GROTTAMMARE – Una di quelle vicende che no, non vorresti raccontare. Perché quando la signora ti guarda negli occhi, vedi la disperazione sincera di una vita che ha imbeccato all’improvviso la curva sbagliata, dopo di ché nessuno – nessuno – le ha concesso una nuova possibilità. Il riscatto non esiste, e non esiste neanche nella nostra terra, quel Piceno sonnacchioso sotto la cui coltre si dipanano storie crude, esistenze difficili, troppo spesso ritenute altre rispetto ad una tradizione di provincia benestante e solidale.
La donna, 50 anni, residente a Grottammare, il prossimo 2 novembre avrebbe dovuto riprendere a lavorare grazie ad una borsa messa a disposizione dalla Regione Marche. Poca cosa, appena 500 euro al mese per 6 mesi e 25 ore settimanali. Ma tanto, per chi al momento non ha nulla e ha dietro di sé da anni difficili. Tremendi. Una mano tesa a chi vede attorno a sé soltanto solitudine e violenza. Non solo l’amoralità esplicita di usurai e mascalzoni, ma anche quella più nascosta dei delatori e dei diffidenti. Una chiacchiera, un suggerimento, un’invidia.
Di seguito riportiamo il nostro colloquio con la signora, nella speranza che si possa evitare una discriminazione nei suoi confronti che sarebbe un colpo mortale all’idea di una società solidale e in grado di offrire possibilità di riscatto, come da articolo 27 della Costituzione Italiana.
Il prossimo 2 novembre doveva tornare a lavorare. Cosa è accaduto, invece?
“Nel mese di ottobre 2016 ho partecipato ad un bando della Regione Marche dove si mettevano a disposizione delle borse lavoro di 500 euro al mese per sei mesi. Nella nostra provincia ero giunta 430esima su 147 posti disponibili. Tuttavia a marzo sono state riaperte le graduatorie e così la Regione ha deciso di offrire la borsa a tutti i richiedenti. Sono stata chiamata da una funzionaria della Regione che mi ha spiegato come, dopo l’estate, sarei entrata in contatto con un’azienda per un lavoro. Avrei dovuto iniziare il prossimo 2 novembre. E dire che il titolare del luogo dove sarei andata mi conosceva in quanto per dieci anni ho svolto il ruolo di banconista nel supermercato dove è stato direttore, e avrei avuto lo stesso incarico anche qui. Non doveva, insomma, insegnarmi il lavoro e sembrava molto contento di avere una dipendente già qualificata per il compito da svolgere”.
Cosa è accaduto, invece?
“Ho firmato il contratto, la convenzione, ma ad un certo punto mi è stato detto che quanto mi è accaduto a livello giudiziario era troppo grave e quindi non mi avrebbero accettata. Perderò la borsa di studio: dalla Regione sono stati gentilissimi ma non hanno il potere di imporsi ad un privato. Non ho denaro sufficiente per rivolgermi ad un avvocato, perché se la decisione di escludermi fosse arrivata prima avrei potuto rivolgermi ad un altro datore di lavoro”.
La signora, di cui non diffondiamo il nome, ha alle spalle una triste vicenda. Assieme alla famiglia, marito e due figli, decise di investire i risparmi in una attività di bar e ristorazione. Le cose non procedono per il verso giusto, i conti vanno in rosso ed ecco la mano tutt’altro che caritatevole di un usuraio grottammarese che concede un prestito. Denaro che la famiglia non riesce a restituire, gravato da tassi di interesse altissimi. Così giunsero le minacce anche fisiche ai figli, ma, nonostante un tentativo di denuncia, l’usuraio non venne fermato. Dalla padella alla brace, si suol dire; così per ripagare il debito ed evitare violenza, la signora viene coinvolta in un giro di trafficanti di stupefacenti. Lei, materialmente, non fa nulla, ma accompagna i pusher nei loro traffici e così viene condannata ad un anno di reclusione, anche se collabora con la giustizia.
Scontata la pena, la donna si ritrova disoccupata ma anche il marito e i figli, chiusa l’attività, sono senza lavoro. Nessuno si fida di loro e trovare una occupazione diventa impresa impossibile, tanto che quando capita pure qualche occasione gli imprenditori vengono subito messi al corrente di quanto accaduto grazie alla mano invisibile del chiacchiericcio di paese. Così il marito è costretto ad emigrare all’estero, ed ora lavora in Marocco, dove a gennaio sarà seguito dal figlio.
La signora, invece, trova sempre e soltanto porte chiuse e in caso in cui rimedi una occupazione, trascorrono pochi giorni e il rapporto lavorativo si interrompe, grazie alle solite malelingue: “L’ultima volta è accaduto a marzo: dopo un mese tutto è finito” ci dice, con le lacrime agli occhi, “ma io ho bisogno di lavorare, devo in qualche modo iniziare a vivere di nuovo, ho scontato la pena per il mio errore, perché devo ancora essere punita?”
“Mi sono rivolta al vostro giornale per disperazione, non so in che modo posso uscire da questo incubo. Sono stata ai servizi sociali del Comune ma loro possono soltanto darmi delle piccole somme di denaro come se fossi una indigente o una tossicodipendente; io voglio altro, voglio lavorare, non voglio essere umiliata ancora“.
