Credevo fosse colpa di Salvini. Perché avevo letto, tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, il primo comma dell’articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Allora pensavo che Mattarella ponesse un veto su Salvini ministro dell’Interno. Perché c’erano pezze d’appoggio. Chi fa il giornalista, o il contabile, sa di cosa si parla: ci vogliono delle basi solide per garantirsi le spalle, prima di lanciarsi all’attacco. Per parole di questo genere: “Serve una pulizia di massa via per via, quartiere per quartiere e con le maniere forti se serve, perché ci sono interi pezzi d’Italia fuori controllo”.

Invece no.

Leggiamo le parole del Presidente della Repubblica Mattarella: “L”incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori (leggi qui chi sono) e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. 
Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane. Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui, e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo quando – prima dell’Unione Monetaria Europea – gli interessi bancari sfioravano il 20 per cento”.

Ho cercato la parola Euro nella nostra Costituzione, ma non l’ho trovata. Ho cercato la parola spread, ma non l’ho trovata. Men che meno nei Principi fondamentali. Neppure la parola “investitori” compare nella nostra Carta. Non sapevo che il Presidente della Repubblica potesse anteporre i desiderata degli “investitori italiani e stranieri” alla nomina di un ministro, forse l’unico che conti veramente, quale Paolo Savona. Per il quale non nutro particolari simpatie, mi sarei considerato un suo oppositore, ma al quale riconosco la legittimità di rappresentare una posizione di politica economica congrua con la maggioranza pronta a garantirgli fiducia.

Il messaggio di Mattarella, purtroppo, dice questo: “Non ci sono alternative alla politica economica intrapresa dall’Italia dal 1992, anno dal quale le tasse sono superiori alla spesa pubblica perché l’Italia è diventata una azienda e deve finanziarsi soltanto rivolgendosi ai mercati privati, e quindi, come una azienda, deve garantire un reddito annuo positivo per ottenere i prestiti, esattamente come un imprenditore”. Come accaduto alla Grecia di Tsipras e Varoufakis.

La situazione è grave e potrà essere più grave. Non bisogna essere anime belle. Mattarella ha mandato un messaggio totalmente inopportuno alla nazione, cadendo, si spera consapevolmente (il contrario sarebbe eccessivo), nella trappola di Salvini. Il quale ha giocato la sua partita in una opzione win-win. Avrebbe vinto due volte con la nomina di Savona (anche Conte era una vittoria della Lega a scapito del 5S). Ma ha stravinto con la decisione di Mattarella.

Il problema è quello che accadrà prossimamente, con l’aggravio della nomina di Cottarelli, esponente di spicco del mondo neoliberista (tra l’altro blandito anche dai 5S oltre che da Forza Italia e Pd): una decisione che è un altro errore strategico, tutto orientato verso quel mondo dello spread. Nella storia le crisi istituzionali seguite alle crisi economico-sociali sono state spesso il concime per una torsione reale verso l’autoritarismo. Salvini e la Lega stanno già dimostrando di sapersi muovere nel nuovo contesto, evidentemente ben preparato se non auspicato: spesso le loro parole sono inattaccabili, segno del grave errore politico di Mattarella. A fronte di questo, l’acquisizione del consenso che ne scaturirà sarà adoperata per un attacco senza precedenti verso quel che resta del contratto sociale italiano come uscito proprio da quella Costituzione alla quale per adesso ci si richiama. Avverrà quel che avviene dopo una pioggia dalla forza irripetibile: i fiumi tracimeranno dal loro abituale corso e ridisegneranno il paesaggio, nulla sarà più come prima.

Da parte loro i 5S contribuiranno, in gran parte a loro insaputa e con una nuova compattezza nonostante l’alleanza con la Lega ne avesse minato la credibilità, ad instradare Salvini e la Lega verso una posizione di assoluto dominio della politica italiana. La richiesta di impeachment così immediata va nella direzione di questa scomposta apertura del fronte a favore dell’alleato oramai organico.

Gli spazi per il costituzionalismo democratico si restringeranno ancora di più, forse fino ad affievolirsi alla mera testimonianza. Opporsi al diluvio leghista venturo per essere schiacciati dai rigoristi della destra alla Cottarelli sarà un suicidio, simile a quello compiuto dai liberisti tedeschi prima dell’avvento del nazismo. Andare dagli esclusi proponendo rigore berlinese e obbedienza finanziaria mentre il diluvio leghista porterà pane e lavoro, sarà umiliante.

Probabilmente si vivrà in un nuovo tipo di confino, per qualche tempo. Non fisico come quello che si visse durante il Ventennio, perché non è tempo di eroismi, il nostro. Un confino dimesso, riservato, con la bandierina del “né né” pronta a sventolare. Innocua.

A meno che l’Italia non ci sorprenda ancora. E la farsa prende il sopravvento sulla tragedia.