SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Fino al 9 luglio la neonata associazione culturale L’Astrolabio ospita una mostra fotografica di Stefano Buttafoco: “Orizzonti interiori – Visioni intimistiche degli altopiani boliviani”. Gli scatti sono stati realizzati tra il febbraio ed il marzo 2015, durante un viaggio del fotografo in Sudamerica, in particolare in Perù e in Bolivia. L’inaugurazione della mostra si è tenuta sabato 24 giugno alle ore 17 presso il centro culturale L’Astrolabio, in via Monte San Michele 31, a San Benedetto del Tronto. Il 29 giugno alle ore 21 si è potuto assistere invece al “Diario di viaggio”, una proiezione di scatti inediti accompagnati da un commento del fotografo, che nella vita di tutti i giorni è anche un ingegnere: “Costruisco apparecchi hi-fi artigianali di alta qualità, spesso su misura. E’ un’ingegneria creativa, votata un po’ all’arte, che mi permette di esprimermi al meglio. In più svolgo anche l’attività di fotografo, anche se non ho un vero e proprio studio”.

In passato Stefano Buttafoco si è occupato anche di fine art, ossia stampa di fotografie su supporti di qualità a scopo di arredo, e tuttora sul suo sito è possibile acquistare lavori di questo genere. “Come fotografo mi adatto a tutto, ma gli ambiti che preferisco sono la fine art e le foto di viaggi – afferma Buttafoco – Mi piace visitare posti dove la natura è incontaminata, si può avere un maggiore contatto con le persone e si esce dalla bolla di benessere occidentale a cui siamo abituati. La parte più brutta è tornare a casa, perché ci si sente spaesati”.

Stefano, come è nata la tua passione per la fotografia?

“Essendo molto appassionato di astronomia, ho iniziato con la fotografia astronomica quando ero ragazzino. Andando in montagna e posizionando la macchina fotografica dietro al telescopio è possibile fotografare cose che l’occhio umano non vede, perché la pellicola fotografica può accumulare la luce, a differenza dell’occhio umano, che prende la luce istante per istante. Ho cominciato a studiare tutti i vari materiali, ho creato una mia camera oscura e da lì ho comprato la mia prima macchina digitale e mi sono appassionato, ampliando i miei orizzonti, anche perché la fotografia astronomica è molto impegnativa”.

Come è nata l’idea di realizzare degli scatti in Sudamerica e di farne una mostra?

“Circa tre anni fa ho iniziato a fare dei viaggi importanti e il primo è stato in Sudamerica, una meta che ho sempre amato. Ero attratto in modo particolare dalla civiltà inca, così ho visitato Perù e Bolivia. Il viaggio è durato 24 giorni, ho portato con me tutta l’attrezzatura e ho realizzato circa 3000 scatti, fotografando soprattutto gli altopiani della Bolivia. L’idea della mostra è nata quando ho conosciuto Teresa Annibali e Maurizio Apostoli dell’associazione L’Astrolabio. Insieme abbiamo deciso di dare all’esposizione un taglio più artistico e la chiave di lettura è da ricercare proprio nell’equilibrio tra l’impronta naturalistica da me conferita e quella artistica dei ragazzi”.

Qual è la particolarità delle immagini esposte?

“L’esecuzione delle fotografie è inusuale, perché ho deciso di utilizzare la stampa su legno. E’ una tecnica nuova, che non si vede spesso, ma che permette di sottolineare il taglio naturalistico e artistico della mostra, anche perché così realizzate le fotografie sembrano dei quadri. Gli altopiani boliviani sono desertici, è la natura a fare da padrona e quello che colpisce delle foto è il paesaggio brullo, vuoto, ma che nello stesso tempo riesce a dare un senso di completezza. Le linee, le geometrie e i colori sono semplici ma perfetti, come solo la natura sa fare”.

C’è un messaggio che vuoi trasmettere?

“Gli scatti della mostra rappresentano il rapporto uomo-natura: da una parte c’è la natura così grande, immensa e perfetta; dall’altra l’uomo che compare in forma di silhouette, quindi stilizzata. Attraverso certe esperienze è possibile ritrovare se stessi, liberarsi da molte sovrastrutture che il mondo occidentale ci ha inculcato. E’ una sorta di percorso di purificazione, che ti porta a ritrovare il contatto con la Pacha Mama, ossia la Madre Terra, come la chiamano gli inca”.