SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Chi di voi non ricorda la pellicola “Parenti Serpenti”, film cult del 1992 firmato dal genio della “Commedia all’Italiana” Mario Monicelli che racconta un tipico e, apparentemente normale, Natale in famiglia? Normale fino all’annuncio, da parte degli anziani genitori del nucleo familiare, di non voler più vivere da soli. La “bomba” lanciata dai due nonnini, con i figli costretti a scegliere chi si dovrà prendere cura degli anziani da lì in avanti, metterà a nudo le tensioni, le gelosie e gli odi fino a quel momento celati fra i membri della famiglia.

Una situazione simile, per certi versi, la sta vivendo il gruppo consiliare sambenedettese di Forza Italia che, dalla sfiducia di Bruno Gabrielli è caduto in una spirale di veleni, accuse e contro-accuse, di più o meno tutti i membri che ne fanno parti, divisi inesorabilmente in una doppia coppia (Pignotti-Gabrielli da una parte e Muzi-Girolami dall’altra) che di connotazione “familiare”, diciamo così, ha ben poco ormai. E non è detto che questa connotazione l’abbia mai avuta.

A ripercorrere la storia del gruppo azzurro da un anno a questa parte infatti, ci si accorge nitidamente che i quattro consiglieri non sono mai andati d’amore e d’accordo. E qualche particolare in più, che oggi siamo in grado di svelare, lo confermerebbe. Ecco una breve cronistoria di un anno vissuto da “parenti serpenti”.

Luglio 2016

Qualche giorno dopo la celebrazione del primo Consiglio Comunale dell’era Piunti gli azzurri Pignotti, Muzi e Girolami si incontrano (precisamente in data 15 luglio) per decidere, chi fra loro dovesse fare il capogruppo. Dalla riunione esce fuori il nome di Mariadele Girolami che riceve, oltre al suo, anche il consenso di Stefano Muzi. Il nome di Pignotti, spinto anche dall’apparato di partito, viene bocciato dagli altri due, che valutano il compagno troppo giovane e inesperto per il ruolo (Pignotti è infatti il più giovane consigliere dell’attuale assise e anche uno dei più giovani eletti di sempre).

A Valerio Pignotti, e a parte di Forza Italia, il responso della riunione non sta bene, tanto più per il fatto che è la proclamazione è avvenuta senza il voto di Bruno Gabrielli, appena salito sulla poltrona di Presidente del Consiglio, ma comunque consigliere eletto nelle file di Forza Italia. Il 25 dello stesso mese infatti, lo stesso Gabrielli comunica, in un documento protocollato il suo voto per Pignotti. Da quel momento il giovane azzurro diventa rappresentante di Forza Italia in Consiglio anche in forza del regolamento che prevede, in caso di mancata elezione (e in quel caso non era possibile pervenire a un accordo essendo un 2 contro 2), che il ruolo di capogruppo vada al “consigliere anziano” (quello col maggior numero di voti) e con Gabrielli impegnato nel ruolo istituzionale il Consigliere Anziano, paradossalmente, era proprio il tutt’altro che “anziano”(nell’accezione classica) Pignotti con 176 voti (contro i 60 di Girolami e 72 di Muzi).

Con un altro atto, indirizzato al segretario comunale e allo stesso presidente Gabrielli, Muzi e Girolami contestano, lo stesso 25 luglio, l’investitura di Pignotti (Documento allegato in GALLERY). E’ il primo momento di frizione nel gruppo con i due che, a quanto sappiamo, in quel momento avrebbero pure valutato l’uscita da Forza Italia per formare un gruppo a parte. Idea però frenata dal regolamento del Consiglio che prevede, per i gruppi di nuova costituzione (formati almeno da due consiglieri) che questi abbiano una rappresentanza parlamentare. (E’ l’esatta fattispecie, che mesi dopo ha consentito a Flavia Mandrelli e Paolo Perazzoli di costituire il gruppo di Articolo 1). A questo punto, già in estate, Forza Italia si sarebbe ritrovato con l’esatta spaccatura che caratterizza oggi il gruppo: Pignotti da una parte e Muzi e Girolami dall’altra.

Settembre 2016-Gennaio 2017

A settembre però, le squadre sembrano mischiarsi. Complici le trattative e gli equilibri in gioco nella formazione delle commissioni consiliari e nell’elezione dei presidenti degli organi stessi. In quel periodo, un mancato accordo sulla presidenza delle commissioni, sembra avvicinare Stefano Muzi dalla parte di Pignotti e il “binomio” all’interno del gruppo va a rafforzarsi in occasione delle elezioni provinciali di inizio 2017. Pignotti in quell’occasione perde il posto in Consiglio ad Ascoli anche per “colpa” di Mariadele Girolami che non vota il compagno di partito. Dall’episodio ne nasce un vero e proprio “caso” politico con Forza Italia che arriva a “ripudiare” la consigliera nel corso di una riunione a cui partecipano Gabrielli, Muzi e Pignotti. Dall’incontro ne scaturisce una dura nota stampa in cui gli azzurri “sfiduciano” la Girolami annunciando di volerla destituire da ogni incarico politico ed amministrativo.

