Purtroppo nel discorso giustificativo del “no” a Paolo Savona quale Ministro dell’Economia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, oltre a valutazioni di tipo strettamente politico, ha rilasciato dichiarazioni anche di tipo economico-finanziario sostanzialmente ignorate nel dibattito successivo. Dichiarazioni non nuove e neanche immorali; ricordiamo ancora le parole del suo predecessore sul timore de IMercatiTM, immemore di quel che diceva da esponente del Partito Comunista Italiano: “L’euro rafforza la Germania e penalizza i paesi deboli“.

DISCORSO DI MATTARELLA L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. 
Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane. Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui, e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo quando – prima dell’Unione Monetaria Europea – gli interessi bancari sfioravano il 20 per cento.

UNO / SPREAD E MUTUI Sulla relazione tra “spread” e interessi sui mutui vale la pena leggere quanto scritto da Giacomo Bracci, leggi qui

Si parla molto del possibile impatto dello spread BTP-Bund sui mutui, ma è bene chiarire alcuni aspetti. L'Euribor,…

Posted by Giacomo Bracci on Sunday, 27 May 2018

Un Bracci che proprio pochi giorni fa si è confrontato con Carlo Cottarelli, qui vedi il video integrale

Senso Comune vs. Carlo Cottarelli – Debito: fardello insostenibile o strumento di crescita?

Posted by Senso Comune on Wednesday, 2 May 2018

I timori sul “risparmio” nascono da un assunto: la crisi dello spread (differenziale di interesse tra i titoli di Stato decennali dell’Italia e i titoli di Stato equivalenti tedeschi) è determinata da un allentamento della finanza pubblica, ovvero un aumento della spesa pubblica e una diminuzione delle tasse. Da un aumento, dunque, del deficit di bilancio.

C’è una serie di valutazioni da fare riguardo questa convinzione.

DUE / SIA CONSENTITO KEYNES, DIAMINE Ci si esenti da una dimostrazione pratica, ma l’aumento del deficit, se indirizzato ad aumentare con raziocinio la produzione, determina un aumento del Pil maggiore rispetto all’aumento del debito. Ebbene sì: più deficit e riduzione rapporto debito/pil sono ben compatibili. Esattamente il contrario di quanto testardamente perseguito dall’austerità europea, che ha imposto il taglio del deficit conducendo ad una riduzione della produzione (pil) maggiore rispetto alla riduzione del debito.

Mattarella è convinto invece che una politica espansiva conduca automaticamente ad un aumento insostenibile del debito e alle conseguenze di cui ha parlato. Non è da escludere che così possa avvenire: flat tax e reddito di cittadinanza ad esempio sono operazioni indirizzate ad aumentare i consumi e non la produzione, con rischiose conseguenze per la bilancia commerciale. Non escludibile non significa certo. Anzi, se proprio dobbiamo circoscrivere il “caso” Savona, ci saremmo stupiti se avesse avallato tanto allegramente una politica di tal genere.

Mattarella dunque ha fatto propri i valori del più conservatore dei liberismi, sovrapponendo una valutazione politica ad una ipotesi dell’esecutivo.

TRE / SE AUMENTA IL DEFICIT AUMENTANO I RISPARMI. IL PAREGGIO DI BILANCIO LI AZZERA Attenzione: stiamo parlando di una identità contabile, non una teoria. Basta studiare un poco i saldi settoriali per capirlo con perfezione. Lo possono confermare infiniti studi e la nostra esperienza. Quando i deficit pubblici salgono, aumentano i risparmi di imprese e famiglie; quando i deficit pubblici si contraggono, i risparmi tendono a ridursi (ci esentiamo dal calcolare la variabile del settore estero per motivi di semplificazione).

Porre una discriminante a favore dei risparmi italiani a fronte di un temuto aumento del deficit è una contraddizione logica insanabile. Di seguito un esempio, estendibile ad ogni Stato in ogni tempo, che mette in relazione l’andamento del risparmio privato (linea marroncina, in alto) rispetto al bilancio pubblico (linea marrone, in basso).

Aumenta il deficit, aumentano i risparmi. Diminuisce il deficit, diminuiscono i risparmi. Perché allora Mattarella teme il contrario?

E questo è l’andamento del risparmio delle famiglie italiane negli ultimi anni. Mentre i tassi di interesse scendevano, nell’Eurozona e fuori dall’Eurozona allo stesso modo, il risparmio, invece che accumularsi, crollava. 

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

QUATTRO / I TASSI DI INTERESSE E IL PARADISO CHE NON E’ ARRIVATO Nel 1981 il Tasso Ufficiale di Sconto applicato dalla Banca d’Italia raggiunse il suo valore massimo, 19%. Attenzione: l’inflazione media quell’anno fu del 17,99%, e di oltre il 19% fino a metà anno. Prima dell’entrata dell’Italia nello Sme, nel 1978, il Tus era al 10,50%, mentre l’inflazione media era al 12,11% (13,5% ad inizio anno).

Cosa significa? Che nel 1978 la Banca d’Italia decideva il tasso di interesse e era libera di posizionarlo al di sotto del tasso di inflazione. Già nel 1981 questo potere era demandato al “vincolo esterno”.

A livello di titoli di stato, fino all’inizio degli anni ’80 il rendimento reale era negativo, soltanto successivamente è diventato positivo e in questi ultimi anni stiamo soffrendo tassi di interesse reali con differenziale di rendimento stabile rispetto ai titoli tedeschi.

Mattarella non ha fatto altro che ripetere alcuni dei dogmi del pensiero liberista, il che mi rattrista: in questi ultimi anni abbiamo ottenuto i più bassi livelli di inflazione e tassi di interesse ma, invece che il paradiso del libero mercato capace di allocare al meglio qualsiasi risorsa ci troviamo con i più alti livelli di povertà assoluta e relativa e di emigrazione.

Tutto questo apre spazi di manovra di incredibile ampiezza per la Lega e in misura minore anche al M5S, che oggi ha un compito gravoso: evitare l’espansione culturale leghista oltre gli errori già agli atti di questi ultimi mesi. Altrimenti anche il 5S sarà fagocitato – iniziano a segnalarlo i sondaggi a neanche tre mesi dal voto – per diventare un’appendice della destra italiana.