Si è conclusa la prima annualità del percorso di Alternanza Scuola-Lavoro svolto dagli studenti della classe 4C Turismo dell’I.I.S. Fazzini-Mercantini all’interno del progetto “Una Rotonda sulla Storia”. Pubblichiamo pertanto le interviste che gli studenti hanno prodotto accogliendo le voci di Gianfranco Galiè, Gino Troli e Gianni D’Angelo detto “Schiuma”. La coralità dei loro racconti, a cui si aggiunge quello di Narrazeno Torquati, già pubblicato, dipinge la storia di una San Benedetto a molti sconosciuta ma da tutti riconoscibile come il cuore di una generazione che ha dato in eredità al presente le proprie conquiste, i propri sogni, le proprie passioni.

 

GROTTAMMARE –  Gino Troli e Gianfranco Galiè, hanno fatto viaggiare indietro nel tempo, con la loro storia, i ragazzi della classe IV C turistico dell’ IIS Fazzini-Mercantini.

Gli intervistati hanno raccontato la parabola esistenziale della loro radio: “Radio 102” (ricordiamo anche il recentemente scomparso Paolo Bernardin, citato spesso dai due intervistati).

Emittente che nacque nel 1975 e fu la quarta radio “libera” in Italia (all’epoca vi erano soltanto le radio pubbliche); entrambi hanno tenuto a sottolineare che la radio non fu ideata a scopo di lucro bensì come frutto di una grande passione; la musica era parte della vita dei giovani degli anni ’70, si andava oltre il semplice o piacevole ascolto. Inoltre, hanno aggiunto che non venne ideata con finalità politiche, a differenza delle altre radio militanti che si diffusero in quel periodo: i tre fondatori non avevano nulla a che vedere con quel mondo, il loro unico obiettivo era quello di comunicare, di parlare alla gente.

“Poco dopo l’inizio dell’attività arrivammo noi, un gruppo di ragazzi saccenti, che volevano educare il “popolo” musicalmente; pian piano aggiungemmo nuovi programmi di vario genere che ci caratterizzarono: politica, musica e cultura, ed ecco Radio 102″ precisa Galiè.

Lo sviluppo della radio incontrò vari ostacoli, tra controlli e opposizioni. Un’altra problematica che si dovette affrontare fu quella legata all’ambito economico; lo stesso Troli afferma: “Inizialmente eravamo contrari agli inserimenti degli sponsor all’interno della trasmissione ma il successivo bisogno di denaro, necessario per proseguire l’attività, superò i nostri ideali”.

Come nasce l’idea di Radio 102? Quali sono le difficoltà che avete dovuto affrontare per metterla in atto?

L’idea è nata da tre ragazzi che misero 500 mila lire a testa per dare vita a questo progetto, comprando attrezzature che spesso però davano problemi. Iniziammo in via Rossini al Paese Alto per poi spostarci in via Verga. Il progetto vero e proprio di aprire una radio sembra sia nato da Mario Zazzetta che aveva un contatto con un ragazzo pescarese interessato ad aprire una radio e, con un certo senso di invidia, Mario decise che se doveva esserci una radio in zona, questa doveva nascere a San Benedetto. Con l’aiuto di Bertocchi (appassionato di tecnologia) il suo sogno divenne realtà. Inserirsi in quello spazio radiofonico, fino ad allora dedicato solo all’emittente nazionale Rai, era piuttosto “pericoloso” in quanto rischiavamo di dover chiudere o di ricevere multe anche molto salate; ma noi giovani e temerari abbiamo avuto il coraggio di continuare a far sentire la nostra voce”.

Che impatto ebbe la vostra radio sulla comunità sambenedettese?

