SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Trentasette anni. Tanto è passato da quel 7 giugno 1981, da quel Samb-Matera che valse la Serie B ai rossoblu di Nedo Sonetti ma che viene ricordato per una delle più grandi tragedie mai avvenute in uno stadio italiano. Oggi corre il trentasettesimo anniversario di quel maledetto rogo che costò la vita a Carla Bisirri e a Maria Teresa Napoleoni e serie ustioni a decine di persone, molte delle quali giovani.

Il rogo di quel 7 giugno 1981

In vista della triste ricorrenza, e per tenerne vivi i ricordi, nel pomeriggio del 6 giugno abbiamo intervistato il capitano di quella Samb. Gigi Cagni, che fra pochi giorni compirà 68 anni, era in campo quel giorno e dice di ricordare tutto come se fosse oggi, ricorda anche quando, insieme ai compagni, portò in spalla le bare delle due ragazze e dice che oggi a rivedere lo stadio non ci andrebbe: “Mi verrebbe il magone”. Con lui abbiamo parlato anche del Riviera, che qualche anno dopo diventerà la nuova casa dei rossoblu, e delle ultime vicissitudini della Samb. Ecco la nostra chiacchierata.

Buonasera mister. Domani, 7 giugno, cade il trentasettesimo anniversario della tragedia del Ballarin. Che ricordi hai? 

“Basta che mi dicano la data e rivedo tutto davanti agli occhi, come se lo stessi vivendo in questo momento perché è stata una cosa troppo forte. Noi non ci siamo accorti di quello che stava succedendo dal campo, abbiamo rivisto tutto in televisione la sera ed è stata una cosa terribile. E’ stato terribile vedere le persone che si buttavano dalla curva e poi sapere delle due ragazze morte”.

Secondo te fu un errore far giocare quella partita, Samb-Matera?

“Non so che dire. Per certe cose sarebbe meglio sentire le forze dell’ordine. Se non sei dentro a certe dinamiche e non hai esperienza di certe cose e di certe emergenze è meglio non dire niente. Posso dire che se avessimo saputo tutto noi non avremmo giocato, ma non ci siamo resi conto perché l’arbitro fischiò subito l’inizio della partita, neanche lui se ne era accorto come nessuno in campo”.

Ricordo che neppure noi giornalisti, dalla tribuna, ci siamo accorti della gravità di quello che stava succedendo. I giorni dopo sono stati i più tragici.

“Lo ricordo bene. Io, come capitano, e insieme ai miei compagni, non festeggiammo la promozione di quell’anno e ci ritrovammo a portare a spalla le bare ai funerali delle due povere ragazze. Poi andammo anche a trovare gli ustionati all’ospedale e fu qualcosa di forte, soprattutto vedere tanti giovani in quelle condizioni”.

Qualche anno dopo il Ballarin fu abbandonato e tu hai giocato anche al Riviera per qualche stagione. Che differenze c’erano, a livello di clima, fra quei due stadi?

“Sì al Riviera ho giocato due anni. Però devo dire che io a quell’epoca, nell’85, ero contrario al nuovo stadio. D’altronde noi ci salvavamo in B perché avevamo il Ballarin. Ricordo un bell’aneddoto su Riviera però…”

Prego…

“Giocavamo la prima partita amichevole nel nuovo stadio. Era la partitella del giovedì contro la primavera. Io facevo il libero e dico alla difesa di buttare la palla fuori sulla fascia, loro lo fanno ma vedo Turrini (all’epoca nella primavera rossoblu n.d.r.) che viene avanti e non capisco, il pallone non era uscito. Finita la partita vado a chiedere al giardiniere le misure del campo ed era il massimo della larghezza e il massimo della lunghezza. Io l’ho fatto restringere un metro da una parte e un metro dall’altra. Non poteva essere, avevo 35 anni oh (ride n.d.r)”. ***

*** Qualche anno fa il mister ricordò l’aneddoto anche a Sky (CLICCA QUI)

Me lo ricordo benissimo. Per tanti anni si sono visti segni della vecchia larghezza.

“Eh si (ride ancora n.d.r.). Comunque c’è da riconoscere che la prima partita al Riviera, un’amichevole contro il Milan di Liedholm, fu uno spettacolo con 20 mila persone allo stadio. Ho ancora una foto a casa mentre salto insieme a Mark Hateley. Va detto che quello stadio era nato per diventare molto bello se terminato, con le quattro colonne simili a San Siro”.

Ma adesso è tutto coperto, come immaginavi tu.

“Non lo sapevo, mi fa piacere. Io son venuto giù l’ultima volta tre anni fa per una cena con gli ex compagni, sono arrivato in aereo da Pescara ma poi sono ripartito subito, senza avere il tempo di fare un salto allo stadio”.

Allora non hai rivisto neppure il Ballarin. Forse è meglio visto che adesso è in bruttissime condizioni. 

“Si lo so. Mi chiamarono qualche anno fa, chiesero una mia opinione perché si parlava di costruirci qualcosa ma non ricordo esattamente cosa (probabilmente Cagni si riferisce alla “Grande Opera” all’epoca di Gaspari n.d.r.). Adesso non ci tornerei a vederlo, mi verrebbe il magone. Per noi che abbiamo vissuto quegli anni sarebbe doloroso.”

Segui ancora i risultati della Samb? I quarti di finale dei playoff sono andati male.

“Però siete arrivati lì, avete fatto un bel campionato. Io non so se la Samb ha le potenzialità per salire, ma so bene che la Lega Pro è molto dura. Ho seguito quello che ha fatto la Samb, ho visto il risultato col Cosenza e ho saputo che c’erano migliaia di persone. Quando eravamo giù noi la Samb era una delle squadre che aveva fatto più campionati di B di fila nella storia. Adesso è un altro mondo, un altro calcio”.

Magari alla Samb serve proprio un allenatore come te. Torneresti qui per allenare?

“Per quanto apprezzi certe manifestazioni di stima, sinceramente sarebbe troppo difficile andare ad allenare un ambiente che non conosco e soprattutto in un campionato che seguo praticamente solo sui giornali, senza conoscere molti giocatori. Dopo la salvezza raggiunta un anno fa col Brescia mi sono accorto di aver fatto davvero un miracolo. Durante quest’anno, poi, ho avuto un paio di richieste ma non hanno avuto seguito”.