FERMO – Scattata stamane, alle prime ore dell’alba del 23 novembre, un’operazione che ha visto impegnati tutti gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Macerata per l’esecuzione di diverse perquisizioni locali e di tre misure interdittive, per la durata di otto mesi, nei confronti dei rappresentanti legali di altrettante società.

Il reparto della Guardia di Finanza, all’esito di una complessa attività, orientata alla ricerca e repressione delle frodi in danno del bilancio locale (con particolare riferimento al settore degli appalti pubblici) ha individuato e segnalato alla Procura della Repubblica di Macerata un sodalizio di tre imprenditori operanti nel settore degli appalti e delle costruzioni, ritenuti responsabili di sistematiche turbative d’asta.

In particolare, gli imprenditori coinvolti, concordando la forbice entro la quale offrire il maggior ribasso, riuscivano ad aggiudicarsi, con assoluta certezza, la maggior parte degli appalti pubblici indetti nella provincia di Macerata e zone limitrofe. Le imprese aggiudicatarie, successivamente, cedevano in subappalto le opere ad imprese colluse, al fine di ottenere la spartizione, tra il sodalizio, dei lavori appaltati.

L’attività investigativa, avviata da oltre un anno, ha permesso di accertare fattispecie di turbativa d’asta su diverse procedure di gare pubbliche esaminate, indette tra il 2014 e il 2016, principalmente nelle provincie di Macerata, Fermo, Ancona e Perugia, e relative ad appalti di lavori pubblici per oltre 26 milioni di Euro.

Il sodalizio responsabile delle condotte criminose agiva col seguente modus operandi:

presentazione di offerte di ribasso formulate “a tavolino”, tali da realizzare la “scaletta delle offerte di ribasso”, allo scopo di influenzare la procedura di gara, incidendo sull’orientamento dell’offerta mediana e, quindi, di quella della soglia di anomalia che portava all’aggiudicazione dell’appalto;

adozione di una logica “spartitoria” tra le tre imprese del sodalizio criminale, ovvero tra le aggiudicatarie formali delle gare ed i sub-appaltatori o “imprese ombra” che effettivamente eseguivano i lavori. Nel dettaglio, l’indagine ha evidenziato come, successivamente all’aggiudicazione della procedura, l’impresa vincitrice della gara non effettuava alcuna prestazione (oppure ne eseguiva solo una minima parte), ma incassava l’importo dell’appalto, girando alle imprese subappaltatrici, che avevano effettivamente eseguito in tutto o in parte i lavori, la quota parte dell’importo di spettanza.

Il sistema, inoltre, prevedeva la sistematica emissione, e conseguente utilizzazione, di fatture per operazioni inesistenti, necessarie per azzerare lo squilibrio economico e finanziario che si determinava tra le imprese aggiudicatarie ed i reali esecutori dei lavori (per nolo a freddo di mezzi meccanici concessi in locazione all’appaltante, per forniture di materiali impiegati nei cantieri, per distacco di personale dipendente, per conferimenti d’incarico tecnico).

La quota spettante all’impresa che formalmente si aggiudicava la singola gara variava, mediamente, tra il 3% ed il 17% dell’importo assegnato.

L’analisi documentale delle gare d’appalto oggetto d’indagine ha, altresì, evidenziato precise responsabilità in capo ad alcuni Direttori Lavori e dei Responsabili Unici del Procedimento delle Stazioni Appaltanti, la cui posizione è al vaglio dell’Autorità Giudiziaria procedente.

E’ stato accertato, infatti, che costoro, in qualità di pubblici ufficiali, hanno permesso l’esecuzione dei lavori in spregio ai dettami di legge, favorendo un ingiusto vantaggio patrimoniale alle imprese che effettivamente li avevano eseguiti, a tale scopo redigendo atti falsi (verbali di consegna dei lavori, stati di avanzamento dei lavori, certificati di ultimazione dei lavori, relazioni sul conto finale, certificati di regolare esecuzione).

Nel corso delle indagini è stato, inoltre, scoperto un caso di corruzione posto in essere da un militare della Guardia di Finanza, all’epoca dei fatti in servizio a Macerata, e da diversi mesi in congedo assoluto. Nel dettaglio, è stato accertato come quest’ultimo abbia rivelato, dietro compenso di almeno 40 mila euro, notizie ed informazioni, sulle quali vigeva il segreto investigativo, ad uno degli imprenditori indagati, in tal modo vanificando le ulteriori attività investigative in corso.

Accogliendo la specifica richiesta formulata dalla Procura della Repubblica, il Gip presso il Tribunale di Macerata ha emesso l’ordinanza cautelare oggi eseguita, concernente il divieto di esercitare la professione di imprenditore, nonché di ricoprire uffici direttivi in imprese, per la durata di 8 mesi a carico dei tre imprenditori maceratesi, ritenuti responsabili dei reati associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti, falsità ideologica, ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nonché, per uno dei tre, di corruzione e concorso in rivelazione di segreto d’ufficio.

Nei confronti dell’ex finanziere, con la stessa ordinanza, è stata eseguita la misura cautelare reale del sequestro per equivalente della somma (40 mila euro) ritenuta profitto dei reati ascrittigli: corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.