Marzo 2017

Questo equilibrio di forze negli azzurri sembra sopravvivere anche il 17 marzo, quando una mozione di sfiducia firmata da 21 consiglieri su 24 colpisce il presidente del Consiglio Gabrielli. Al “cesaricidio” partecipano anche 12 consiglieri di maggioranza, fra cui la stessa Girolami, mentre ne restano fuori sia Muzi che Pignotti. Lo stesso giorno, il capogruppo si dice “sorpreso” della sfiducia davanti ai giornalisti e dice di “aver informato i vertici di partito”. In quei giorni di tempesta qualcosa sembra però cambiare negli equilibri. A differenza di Pignotti infatti, l’altro azzurro Stefano Muzi definisce, il 20 marzo, la sfiducia una questione “tecnica” senza vederci i risvolti politici e le ombre di crisi in maggioranza sulla bocca di tutti in quei giorni. E, a posteriori, in questi giorni nasce forse il progressivo allontanamento del Consigliere dalla corrente “gabrielliana” del gruppo.

Forza Italia poi, il 23 marzo indice un “tavolo di crisi” in vista dell’assise che due giorni dopo avrebbe ammesso la procedura di sfiducia a Gabrielli. Al tavolo sono presenti un po’ tutti: da Gabrielli a Pignotti passando per Muzi e Annalisa Ruggieri. Al tavolo anche il coordinatore regionale Remigio Ceroni e il consigliere regionale Piero Celani. Dopo la riunione, però, anziché fulmini e saette, la situazione sembra rientrare nella normalità tant’è che Forza Italia vota il bilancio di previsione durante il Consiglio del 25 marzo. La “calma apparente” prosegue anche il 29 aprile, giorno in cui l’assise è chiamata a confermare la “spallata” a Gabrielli. Anche in quell’occasione il gruppo azzurro sembra coeso e tutti (tranne Girolami) si astengono. Gli equilibri, però, sono destinati a cambiare, di nuovo, di lì a poco.

Maggio 2017

Nel mese di maggio, la maggioranza è tutta impegnata nel “toto Presidente” per individuare il sostituto di Gabrielli. La maggioranza converge, definitivamente, sul nome di Chiarini la sera del 25 maggio, a due giorni dall’elezione in assise. In quella riunione di maggioranza però la linea che tiene Forza Italia non è affatto unitaria. Il capogruppo Pignotti infatti propone il nome di Gianni Balloni (che poi il 27 effettivamente voterà assieme a Bruno Gabrielli) scatenando, a quanto pare, una reazione di Stefano Muzi che arriva ad apostrofarlo con qualche parola di troppo davanti agli altri consiglieri.

E’ il preludio alla spaccatura più grossa che si paleserà, in tutta la sua nitidezza, proprio la mattina del 27 maggio in cui la doppia coppia si ripropone. Prima Pignotti e Gabrielli votano per l’elezione di Balloni (mentre Girolami e Muzi convergono verso Chiarini, espressione del resto della maggioranza) e poi un altro momento di spaccatura si vive al momento del voto sul bilancio consuntivo. Gabrielli si astiene e annuncia che lo stesso Pignotti avrebbe fatto lo stesso se presente (il capogruppo ha lasciato infatti in anticipo i lavori dell’assise per impegni di lavoro) mentre poco dopo Stefano Muzi, da vice-capogruppo annuncia una diversa intenzione di voto, a sostegno dell’approvazione del documento economico-finanziario, portando alla luce del sole, davanti a tutto il Consiglio, la divisione in due “poli” di Forza Italia.

Il futuro

Insomma, in un anno di vita, il gruppo consiliare azzurro non sembrerebbe mai stato unito e, per un motivo o per l’altro ha sempre guardato, come un “Giano bifronte”, verso direzioni opposte. Le ragioni di questo scisma a “oriente” vanno ricercate in una Titanomachia che si sta consumando, tutta a occidente, fra gli ascolani Guido Castelli e Piero Celani, in lizza entrambi, in vista delle prossime elezioni nazionali, per un posto “al sole” in Parlamento? Sembrerebbe così. Visto che l’attrazione dei due poli opposti, è ormai visibile a tutti con Muzi e Girolami più vicini a Piunti e, probabilmente anche a Castelli, mentre Pignotti e Gabrielli risentirebbero di più dell’attrazione gravitazionale del consigliere regionale. Quello che tutti si chiedono, dall’esterno a questo punto, è per quanto tempo ancora la politica sambenedettese dovrà subire questo doppio campo di forza. Le elezioni infatti, probabilmente, ci saranno a settembre. E col Consiglio Comunale che è già stato “occupato” per due mesi abbondanti dalla questione Gabrielli, perdere altro tempo non converrebbe a nessuno.

NOTA DEL DIRETTORE. Sempre a proposito di futuro, non è che nel centro sinistra stiano meglio, anzi. L’opposizione in genere, infatti, è confusa, ognuno rema per conto proprio e spesso per interessi strettamente personali o partitici piuttosto che in comunione per il bene della città. Per esempio il Consiglio Comunale aperto invece che segnare l’inizio di una protesta vera e giusta nei riguardi dello strapotere regionale si è trasformato in un sonnifero e quindi in un boomerang per De Vecchis (non per colpa sua naturalmente) & C. . Probabilmente lì il problema è lo stesso della Provincia e delle mani legate che Capriotti e gli altri hanno per preservare il loro futuro politico che sarebbe penalizzato da una contestazione a chi, del loro partito, fa il bello e cattivo tempo a discapito dei nostri territori. Come Carlo Fazzini chiudo anch’io con l’interrogativo: a chi conviene? Al popolo, che a certe questioni e diatribe personali non è giustamente interessato, sicuramente no. Credo anche però che, con le elezioni politiche alle porte, quanto sta accadendo non convenga a nessuno dei Partiti cosiddetti tradizionali. Né a destra, nè a manca. Chi vivrà vedrà.