Cerchiamo di capire cosa dice il “Def”, acronimo che sta per “Documento Economia e Finanza“. Nome ostico forse per molti, ma è in queste righe, firmate dal Presidente del Consiglio Gentiloni e dal Ministro dell’Economia Padoan, che si decide chi mangia e chi no. Un documento di macro-economia nel quale non si elenca precisamente quanto pane assegnare a ciascuna classe o settore della società, ma si mette nero su bianco quanto è l’ammontare del pane che verrà poi suddiviso dalla società italiana nel suo complesso.

Quanto saranno le imposte quante le spese, quanto l’utile effettivo (avanzo primario), quanta la remunerazione dei prestatori di capitale. Perché oggi lo Stato italiano è stato interamente aziendalizzato. Come una azienda che si rivolge ad una banca per ottenere finanziamento, così lo Stato Italiano si rivolge a dei prestatori internazionali (ad esempio Barclays, Goldman Sachs, Unicredit, Suisse Bank) e per ottenere i prestiti deve presentare utili aziendali. Nel caso dello Stato Italiano, l‘utile aziendale è dato dalla differenza tra imposte e spesa pubblica. Infatti dal 1992, anno di introduzione dell’austerità in Italia, le tasse sono superiori alla spesa pubblica.

Fatta questa premessa, studiamo alcuni aspetti del Def, prima di una visione complessiva. Partiamo dal tema dell’imposizione fiscale, per un motivo importante: la propaganda politica liberista gioca tutte le sue carte nel tema della riduzione/aumento della tassazione. L’analisi è monca volontariamente, poiché il livello della tassazione deve essere sempre confrontato con il livello della spesa pubblica. Se con la mano destra mi togli 100 soldi (tasse) sono interessato a sapere quante me ne restituisci con la sinistra (spesa). Se la propaganda gongola perché la mano destra toglierà, l’anno prossimo, 98 soldi anziché 100, è importante sapere come cambia anche il gioco della mano sinistra.

ANDAMENTO IMPOSIZIONE FISCALE FINO AL 2019

Secondo il Def nel 2016 il livello di imposizione fiscale è stato pari a 788,5 miliardi di euro. Nel 2017 il dato dovrebbe salire a 799,6 miliardi (+11,1 miliardi rispetto all’anno precedente), quindi si prevedono 826,5 nel 2018 e 850,6 miliardi nel 2019. Nel 2019 in livello assoluto l’imposizione fiscale sarà di 62,1 miliardi superiore rispetto al 2016.

ANDAMENTO PERCENTUALE PRESSIONE FISCALE FINO AL 2019

Più che il dato assoluto sarà importante il dato a confronto con il Pil. Sulla base di quanto scritto nel Def, la pressione fiscale è stata del 42,9% del Pil nel 2016. Le aspettative per gli anni seguenti non sono molto differenti: 42,3 nel 2017, 42,8 nel 2018, 42,8 nel 2019.

IMPOSIZIONE SEMPRE PIU’ REGRESSIVA

Un grave problema che si ravvisa è lo spostamento della tassazione dalle imposte dirette a quelle indirette. Dall’Irpef e l’Irpeg, per dire, all’Iva. Le imposte dirette variano al variare del reddito, mentre l’Iva colpisce indifferentemente i ricchi e i poveri sulla base dei consumi e per questo motivo è una imposta più regressiva. Il Def prevede che le imposte dirette scendano dal 14,9% del 2016 al 13,9% del 2019 (da 248,5 miliardi a 251,2) mentre le imposte indirette saliranno da 242,2 a 281,1, quasi 40 miliardi in più, con un equivalente incremento dell’1% in rapporto al Pil (dal 14,5 al 15,5%).

SINTESI

Rispetto al 2016 non si ravvede una particolare riduzione dell’imposizione fiscale e anzi c’è da registrare un inasprimento dell’imposizione meno equa (imposte indirette) a detrimento dell’imposizione diretta.