Il 31 marzo, nella chiesa dell’università di Cambridge sarà celebrato il funerale di Stephen Hawking. Le sue ceneri riposeranno poi nell’Abbazia di Westminster, accanto a quelle di Isaac Newton e Charles Darwin.

Stephen Hawking, uno dei più autorevoli fisici teorici del secolo, ha portato importanti contributi alla percezione del mondo, grazie ai suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo.

Poco prima della sua morte, ha lasciato in eredità un ultimo studio sulla teoria degli universi paralleli, in collaborazione con il fisico belga Thomas Hertog. L’idea di base è che potrebbe essere possibile dimostrare l’esistenza di altri universi misurando la radiazione cosmica di fondo. Se l’ipotesi fosse corretta, basterebbe una sonda lanciata nello spazio per raccogliere le prove di nuove realtà, mondi alternativi che coesistono nella realtà del multiverso.

Il “multiverso” è una teoria fisica, che ipotizza l’esistenza di universi paralleli al di fuori dello spazio e del tempo percepiti nella nostra dimensione.

Più di un fisico ha teorizzato come i suddetti universi si formino; attualmente le ipotesi più affascinanti fanno capo rispettivamente alla teoria delle stringhe e alla teoria delle bolle.

La teoria delle stringhe afferma che i mattoni fondamentali della materia sono piccolissimi fasci di energia, dalla caratteristica forma a stringhe; queste, aggregandosi, formano le particelle subatomiche. Le stringhe non sono facilmente definibili, perché si estendono in varie dimensioni: oltre alle quattro più note, ovvero altezza, larghezza, profondità e tempo, i fisici ipotizzano che ne esistano molte altre.

Nella realtà in cui viviamo è capitato che le stringhe avessero solo quattro dimensioni, e tante sono percepibili nella materia che formano. Tuttavia, questi fasci energetici sarebbero potenzialmente molto più “espansivi”, e potrebbero generare materia a otto, dieci o più dimensioni in altri universi.

Quello che differenzia i vari mondi, però, non è tanto l’espansione delle stringhe, ma la loro frequenza di vibrazione: questi mattoni fondamentali si ritengono in grado di vibrare a diverse lunghezze d’onda, e ogni frequenza determina la formazione di un universo.

Il principio è più o meno quello che determina i colori: è risaputo che la luce, se fatta passare attraverso un prisma di vetro, si scompone nei colori dell’arcobaleno; ogni colore è dato da una differente lunghezza d’onda. Così come la luce genera diversi colori in base all’energia vibrazionale dei fotoni, allo stesso modo le stringhe, vibrando con intensità diverse, creano mondi alternativi.

La teoria delle bolle è più simpatica da spiegare, ed è attualmente la più accreditata: semplificando, afferma che il Big Bang ha generato molti universi a forma di bolla, in continua espansione. Le bolle si allargano in base ad un principio di “inflazione eterna”, che le porta ad ingrandirsi esponenzialmente, finché non subiscono una deformazione del loro spaziotempo. Quando ciò accade, dalla bolla di partenza comincia a formarsene una nuova; in principio i due universi rimangono collegati tramite un passaggio detto wormhole, poi si staccano completamente.

La nostra realtà, dunque, è solo una delle tante bolle in uno spazio “schiumoso”.

Hawking ha lavorato proprio su quest’ultima ipotesi; non a caso la sua ricerca si intitola “A Smooth Exit from Eternal Inflation?” (“Un’uscita elegante dall’inflazione eterna?”). La radiazione cosmica di fondo non è altro che un residuo energetico del Big Bang, che attraversa il nostro universo in forma di microonde.

Analizzando queste onde, osservandone le variazioni, si potrebbe quindi dimostrare matematicamente la presenza di mondi paralleli.

Il saggio di Hawking non è un’innovazione assoluta, in quanto altri fisici avevano già ipotizzato una relazione tra la radiazione cosmica e gli universi paralleli. Tuttavia, è un importante passo avanti nella dimostrazione della teoria, il lavoro più completo e accurato realizzato finora.