ad allarmare i cittadini ed i mass media locali, nonché a scuotere non poco l’opinione pubblica.

Contemporaneamente la Procura di Ascoli Piceno “accese un faro” sugli eventi, tanto che lo stesso Procuratore Capo, Umberto Monti, ha deciso di gestire in prima persona le indagini, coordinando un “pool”, insieme al  Sostituto Mara Flaiani, considerato anche il numero degli eventi incendiari da gestire. Si stabilirono le azioni operative da intraprendere, tra cui la più urgente da attuare fu quella di spezzare la catena di incendi in corso: il personale della Squadra Mobile di Ascoli Piceno, del Commissariato di San Benedetto del Tronto e i militari della Compagnia Carabinieri di San Benedetto del Tronto e delle Stazioni Carabinieri della zona costiera iniziarono congiuntamente pattugliamenti misti atti a monitorare il territorio di San Benedetto del Tronto, teatro degli eventi, in maniera capillare nell’arco delle 24 ore, azione che si dimostrò sin da subito vincente, considerato che da quel momento si interruppero gli incendi delle autovetture. Al notevole sforzo sul territorio condotto dalle due Forze di Polizia affiancate, fu abbinato ad una pari attività investigativa finalizzata a dare un volto e un nome all’autore degli incendi che, fino a quel momento, avevano interessano decine di vetture bruciate.

Secondo le direttive della Procura di Ascoli, sono stati sviluppati in parallelo mirate attività d’indagine.

In particolare:

la Squadra Mobile di Ascoli Piceno, sviluppando un input info-investigativo fornito dal Commissariato di San Benedetto del Tronto, attivava una serie di attività tecniche nei confronti di un italiano di origine albanese, sospettato di aver appiccato il fuoco perlomeno ad una decina delle auto distrutte dalle fiamme;

la Compagnia di San Benedetto del Tronto con le Stazioni Carabinieri dipendenti, avuta condivisione dell’attività svolta dalla Polizia di Stato, ha contributo svolgendo mirati servizi di controllo dell’indagato, monitorato in maniera discreta ed incessante dagli investigatori per tutto l’arco della giornata, notte compresa;

Le risultanze investigative acquisite, confluite in una dettagliata informativa conclusiva, hanno convinto la Procura di Ascoli Piceno della responsabilità dell’indagato: un 39enne cittadino italiano di origine albanese, residente a San Benedetto del Tronto, disoccupato, tanto che il Procuratore Capo Umberto Monti ha richiesto al Gip Annalisa Giusti una misura cautelare restrittiva a suo carico, eseguita nella giornata di ieri, 7 agosto, dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri, a coronamento dei notevoli sforzi investigativi ed operativi esplicati congiuntamente.

“L’attività non si ferma certamente con l’arresto citato, ma continua per stabilire con certezza la penale responsabilità dell’indagato anche in ordine ad ulteriori episodi incendiari – si legge in una nota congiunta di Carabinieri e Polizia – Si evidenzia che tale importante risultato, raggiunto con uno sforzo enorme in termini di risorse ed energie, è stato possibile  proprio grazie all’intervento sinergico di tutte le forze di Polizia operanti sul territorio, con il sapiente coordinamento e direzione della Procura della Repubblica, segno tangibile della compattezza e forza delle istituzioni nella provincia ascolana”.