Galiè: “Come ho già riportato nel romanzo Radio 102, nella nostra trasmissione stroncavamo le varie richieste personali (dediche d’amore, auguri di compleanno, ecc.) e i vari cantautori che non rispecchiavano il nostro genere; proprio per questo arrivammo anche a definire un critico musicale servo della gleba, perché non accettavamo che le imposizioni politiche entrassero anche nella musica. Davamo un’enorme importanza ai pezzi che mandavamo in onda: pensate che, nella nostra radio, non osavamo interromperne la riproduzione, bensì aspettavamo sempre la fine del brano per commentarlo. Nonostante la nostra rigidità la radio ebbe un  impatto positivo; ho in mente una scena: un corniciaio di San Benedetto, lui come tanti altri, ci telefonava e ci diceva che passava la serata ad ascoltare i nostri programmi radiofonici (soprattutto quelli di musica tedesca) oppure molti altri che si collegavano sulle nostre frequenze, per seguire gli eventi sportivi (soprattutto le partite) che trasmettevamo persino collegandoci dai palazzi vicini allo stadio, con gli strumenti rudimentali in nostro possesso”.

Che tipo di musica italiana trasmettevate?

Galiè: Il più esperto tra noi era Spinucci che metteva album dei New Trolls, Picchio del Pozzo, della PFM e di Ivano Fossati, che ebbe come primo gruppo quello dei Delirium; oltre alla musica “tradizionale” trasmettevamo anche varie sigle di programmi televisivi. Ciò che ci contraddistinse come radio è il fatto che noi volevamo creare un luogo democratico, dove tutti potessero esprimere le proprie idee senza problemi; proprio per questo venne creato un programma radiofonico chiamato “Telefono Contro”: con la linea telefonica aperta si lanciava un tema e se ne discuteva liberamente. Inoltre anche le donne ebbero un ruolo molto importante nella nostra radio, tant’è che se ritenevano una pubblicità discriminatoria nei loro confronti il contratto con il marchio veniva cancellato dal palinsesto all’istante”.

Secondo lei sarebbe riproponibile nel presente un’esperienza simile a quella di Radio 102, con il ruolo che la musica riveste attualmente?

Galiè: “Per me sarebbe un sogno iniziare nuovamente la stessa avventura, con una trasmissione fatta di poche parole, molta musica e pubblicità pari a zero. Se devo essere sincero, grazie ad un programma online, ho trasmesso per qualche serata la musica che preferivo ma, a causa della scarsa connessione internet di cui disponevo e del pubblico assai ristretto che mi seguiva (prevalentemente composto dai miei amici), ho deciso di chiudere “la baracca” e per cercare di soddisfare la mia passione per la musica, ho iniziato a gestire un gruppo Facebook, “Topi caldi” (nome di un vecchio programma di Radio 102), dove tutt’ora, ogni sera, inserisco tre pezzi a mia scelta”.

Avevate un vostro slogan? Se sì, quale?

Galiè e Troli: “Non credo che avessimo coniato un vero e proprio slogan, producevamo solo adesivi che all’epoca andavano molto di moda. Tutti gli adesivi erano creati dal nostro “scenografo” Gianluigi Capriotti che dava un tocco di ironia a ciascuno: ne ricordo uno che raffigurava un uomo di colore con una catena spezzata che diceva “Questa sì che è una radio libera!”. Il personaggio era ripreso da una famosa fiction degli anni ‘70 chiamata “Radici””

Perché venne scelta come prima canzone proprio “Shine On You Crazy Diamond”?

Troli: “Perché all’epoca i Pink Floyd erano dirompenti e perché quella canzone poteva essere interpretata sia come perfetta metafora della nostra radio, sia come incipit adatto per dare avvio ai vari programmi del mattino (piacevole e capace di rendere proprio l’idea del risveglio). La decisione fu presa da uno dei fondatori e devo dire che ad oggi penso sia stata una scelta perfetta”.

Nella vostra radio avevate un programma dedicato alla promozione territoriale?

Galiè: “Sinceramente non ci siamo mai concentrati più di tanto sulla promozione turistica del territorio, il nostro scopo principale era quello di far conoscere e far amare la musica e poi (in parte) la politica e la cultura; erano assai poche le radio che al tempo si occupavano di turismo”.

 Come venivano gestite le notizie di cronaca nera (locali e non)?

