SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Conosciamo John da diverso tempo qui a Riviera Oggi. Una o due volte a settimana si presenta nella nostra redazione, poggia la sua borsa sulla scrivania e tira fuori l’ultimo ritrovato tecnologico cinese, che sia una lampada da tavolo a pile, un mini ventilatore o magari un paio di cuffie senza fili. Mi ha sempre strappato un sorriso il suo modo di fare, il modo di contrattare di chi è avvezzo alla professione e ne ha imparato i gesti. Di chi vuole apparire spigliato ma allo stesso tempo dà l’idea di essere un po’ goffo e ingenuo.
John ha 38 anni, viene dal Ghana e fa il “Vu’ Cumprà”, questo ormai l’avrete capito. Delle persone come lui si fa un gran parlare negli ultimi tempi. Il piano di Salvini, “Spiagge Sicure”, li vuole allontanare dai nostri ombrelloni e dalle nostre vacanze. Questione di concorrenza sleale verso tutti quei commercianti regolari che le tasse le pagano, a differenza di John. Si fa un gran parlare delle persone come John in questi ultimi tempi, ma le persone come John non parlano mai. Così ho deciso di sedermi e sentire la sua storia e l’ultima volta che è venuto da noi gli ho chiesto un’intervista. Ha accettato subito. “No problem for me boss, let’s talk”.
Si è presentato un sabato pomeriggio dopo una giornata di lavoro sulla spiaggia. Era diverso dal solito e quasi non lo riconoscevo. Camicia rosa slavata, pantaloni lunghi stile militare e a completare il look un paio di occhiali da sole e delle ciabatte della Nike. Si notava che si era vestito e profumato apposta per venire a fare l’intervista. Abbiamo parlato, in inglese. Perché John è in Italia da tre anni e si esprime abbastanza bene nella nostra lingua ma per certe cose l’inglese è meglio. “I’m more confident”.
Ciao John. Per prima cosa dicci dove sei nato, cosa facevi prima di partire per l’Italia e perché hai lasciato il tuo paese
“Sono nato a Kumasi, in Ghana (con 4 milioni di abitanti è la seconda città più popolosa del paese n.d.r.). A casa facevo il meccanico dei camion ma quando il mio datore di lavoro è morto è diventato difficile per me e la mia famiglia. Se non hai lavoro o non conosci qualcuno del Governo che ti aiuta soffri molto da noi”
A John ho chiesto dove viveva in Ghana, se viveva in una baraccopoli, uno slum. Non sapeva il significato di “slum” così gli ho fatto vedere una foto su Google. “Sì esatto, vivevo in una di quelle case. Non si sta male”
Raccontaci il tuo viaggio verso l’Italia
“Da Kumasi sono andato a Cotonou, in Benin. Da lì ho raggiunto Gatron in Libia passando per il Niger. Ci ho messo tre mesi, io assieme a mia moglie e due bambini piccoli. Ognuno con uno zainetto sulle spalle perché se porti con te le valigie la polizia ti può creare problemi al confine. Sono rimasto a Gatron altri tre mesi, ma è pericoloso perché ci sono delle persone che fingono di essere della polizia, ti rapiscono e chiamano a casa chiedendo il riscatto. Poi sono andato a Tripoli perché lì si prendono le navi per venire in Europa”. All’inizio John era vago sul tempo che ha trascorso a Tripoli, dopo un po’ di insistenza me l’ha detto. Si vergognava di esserci rimasto per oltre quattro anni lavorando nelle campagne e mettendo da parte, piano piano, i soldi per pagare il viaggio verso l’Italia per sé e la sua famiglia
Com’è stato il viaggio in nave? Hai rischiato la vita?
“Ho preso una nave a mezzanotte, alle quattro del pomeriggio del giorno dopo la Guardia Costiera italiana ci ha salvati e alle otto eravamo a Pozzallo (Ragusa n.d.r.). Tante persone si sentivano male e vomitavano a bordo. Quello stesso giorno hanno salvato altre due grandi barche e ci sono stati dei morti. Io sono stato fortunato forse”
Parlaci della tua vita in Italia e di come sei arrivato a San Benedetto
“Siamo stati due mesi a Pozzallo poi ci hanno portati a Catania. Siamo stati due anni in un centro di accoglienza. La vita era buona ma tra le persone c’erano continue liti e tanti si lamentavano per il cibo”. Gli domando perché, gli chiedo se quello che mangiavano non era buono. “The food was ok for me” mi risponde. “Il problema è che noi non siamo mai usciti dall’Africa e l’odore e i sapori del cibo italiano sono diversi e all’inizio è difficile. Adesso però mi sono abituato e mangio sempre la pasta. Da Catania siamo andati a Napoli ma ci siamo rimasti solo due mesi perché era difficile vivere, dovevamo dormire in stazione e i soldi per mangiare li chiedevo davanti ai supermercati. Poi un altro ghanese mi ha parlato di Ascoli, così sono venuto qui”
Adesso, tu e la tua famiglia dove vivete? Stai meglio qui?
