SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Ciò che un uomo può inventare, un altro può scoprire“. Questa è una delle frasi più famose di Sherlock Holmes, messa in bocca al grande investigatore britannico direttamente dal suo creatore Arthur Conan Doyle.

E in questi giorni anche a San Benedetto c’è qualcuno che ha deciso di seguire le orme del “giallo” personaggio letterario e procurarsi, idealmente si intende, lente di ingrandimento e impermeabile, nonostante le temperature.

Stiamo parlando del consigliere di maggioranza Stefano Muzi che, notizia di oggi, sta indagando sul “Maremoto”, festival musicale andato  “in onda” a San Benedetto per 10 anni fino al 2016. Poi la cancellazione dal cartellone estivo e i conseguenti strascichi politici e non solo. Muzi ha dichiarato di aver richiesto l’accesso agli atti “per ottenere tutta la documentazione riferibile alla rendicontazione presentata dagli organizzatori negli anni che vanno dal 2007 al 2016” chiosa lo stesso forzista in una nota stampa, spiegando di voler capire “come sono stati spesi 25 mila euro all’anno dagli organizzatori nel corso degli anni in cui la città è stata amministrata dal centrosinistra a guida Giovanni Gaspari.”

Ma quale indizio ha fatto muovere il consigliere? A quanto pare un post su Facebook in cui l’ex consigliere comunale di Rifondazione Daniele Primavera  si fregiava del fatto che, nel 2010, al Maremoto si fosse esibito “gratis” James Senese (resta da capire se la gratuità fosse riferita all’evento o al fatto che il pubblico, molto più semplicemente, non avesse pagato ndr), celebre sassofonista italoamericano che il prossimo 31 agosto porterà le sue deliziose note al Paese Alto di San Benedetto. Muzi dunque, allertato dalla notizia, dichiara di voler capire come siano stati spesi i contributi “se non per gli artisti che si sono esibiti”.

Mentre le indagini vanno avanti, nonostante la calura estiva, la città, e noi compresi, resta in attesa delle risultanze. Anche se, come ogni “giallo” che si rispetti, ci piacerebbe leggere il romanzo tutto d’un fiato senza che la suspense soffra di una sorta di “climax interruptus”. Perché, si sa, gli annunci aiutano a vendere bene libri e pure scrittori ma, da soli, appassionano poco i lettori.