Troli: “Non veniva raccontata molto la cronaca nera, non volevamo ripercorrere gli stessi temi dei giornali, volevamo trattare di argomenti poco discussi. Volevamo che la nostra fosse una controinformazione; raccontavamo la politica locale, le dinamiche e i bisogni delle famiglie in difficoltà di San Benedetto, spesso aiutandole nei momenti più critici. Trasmettevamo solo i fatti di maggiore impatto sull’opinione pubblica; un caso di “pazzesca” rilevanza nazionale fu quello di Aldo Moro, che colpì tutta la città, proprio per questo decidemmo di raccontare tutti gli sviluppi in radio giorno per giorno, fino a quando non arrivò la notizia della sua morte”.

Secondo lei, ci sono film fedeli alla realtà di quei tempi? Se sì quali?

Troli e Galiè: “Sì ce ne sono molti, come per esempio “Radio Freccia”, o “Lavorare con lentezza”, che spiega bene i movimenti politici di quegli anni a Bologna anche se poi è molto più romanzesco nel racconto delle radio del tempo; o ancora “I cento passi”, che parla di un personaggio, Peppino Impastato, che apre una radio in terra mafiosa, chiamata Radio Aut, proprio per cercare di combattere la malavita; e infine anche “I love radio rock”, che parla di un gruppo di ragazzi, o meglio ancora di dj, che trasmettevano 24h/24, musica rock e pop, da una nave ancorata nel Mare del Nord”.

Come nasce invece l’idea del libro Radio 102?

Galiè: “Il mio libro non è nato per essere tale. Iniziai a scrivere “casualmente” ciò che ricordavo di questa mia esperienza passata; poi cominciai ad intervistare i protagonisti per mettere insieme la storia di Radio 102 come libro”.

 Nel libro “Radio 102” si argomentano le definizioni di “microfono” e “megafono”: lei con quali delle due identifica l’attività di Radio 102?

Galiè: “Noi volevamo avere il ruolo di un microfono, volevamo essere un luogo in cui dare la possibilità alle menti libere di comunicare, di dire ciò che si pensava, in cui lasciare respiro alle mode femministe. Non volevamo essere un megafono”.

Troli: “Esatto, ma ad un certo punto abbiamo dovuto fermare alcuni estremisti perché non usavano la radio come mezzo di informazione, bensì la sfruttavano per parlare tra di loro con un linguaggio che si potrebbe definire quasi in codice e ben poco educato, facendo arrivare spesso in sede radiofonica le forze dell’ordine, creando guai soprattutto a noi rappresentanti della cooperativa. Ci fu un momento in cui, secondo noi per ritorsione, ci rubarono tutta l’attrezzatura radiofonica, compresi radio e trasmettitore; non avendo fondi necessari per recuperare la strumentazione fummo costretti a fare una colletta e, straordinariamente, vi partecipò tutta la città di San Benedetto, per quello che la sua gente poteva, e riuscimmo così a ricomprare quanto serviva per ripartire. Fu proprio un bel momento”.

Riprendendo le parole di Gino Troli “i nostri ricordi sono di continui dubbi e di forti incertezze…” quali erano i dubbi e le incertezze di cui si parla nella prefazione?

Troli: “Erano dubbi di ragazzi di venti anni che pensavano di poter avere un mondo nuovo e diverso; e per noi era la radio lo strumento per convincere il mondo che si potevano cambiare le cose. Credevamo molto in questa esperienza ma crescendo abbiamo capito che, un po’ come si dice nei testi delle canzoni, è stato il mondo a cambiare noi. Oggi saremmo sicuramente meno utopistici di quello che eravamo una volta. Noi non eravamo consumatori accaniti come i giovani di oggi e la colpa non è a loro imputabile: questa è una società che si basa sul consumismo, forse per farci addormentare tutti; all’epoca c’era questo vivere ancorato alla necessità di normalità mentre ora a legiferare è il superfluo; noi, per esempio, amavamo il cinema, quello semplice, senza gli eccessivi effetti speciali di oggi”.

Galiè: “Pensate, un giorno alla settimana, al cinema Don Bosco, facevamo un cineforum dove guardavamo un film e alla fine ne discutevamo per anche più di un’ora, tant’è che il dibattito poteva diventare più interessante dello stesso film proprio perché non facevamo una visione passiva della pellicola, cosa che invece accade ora; si perde l’interesse per le cose più semplici e che forse sono le più preziose”.