“Ora vivo a San Benedetto in un appartamento con due camere. Nel palazzo ci sono solo stranieri, tante persone che vengono dall’ Africa ma anche dall’Albania e dalla Cina”. Gli chiedo con quanto riesce a vivere ogni mese. “Pago 450 euro di affitto, prima devo pensare a quello perché se non lo pago ci cacciano. Con quello che resta pago le bollette e il cibo. Vado a fare la spesa una volta al mese ma quello che spendo dipende da quanto guadagno. Negli ultimi tempi vendo meno cose e più di 80 euro al mese non riesco a spendere per mangiare. L’anno scorso era meglio, riuscivo a permettermi anche 150 euro di spesa ogni mese”
Raccontaci del tuo lavoro. Qui vi chiamano “vu’ cumprà” lo sai?
“Sì lo so, l’ho sentito anche se non so che vuol dire. Io inizio a lavorare alle otto, inizio a camminare e vado a vendere in spiaggia. Ci sto fino alle sei del pomeriggio di solito. Un giorno mi fermo a San Benedetto, il giorno dopo vado a Grottammare oppure a Porto San Giorgio. A questo punto chiedo a John come funziona il traffico di merce contraffatta, dove si rifornisce e quanto paga quello che poi vende nelle nostre spiagge. “Vado due volte a settimana a Civitanova oppure a Pescara. Ci sono dei grandissimi magazzini gestiti dai cinesi. Con 20 euro compro 12 paia di calzini, 20 accendini, 20 pacchetti di fazzoletti e due paia di ciabatte più o meno. Quando finisco le cose torno a comprarle”
Ti rendi conto che il lavoro che fai è illegale e che danneggia i commercianti regolari, quelli che pagano le tasse allo Stato?
“Sì lo so che illegale. Io però non sapevo che avrei dovuto fare questo in Italia, mi dicevano che c’era lavoro e basta non che avrei dovuto fare questo tipo di lavoro. Io sono un bravo meccanico e mi piacerebbe tornare a riparare i camion ma tutte le volte che ho chiesto, nelle officine, mi hanno detto che erano pieni e posto non ce n’era. Fare quello che faccio non mi piace. Le tasse? Io vorrei pagarle, se domani mi dicono puoi vendere in spiaggia e paghi le tasse allo Stato sarei felice”
Lo sai che il governo italiano sta combattendo gli abusivi come te? Hai sentito parlare di Matteo Salvini? Lui sostiene che siete un grave danno per l’economia del nostro Paese
“Lo so che ci sono questi nuovi politici. Le cose sono cambiate perché prima quando vedevamo la polizia non scappavamo mentre adesso tutti corrono perché ci sono ordini diversi. Salvini non mi piace perché non dice tutta la verità. Noi i soldi che guadagniamo li ridiamo all’Italia perché io pago l’affitto a un italiano, faccio la spesa e pago le bollette all’Enel. I politici dicono che noi rubiamo il lavoro agli italiani ma in Ghana lavorano tanti italiani nelle compagnie petrolifere e nelle miniere d’oro. Perché non possono farli i ghanesi quei lavori?”
Pensi che l’Italia sia un paese razzista?
“No, gli italiani hanno una grande mente e un grande cuore (“Italians have a great mind and a great heart”) perché se hai bisogno ti aiutano. Se vai in chiesa il parroco ti aiuta. Mi piace stare in Italia, è un bel posto anche se non sono stato mai in nessun’altra parte”
Che futuro immagini qui per te e i tuoi figli?
