FEDELI/CAPUANO. In casa Samb si sta verificando una situazione inedita per le nostre parti. Neanche ai tempi di Luciano Gaucci si era verificato un così grande contrasto tra allenatore e proprietà.

Dico proprietà perchè i dissapori non esistono soltanto tra Franco Fedeli e Ezio Capuano ma anche, e forse ancora più forti, con Andrea Fedeli che ha preferito tirarsi fuori dopo che certe vicende dell’ultimo calcio mercato l’avevano infastidito. Per amor di patria ha praticamente lasciato la squadra in mano al Direttore Generale Andrea Gianni che si sta sobbarcando un enorme lavoro di mediazione per evitare scombussolamenti all’interno dello spogliatoio. Pare che ci stia riuscendo ma, si sa, in queste situazioni basta una scintilla per tramutare una pace (finta) in guerra.

Un compito arduo quello del Dg che si sta comportando da grande dirigente ma principalmente da ‘uomo’ dell’azienda che lo ha portato a San Benedetto a ricoprire un ruolo difficile ma gratificante. Non è facile barcamenarsi in certe situazioni che lo avranno sicuramente portato, visto il contatto continuo che deve per forza avere con tecnico e squadra, a fare ‘orecchie da mercante’ su situazioni che, almeno credo, esulano dall’aspetto calcistico ma sono pesanti sotto quello umano e del vivere civile.

Stessa cosa si potrebbe dire del segretario Giancarlo Palma, anche lui persona di fiducia della famiglia Fedeli. Non deve essere una situazione facile la sua, dovendo condividere  con Gianni l’arduo compito di non alimentare tensioni nell’ambito tecnico facendo anche lui finta di non sentire. Non vorrei stare nei loro panni.

Forse quelli appena descritti sono soltanto miei pensieri o soltanto semplici sensazioni. Certamente però è riduttivo pensare che i rapporti tra la famiglia Fedeli e mister Capuano siano soltanto tecnici.

In un’azienda diversa da quella calcistica la diatriba (chiamiamola così) tra datore di lavoro e dipendente sarebbe stata risolta da tempo. Nel calcio, che vive di momenti, si deve tener conto (non so quanto a torto o a ragione) della clientela (i tifosi) che giudica esclusivamente in base ai risultati. E ne addebita la mancanza anche a fattori esterni al campo di gioco. È un motivo per cui Ezio Capuano è ancora l’allenatopre della Samb. In un campo diverso dal calcio il titolare dell’azienda non ci penserebbe due volte a licenziare un ottimo manager che, però, disprezza pubblicamente (chi ha orecchie intenda) il proprio datore di lavoro, non accettando ingerenze più o meno mirate. Più o meno pubbliche.

La vita non è fatta soltanto di risultati che nel calcio spesso vanno al di sopra di certe evidenze. Sarebbe d’oro il silenzio? Non lo so ma sicuramente non si può imporre a chi tiene in piedi un’azienda e ne valuta l’andamento nel bene e nel male. In certe situazioni, senza entrare nel merito di chi ha più ragione tra i Fedeli e Capuano, la convivenza diventa quasi impossibile. Generalmente o si dimette il ‘manager’ o la proprietà lo licenza.

Nel calcio invece la fine di un rapporto di lavoro è legata alla classifica: anche un legame impossibile può sciogliersi soltanto con un altro risultato negativo (contro il Teramo nel nostro caso) perché nessuna delle due parti vuole essere additata come colpevole di una posizione in classifica peggiore di quella attuale.Un errore, secondo me, perché il danno maggiore ricade sulla tifoseria che si vede sfuggire la possibilità di partecipare agli spareggi finali in posizioni meno favorevoli. Facciamo tutti le corna nella speranza che sia una possibilità remota.

Fossi io nei panni della società avrei preso una decisione forte già alla prima avvisaglia di incompatibilità oppure, come suggerii un mese fa, avrei cercato un confronto (anche pubblico, perché no?) nel quale dirsi in faccia quello che non va, pur mantenendo le proprie autonomie che per il dipendente (Capuano) non devono oltrepassare certi limiti verbali e per il  ‘padrone’ lo stesso ma senza potergli impedire di esprimere giudizi tecnici, complimenti ed errori che, secondo lui, allenatore e giocatori hanno commesso. Adesso una riconciliazione appare possibile… come quella tra palestinesi e israeliani.

Il presidente si è comportato sempre così negli ultimi tre campionati e i risultati sono stati in continuo crescendo: promozione, ottimi play off e oggi nelle primissime posizioni. Con allenatori diversi. È la  chiara dimostrazione che il modo di agire del presidente non ha influito negativamente sull’andamento tecnico della squadra.

Oppure qualcuno crede che “la Samb è il Barcellona” e che con un altro presidente avrebbe già stravinto questo campionato di serie C? O che lo scorso torneo non siamo andati in serie B per colpa della società?