SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Non è facile trovare un libro del genere sugli scaffali delle librerie. L’argomento, d’altronde, non è di quelli su cui il lettore medio si soffermerebbe più di tanto. Anzi, per dirla tutta, l’argomento è di quelli che la maggior parte di noi vorrebbe chiudere in un cassetto per sempre. Parliamo delle tasse, mondo raccontato in una versione inedita (almeno per un certo tipo di letteratura, non certamente tecnica) da “Tassopolis”, libro di Antonio Morelli, Ufficiale della Guardia di Finanza residente a Roma ma nato a San Benedetto, dove domani sera, presso la splendida cornice della Palazzina Azzurra, presenterà proprio la sua fatica letteraria.

Alla vigilia dell’appuntamento abbiamo intervistato lo scrittore che ci guida all’interno di un libro che promette di ribaltare il punto di vista del lettore sull’argomento “fisco” proponendo un approccio storico e aneddotico poche volte tentato per questo genere di temi. La chiacchierata poi non può che volgere verso un’analisi del sistema fiscale italiano e sui fenomeni dell’elusione e dell’evasione fiscale. E se possibile, Morelli, dà delle risposte che non ci saremmo aspettati da un ufficiale della Guardia di Finanza.

 

Buonasera Morelli, come nasce l’idea di scrivere un libro sulle tasse, francamente non un argomento di cui la letteratura sia particolarmente popolata.

“L’idea nasce dalla scoperta di alcuni testi che descrivevano il mondo delle tasse e dell’imposizione fiscale in modo diverso dal consueto. Di questo argomento si parla spesso e volentieri ma l’aspetto storico è poco approfondito. Il mio libro punta proprio su quell’aspetto fornendo anche una serie di aneddoti e retroscena affascinanti.”

E’ un compendio sulla storia delle tasse o qualcosa di più?

“Non si parla solo di storia, ma attraverso una serie di tasselli, fra cui un’aneddotica interessante che spazia da Masaniello alla Russia zarista o per rimanere dalle nostre parti con il Papa marchigiano Sisto V, si vuol far capire che, nel corso dei secoli poco è cambiato: da una parte c’è sempre lo Stato che cerca di incassare dal sistema fiscale e dall’altra ci sono i contribuenti che aspirano sempre a una tassazione più leggera. Può essere una buona lettura per chi è curioso di conoscere i retroscena di un mondo poco esplorato dalla letteratura ed è un testo per tutti, non complesso e in cui non ci sono riferimenti normativi, normali altrimenti quando ci si addentra in questo mondo”.

Qual è l’obiettivo di fondo del suo prodotto letterario?

“L’obiettivo del libro può essere definito come il tracciamento o la concettualizzazione di un percorso che vuole far capire che sta ai governi riuscire a realizzare un sistema, che è quasi un’utopia, in cui l’imposizione fiscale sia la più giusta possibile”.

In questo paese, lo saprà meglio di noi, parlare di tasse non è mai facile. L’italiano d’altronde è spesso dipinto come il prototipo del furbetto, specie in questi ambiti.

“Io credo, in generale, che ci sia più predisposizione a pagare le tasse quando si capisce l’utilità dell’imposizione fiscale e quando i benefici del prelievo, in termini di servizi per esempio, sono limpidamente percepiti dalla collettività. E’ vero che si è portati a pensare che l’italiano sia in qualche modo un “furbo”, o un bravo elusore ma in realtà l’Italia non spicca particolarmente da questo punto di vista”.

Spesso in tempi di crisi la percezione sociale di fenomeni come l’evasione o l’elusione fiscale è quasi socialmente giustificata.

” E’ vero ma questo meccanismo mentale è  meno sentito quando la spesa pubblica è più controllata e le sanzioni più efficaci, l’aspetto di maggior rilevanza, a mio avviso, sono le criticità nella gestione della spesa pubblica. L’evasione è grave ma lo è altrettanto la malagestione della spesa.”

A parte la gestione della spesa pubblica, neanche il sistema fiscale in questo Paese è perfetto.

“C’è sicuramente un’esigenza di semplificazione in questo paese e soprattutto di sicurezza dell’imposizione fiscale. Pensi all’imprenditore che magari si vede cambiare il quantum di tasse da pagare da un anno all’altro ritrovandosi in difficoltà da un punto di vista operativo perché chiaramente nell’impossibilità di pianificare visto che non sa che budget dovrà destinare alle tasse.”

L’evasione resta un problema di questo paese in ogni caso. Quali sono le origini del fenomeno per lei?

“Da 30 anni faccio parte di questo mondo e il problema più grande è la mancanza di educazione civica. A volte si percepisce che ancora non c’è questa cultura, che forse andrebbe insegnata nelle famiglie. Ma qualcosa sta cambiando negli ultimi anni.”

Cioè?

“Rispetto a 20 anni fa fa l’opinione pubblica è più attenta e consapevole del grave danno che rappresenta il non pagare le tasse. Possiamo vedere, in un certo qual modo, la crescita di una certa coscienza sociale, che forse è un’altra conseguenza delle crisi economiche, che porta la nostra società a stigmatizzare con più vigore certe ingiustizie”.

La Guardia di Finzanza, corpo di cui lei fa parte, è spesso percepita come una sorte di “persecutrice”. Episodi di corruzione saliti alla ribalta delle cronache, poi, non aiutano a mitigare certi giudizi.

“Certamente ci sono questi aspetti che però sono estremi e per fortuna sporadici. E’ vero però che operiamo in un settore delicato che non sempre ci ha fatti amare perché è dai tempi di Papa Sisto V che gli esattori o i controllori come noi non sono visti bene. Non a caso si diceva ‘Meglio un morto in casa che un marchigiano fuori dalla porta’ quando il papa mise i suoi conterranei a esigere le tasse. Quello che voglio dire, però, è che la Guardia di Finanza non controlla con fini persecutori ma per garantire equità fiscale e io credo che la gente lo capisca, o per lo meno, lo stia capendo”.

Un’ultima domanda. Riallacciandoci al rapporto fra sistema fiscale e spesa pubblica, qual è per lei il paese più virtuoso e, magari, dove piazzerebbe l’Italia in una ipotetica classifica?

“Nonostante sarebbe bello avere un modello del genere a cui aspirare penso si tratti di un’impostazione volatile perché avremmo bisogno di troppi parametri per stilare un’ideale classifica. Più che collocare l’Italia in graduatorie dovremmo capire che il nostro paese ha bisogno di riprendere una sua fisionomia economica forte e per questo serve lo spirito giusto del contribuente e di chi monitora la spesa.”