“Mi piacerebbe restare per fare un lavoro vero. Io adesso ho i documenti e i miei figli vanno a scuola. Mi piacerebbe che studiassero e un giorno trovassero un lavoro in un ufficio, voglio che diventino cittadini italiani. Parliamo, infine, del suo stile di vita. Di quello che fa nel tempo libero. “Quando torno a casa sono troppo stanco per fare qualunque cosa e vado subito a dormire. Mi piacerebbe andare al cinema perché mi piacciono i film americani. Ma non ci sono mai andato. I soldi sono importanti per pagare l’affitto”
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Tra le altre domande avrei chiesto se il proprietario di casa è italiano e se paga l’affitto in nero
Come si evince da questo racconto il problema non sono gli immigranti in se ma il problema è che questo paese, dove c’è un tasso di disoccupazione a due cifre, non riesce ad assorbire questi migranti economici che vengono a cercare lavoro. Chiaramente non essendoci per gli Italiani non c’è nemmeno per i migranti ma loro sono più esposti a cadere nella rete dell’illegalità. John alla fine dei conti vende merce contraffatta ma chissà quanti altri finiscono nella rete dello spaccio o dei furti….. Il tema è complesso e non può essere gestito solo dall’Italia ma il razzismo non è… Leggi il resto »
Un buon articolo ma: dovevi dire a John che se volesse fare il commerciante e pagare le tasse gli basterebbe chiedere informazioni alla Camera di commercio e aprire la partita IVA come lavoratore autonomo, poi: – ogni 3 mesi dovrà pagarsi il DURC/INPS di 950 euro trimestrali ovvero 950 x 4 trimestri annui = 3.400 euro all’anno !!??!! – come per gli altri commercianti in regola !!! – dovrà pagare l’affitto di un locale apposito, oppure acquistare un furgone per la vendita itinerante tipo A o B e pagarsi i costi del locale e/o dell’automezzo utilizzato; – pagare il commercialista… Leggi il resto »
Mi sembra di capire che il John non ambisca a fare il commerciante visto che nel suo paese era un meccanico, magari vorrebbe avere l’opportunità di fare lo stesso lavoro in Italia. Ma in Italia, con questo contesto economico non c’è questa opportunità, e finisce così nell’illegalità. Giustissimo pretendere che questi migranti esercitino le loro attività economiche in regola, ma forse il punto da spiegare è che l’Italia non è questo eldorado che credono, ma ormai una valle di lacrime…. E il tema si allarga all’Europa perchè i paesi che hanno il 2-3% di disoccupazione devono intervenire, non possiamo occuparcene… Leggi il resto »
Contraffazione di un prodotto di qualità? Ma quanto siamo miopi! Ci siamo mai chiesti quanto costa in verità una “scarpa da tennis” o un occhiale da sole prodotti da multinazionali che solitamente producono la loro merce proprio nei paesi più poveri di questo pianeta? Ad esempio una scarpa della “vittoria alata”, uno dei marchi più contraffatti la mondo, che in negozio viene venduta a 120/140 Euro ha costi di produzione poco superiori ai 15 Euro. Le aziende dell’abbigliamento che producono in questi paesi seguono tutte la stessa strategia produttiva: “contenimento dei costi” della manovalanza … ad ogni costo (che evito… Leggi il resto »
Ma cosa centra quanto costa la maglietta?? Costa 120/140?? Se ho i soldi la compro sennò no. Poi se a vittoria alata costa 15 o 20 a me non interessa. Qui si parla di un problema di vendita di prodotti contraffatti non di costi di produzione. Si parla di uno che in barba alle regole vende merce non idonea, senza pagare tasse o altro. Perche invece di pensare a vittoria alata non pensa a quei negozianti penalizzati da queste situazioni? Gente che si fa un mazzo per far quadrare i conti a fine anno dal commercialista e poi si vede… Leggi il resto »
Sarebbe opportuno colpire chi produce e non chi vende (come ad esempio l’intervistato) bensì chi compra, perche sa benissimo che sta comprando un prodotto contraffatto e di conseguenza sta alimentando l’illegalità.
Per il resto il commercialista è stato tirato in ballo da me per far capire che certe volte bisogna farsi in quattro per far quadrare i conti. Se in uk costa 100 euro so contento per loro, io però abito in italia quindi mi importa poco.
Non parlo di pere ne di galera,confermo che il problema va stroncato alla fonte, ma dico anche che se uno sanziona (con multa e non con la galera) il compratore… secondo me la vendita si riduce un bel po. Per quanto riguarda l’argomento del commercialista meglio chiuderla qui perche siamo entrati in un discorso che non centra nulla con questo articolo. Io parlavo di una cosa e lei di un altra…
I costi di produzione spesso raccontano la storia dei lavoratori che producono quelle merci e i diritti sociali presenti o non presenti in quelle realtà sociali. E’ la povertà che si accosta alla miseria. Se nel dire che se hai quei soldi comprerai quel prodotto altrimenti no, indirettamente dice che chi acquista da un venditore ambulante abusivo non è certo il cliente affezionato del negozio griffato per cui, il negoziante ufficiale di quel marchio non subirà alcun danno da quella vendita. Quel denaro non sarebbe mai entrato nella sua cassa perché quel cliente non sarebbe mai entrato nel suo negozio.… Leggi il resto »
…Le tasse? Io vorrei pagarle, se domani mi dicono puoi vendere in spiaggia e paghi le tasse allo Stato sarei felice”
…se veramente lo volesse, John potrebbe sempre iniziare quando vuole con una licenza itinerante di tipo B.