SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Immaginate una partita di calcio. Anzi, immaginate un caldo e sentito derby. E immaginate poi la squadra di casa in vantaggio di un gol a pochi minuti dal termine. Infine figuratevi questo epilogo di partita: la squadra ospite è spinta dal desiderio di pareggiare e attacca, ma gli avversari colpiscono in contropiede, segnano il 2 a 0 e vincono la sfida. Non senza polemiche, perché gli sconfitti ci vedono gravi irregolarità sia sul primo che, soprattutto, sul secondo gol.

Ecco, questa potrebbe essere la grande metafora calcistica che si nasconde dentro il drammatico consiglio comunale del 23 dicembre, che dopo mesi di aspre lotte, ha portato all’approvazione del project financing per la piscina. L’impianto, dopo una fase di bando, passerà per 30 anni in mano ai privati, che pagheranno lavori per l’ammontare di circa 3 milioni e mezzo di euro.

DI PARTITE DI CALCIO… Dopo mesi di monopolio mediatico per l’argomento piscina e una dura opposizione del doppio fronte comitato-minoranza, l’amministrazione porta a casa la partita. In realtà era già avanti per 1 a 0 dopo il primo tempo giocato in giunta lo scorso 11 dicembre. Ma il secondo tempo, che ha segnato di certo la vittoria politica (in realtà ampiamente prevedibile) della maggioranza, è stato anche la sede di polemiche che hanno travalicato la fisiologia dello scontro politico, anche di quello più duro. Chiare, chiarissime le “recriminazioni” delle forze di opposizione: non far votare al consiglio la convenzione per la gestione della piscina, centro pulsante del rapporto futuro fra comune e privati, è stato per la minoranza “un atto gravissimo” e ancora “un’esautorazione dei poteri del consiglio comunale”. La sensazione è che il consiglio-piscina abbia superato la normale dialettica e i normali equilibri della politica andando a rompere qualcosa anche nel campo degli equilibri istituzionali. E abbia consegnato la data del 23 dicembre alla storia di questa consiliatura come uno spartiacque e forse un punto di non ritorno.

…E DI CAPITANI. Nel mezzo anche una partita nella partita. Quella giocata fra capitani. Da una parte Giorgio De Vecchis, che prima di tutti e prima dell’agguerrito comitato aveva cominciato la battaglia sul project, parlando per primo a luglio delle questioni urbanistiche e di quelle economiche che poi sarebbero diventate il fulcro dell’intero fronte di opposizione al project. Un De Vecchis che ha vestito strenuamente ed evidentemente per ben otto ore di consiglio i panni, a volte irriverenti e perfino iconoclastici, del condottiero dell’opposizione. Opposizione che forse ha ritrovato un Pd con del vero “mordente”, perché altrettanto evidente è il cambio di registro di consiglieri come Di Francesco o Capriotti, mai così duri, determinati e finanche velenosi nei loro interventi come lo sono stati ieri. E la motivazione potrebbe risiedere nel fatto che dopo un anno di terremoti e scissioni, l’ultima delle quali è freschissima e porta il nome di Marzonetti, il partito viva paradossalmente un momento di relativa tranquillità e unione.

Dall’altra parte il capitano che ha difeso, blindato a tratti il project. Quel Pasqualino Piunti che dà la sensazione di essere l’unico leader di centrodestra rispettato dall’opposizione. Perché un’altra sensazione nitida è che la maggioranza, a un anno e mezzo dall’insediamento, fatichi ancora a guadagnarsi il rispetto dell’opposizione e l’onore delle armi. Vuoi per l’indole, diciamo così, silenziosa di molti suoi consiglieri che finisce per restituirne un’immagine “remissiva” agli occhi degli avversari politici. Vuoi per le difficoltà che l’ecosistema sambenedettese di centrosinistra, interno e sopratutto esterno al consiglio comunale, ha trovato nel calarsi in una dimensione minoritaria, dopo un decennio ininterrotto di governo.

FRA SPOGLIATOI DIVISI, CAMBI DI MAGLIA E TIFOSI. Il consiglio del 23 ha avuto, poi, un altro protagonista. Più silenzioso. Stiamo parlando del comitato, presente fra il pubblico e ridotto dalla natura istituzionale della sede al ruolo della “tifoseria”, con tanto di striscioni e cartelli. Ma c’è da scommettere che i No-Project continueranno a far sentire la loro voce perché se la fase politica attorno al project si è conclusa, se ne aprirà quasi sicuramente una successiva di carattere giudiziario. E’ stato poi il consiglio di Marco Curzi, che ha divorziato ufficialmente dal Psi e col voto favorevole al progetto-piscina potrebbe aver segnato il terzo cambio di casacca degli ultimi 18 mesi. Praticamente un cambio di maglia per ogni sessione di “calciomercato”. Ed è stato anche il consiglio di Forza Italia, spaccata in due da quasi un anno e che ieri è arrivata addirittura a esprimere, all’interno del suo gruppo (uno spogliatoio diviso lo definirebbero i giornalisti sportivi), tre voti differenti: il no di Gabrielli, l’astensione di Pignotti e il voto aderente alla maggioranza di Girolami e Muzi.

UN TROFEO O UNA FINALE? In ultima istanza è stata la partita della maggioranza di centrodestra, che ha vinto sul campo ma che ragionevolmente non ha ancora alzato il suo trofeo. Se infatti, come molti pensano, l’intera faccenda diventerà pane per giudici e avvocati, l’intero percorso politico appena giunto a conclusione e parimenti difeso e criticato dalle due squadre in campo, potrebbe essere riesaminato, passato all’occhio del VAR per continuare nella nostra metafora calcistica. Più prudentemente, quindi, Piunti & co. hanno raggiunto una finale. La vera coppa, infatti, potranno conquistarla solo se e quando riusciranno a riaprire la piscina esterna.