Nella prefazione di Gino Troli, la parola gruppo aveva un significato profondo di condivisione e di solidarietà. A suo parere come è cambiato il valore del gruppo negli anni?

Troli: “La forza di Radio 102 era rappresentata dal fatto che ognuno di noi era esperto in qualcosa, chi di musica, chi di politica, chi di tecnologia; ognuno impiegava le proprie competenze e la propria passione per la buona riuscita del programma. Tutti mettevano il proprio impegno nella radio: ogni ragazzo, anche se non gli veniva richiesto, studiava i brani prima di mandarli in onda per dare una conoscenza agli ascoltatori dello stesso”.

Galiè: “La cosa a cui tutti noi del gruppo di Radio 102 tenevamo particolarmente era che nei programmi non passassero dei personalismi; accadde tuttavia in alcune occasioni che qualche ragazzo si sia servito delle trasmissioni per sfogare i propri problemi: a malincuore siamo stati costretti, in nome della libertà e del senso autentico della nostra radio, a mandarlo via; uno di quelli che intendeva la radio come sfogo di problemi personali decise invece di andarsene da solo, trasferendosi a Radio Ponte Marconi”.

Perché vi siete arresi dopo così poco tempo? Fu solo per motivi economici?

Troli: “Nonostante fosse agli occhi altrui poco il tempo di vita della radio, per noi in realtà era tanto, io stesso ritardai la mia laurea di un anno per perseguire questo progetto. Quando arrivammo all’età di 25-26 anni capimmo di dover prendere una decisione, nessuno di noi era figlio di papà: non fu facile reggere, soprattutto per una radio che non doveva e non voleva essere pagata, nonostante questa scelta fosse un’autolimitazione sia per noi che per lo stesso progetto. Se la nostra radio doveva morire, doveva morire pulita senza macchie sulla coscienza. Dobbiamo inoltre ricordare che ci trovavamo nel periodo degli anni ’80, in cui c’era un totale reflusso di tutte le ideologie sviluppate nel decennio precedente e proprio questo creò all’interno del nostro gruppo una forte delusione”.

Galiè: “Aggiungo che nel frattempo nacquero altre due radio commerciali a San Benedetto e di certo quello fu un altro fattore negativo e limitante per noi. La vendita della radio non fu facile, ci furono lunghe trattative e alla fine quando il Pci locale vide quanta risonanza poteva dare una piccola radio locale decise di acquistarla, convinto di poterla mandare avanti. Nonostante questo, la radio affondò definitivamente solo due anni dopo”.

Quale messaggio vorrebbe che noi giovani cogliessimo dalla lettura del testo “Radio 102” e dallo studio di quegli anni da voi vissuti da protagonisti?

Galiè: “Sono contento che ci sia questo libro poiché è l’unico che parla delle vicende degli anni ‘70, anche più di quello della Ballestra che si orienta, invece, sugli anni ‘80”.

Troli: “La Rotonda, prima luogo di ritrovo e di dibattito tra giovani lucidi, animati da impegno politico e vita sociale, si trasformò poi negli anni ‘80, diventando ritratto di giovani spenti dall’uso e dall’abuso di eroina.

Galiè: “Mi piacerebbe che la vostra generazione si appassionasse a qualcosa. Appassionatevi, non per forza alla musica, ma appassionatevi. Pensate con la vostra testa. Noi di Radio 102 ci siamo riusciti nonostante ci fossero Pci e altri soggetti, politici e non, che volevano imporci i loro ideali. Se voi riuscirete a coltivare una passione e a mantenere una vostra identità senza che qualcuno vi condizioni, potremmo dire di aver fatto un buon lavoro”.

Troli: “Hai proprio ragione! Sapete ragazzi, io non ho paura quando voi non studiate, non tutti riescono in questo, io ho paura quando non avete passioni, quando siete indifferenti a tutto quello che vi circonda e purtroppo, in questi anni, è una cosa che vedo sempre più spesso. Quindi ragazzi un consiglio che vi do per cambiare le cose è: appassionatevi e non mollate!”