Un bitcoin per 11 mila dollari. Con quest’ultima, esorbitante impennata, la nuova moneta virtuale ha raggiunto un nuovo massimo storico. In circa un anno, il Bitcoin ha registrato un incremento di valore di oltre il 900%, con cifre altalenanti ma in grandissima ascesa. Ora tutti gli occhi sono puntati sulle prossime fluttuazioni di mercato, con crescente preoccupazione per una bolla speculativa che rischia di esplodere da un momento all’altro.

Cos’è il bitcoin? Il termine bitcoin si riferisce ad una moneta virtuale, o criptovaluta, che permette transazioni in internet e può essere convertita in soldi veri. Funziona, insomma, come un gettone. Può essere acquistata su piattaforme ufficiali di scambio, come Bitstamp e Coinbase, oppure attraverso dei Bancomat appositi. In Italia, per esempio, si trovano nelle città di Milano, Firenze, Torino, Udine e Pisa.

La valuta, è stata presentata per la prima volta nel 2009, da un anonimo inventore noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, insieme ad un complesso software di gestione della stessa, il Bitcoin Core.

Bitcoin Core è il motivo dell’enorme successo che la moneta bitcoin ha riscosso: si tratta infatti di un software liberamente circolante, che chiunque può scaricare sul proprio computer; questa caratteristica ha fatto sì che negli anni il Bitcoin si sviluppasse come una struttura decentralizzata, che non risponde a nessun ente principale.

Come è strutturato il Bitcoin Core? La rete Bitcoin è una cosiddetta struttura “peer-to-peer”, paritaria, nella quale tutti i partecipanti hanno uguale importanza. Chi installa il software mette a disposizione il suo computer per regolare l’ingente flusso dei dati relativi alle transazioni.

Di solito le grandi attività virtuali, ad esempio Google, si affidano a supercomputer appositamente costruiti per svolgere questo lavoro, Bitcoin Core sfrutta invece una rete capillare.

Il processo è interamente automatico, quindi basta lasciare l’apparecchio connesso per svolgere la suddetta attività. Tutti coloro che installano Bitcoin Core sovraintendono sia alla sicurezza della rete, sia alla creazione di nuova criptovaluta.

I due processi sono strettamente connessi: il numero delle monete bitcoin circolanti, infatti, è limitato, e l’unico modo per crearne di nuove è implementare la sicurezza della rete. Il processo è detto mining.

Proprio come se si estraesse oro da una miniera, un singolo computer può “setacciare” dati per ricavarne bitcoin, in proporzione all’attività svolta. Il lavoro consiste nell’assicurarsi che, durante le compravendite, le transazioni di bitcoin avvengano correttamente. Essendo fatti di codici e dati, i bitcoin potrebbero essere utilizzati più volte se non debitamente controllati. Per questo è necessario istituire una catena di blocchi; come nelle dogane, i soldi che viaggiano dall’acquirente al venditore vengono fermati e controllati più volte lungo il tragitto; solo se ricevono conferma di validità possono arrivare a destinazione.

Più blocchi vengono creati dal computer, più bitcoin vengono assegnati al proprietario come ricompensa. In definitiva, i possessori di Bitcoin Core ricevono soldi in cambio della disponibilità del loro computer.

Un simile sistema di controllo, però, richiede un’immensa potenza di calcolo, e di rimando una grande spesa elettrica per mantenere il computer in funzione. Nei primi anni del Bitcoin un normale pc privato era sufficiente per ricavare una discreta quantità di valuta, oggi il rapporto tra spesa energetica e guadagno è diventato decisamente sfavorevole.

Per questo non è più conveniente per un privato cittadino usare questo software, a meno di non avere a disposizione una quantità illimitata di elettricità gratis. Sono stati creati invece dei pool, ovvero dei gruppi di computer che lavorano insieme per ottimizzare il traffico dati. Nel giro di pochissimi anni sono stati creati i cosiddetti server “farm”, che controllano migliaia di computer addetti al mining.

Sono delle vere e proprie miniere di bitcoin, e abbondano soprattutto nelle zone rurali della Cina. Queste “miniere” non sono molto diverse da centrali elettriche: grossi edifici, di norma a ridosso di un corso d’acqua, con operai che lavorano per alimentare e raffreddare i server. La Cina, soprattutto nelle zone meno popolate, dispone di ottime fonti di elettricità a prezzi contenuti, nonché di manodopera a basso costo. Non è un caso che ad oggi sia la maggiore produttrice mondiale di bitcoin.

Il processo di estrazione, però, non durerà per sempre. La quantità di bitcoin elargiti ad ogni blocco viene automaticamente dimezzata ogni quattro anni. E’ stato stimato che, tra circa 130 anni, verranno prodotti ventuno milioni di bitcoin per tutto il mondo; dopo non ce ne saranno più di nuovi. I possessori di Bitcoin Core, però, non resteranno disoccupati: creando blocchi, acquisiranno una quota sulle transazioni che il computer monitorerà, come un normale sito di acquisti online.

Il passaggio ad una valuta virtuale era atteso e prevedibile, data la diffusione di internet, e molti credono già che il bitcoin sia la moneta del futuro. Tuttavia, la sua struttura rende molto difficili i controlli da parte di governi ed autorità. Il bitcoin garantisce un anonimato pressoché totale in rete, e non è soggetto a tassazioni; per questo è diventato la via preferenziale per le transazioni illegali nel deep web.

I governi non sembrano ancora interessati a regolarne l’uso in modo rigoroso, e di conseguenza la corsa al bitcoin è diventata una delle più grandi bolle speculative di tutti i tempi. Nessuno sa se e quando scoppierà, e quale sarà il futuro del bitcoin. Negli ultimi anni sono nate nuove criptovalute, come Monero e Zcash, che si stanno rapidamente facendo strada per le migliori garanzie di anonimato.