Un appello che abbiamo raccolto con molta emozione e rabbia nel nostro ruolo di giornalisti e che speriamo trovi una conclusione positiva con il concorso di enti e magari qualche imprenditore più sensibile.
Lascia un commento
Io penso che questa povera signora oltre al lavoro, ha diritto a un’avvocato.
Certamente oltre al posto di lavoro, pubblico magari, così non ha obbligo di rendimento, ed all’assistenza legale gratuita, aggiungerei: alloggio popolare, esenzione totale dei ticket sanitari, esenzione da ogni imposta locale, facilitazioni per ricongiungimenti familiari, sconto della pena per gli stessi. D’altronde chi non lo farebbe a chi è stato coinvolto in una vicenda di spaccio di droga, ed è stato condannato ad un anno di reclsione, probablimente da un giudice cattivo e poco sensibile.
Quale campana mancherebbe?
Mancherebbe la campana di chi le ha rifiutato il lavoro….per quello ke ne so io potrebbero essere diversi i motivi….sa tempo fa conoscevo una persona ke vicino casa mia una persona parlava bene ma razzolava male, nel senso ke poi le cose nn stavano proprio come diceva lui….
Come il pazzo No….? Mica dice ke é lui quello malato….
Credo che il compito, dopo la ‘denuncia’ pubblica, aspetti al giudice regionale del lavoro come suggerisce un nostro lettore. Non ci resta che attendere
Attenzione io nn dico ke questo é il caso ke espongo, neanche conosco di ki si parla, dico solo ke a volte sarebbe meglio verificare in maniera più approfondita ….sa per come la penso io quando ci si mette la faccia, come nel Vs caso, meglio sapere tutta la verità….nn sempre il discriminato é tale per colpa degli altri…. Poi parliamoci chiaro direttore, possiamo fare una colpa a ki nn l ha assunta? Da quello ke leggo, parliamo di un assunzione in una attività commerciale, dove anche l immagine purtroppo conta…. Lei assumerebbe un giornalista ke magari si é macchiato… Leggi il resto »
Abbiamo verificato la veridicità di quanto a noi detto inizialmente. Il rifiuto del datore di lavoro non si configura come reato.
Consiglio vivamente all’interessata di rivolgersi subito al Difensore Civico Regionale delle Marche (ombudsman) con sede ad Ancona. questo è il link http://www.ombudsman.marche.it/index.php?ida=2 se le riesce, lo faccia andandovi di persona – non le costerà nulla, ci vada il prima possibile, esponendo dettagliatamente il suo caso nel merito specifico, sostanziale e soprattutto siintetico, riguardo all’impedimento che il datore di lavoro le avrebbe imposto – a suo dire – a lei come al soggetto attuatore della borsa lavor, ovvero l’Ente Provincia di AP, del quale non si capisce quale sia la posizione presa, visto che trattasi comunque di una graduatoria pubblica di… Leggi il resto »
Forse la signora si rivolgerà agli avvocati di strada ma capire che la somma complessiva è così bassa e l’esito così incerto ..
…in alternativa vi sarebbe il ricorso amministrativo al TAR delle Marche, se la signora ha un reddito ISEE, che le consente di ottenere il gratuito patrocinio e non pagare nulla.
Sarebbe bene per lei, ottenere fin da subito, copia della determina del Dirigente o dell”ufficio che ha approvato la graduatoria della borsa; è un suo diitto innegabile averne una copia poichè rientra tra gli interessati per il diritto di accesso; pertanto vada a chiederla immediatamente se non lo avesse già fatto – il ricorso al TAR è esperibile entro n. 60 gg. dalla data di approvazione/emissione della determina. Saluti.
Non ci sono comportamenti rilevanti dal punto di vista penale, ma dal lato amministrativo SI. Il Responsabile del procedimento/incaricato del settore lavoro/formazione prof.le della Provincia di AP, aveva ed ha l’obbligo di collocare il soggetto presso un datore di lavoro che usufruirà di un lavoratore per sei mesi a costo zero, in considerazione della posizione in graduatoria che ha assegnato all’interessato tale diritto. Altrimenti il bando doveva prevedere l’esclusione di taluni soggetti con determinati procedimenti penali, ma così non è stato e non potrà mai essere se si devono re-inserire i soggetti svantaggiati !!! Se stiamo parlando di re-inserimento al… Leggi il resto »
Se Rivieraoggi intende aiutare questa persona ancor meglio, sarebbe il caso di intervistare il Dirigente-Responsabile del procedimento di settore della Provincia presso il centro per l’impiego, domandandogli quale è, o sarà la sua presa di posizione formale/decisionale nel caso in oggetto. Aggiungo se non ricordo male che Renato Vallanzasca dopo aver scontato parte della pena è stato re-inserito al lavoro presso una cooperativa sociale, quale sarebbe altrimenti l’obiettivo di ricollocare le persone svantaggiate ?? Se poi il datore di lavoro aveva paura di rimetterci la faccia assumendo un determinato soggetto, doveva sapere bene ed essere informato in merito a persone… Leggi il resto »