SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La questione Gabrielli è agli sgoccioli. Sono infatti appena due i giorni che separano la politica sambenedettese dalla resa dei conti del 29 aprile, quando l’assise sarà chiamata a confermare la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio, a meno di un anno dal suo insediamento.

Come prima di ogni grande battaglia, le fazioni in campo si studiano e gli stati maggiori di ogni “esercito” si riuniscono e studiano il “piano” di battaglia. Ieri è stata la volta di Pd e Articolo 1 che, separatamente, ci mancherebbe, ma in contemporanea, si sono incontrati per definire il piano d’azione. La linea è semplice, si va avanti con la sfiducia ma in cambio si chiederà alla maggioranza che il successore di Bruno Gabrielli venga pescato fra le file del centrosinistra, e in questo caso in “pole” ci sarebbe Antimo Di Francesco, che quindi neanche abbandonerebbe lo scranno in assise, visto che, da consigliere anziano presiederà la votazione di sabato e resterà in carica(se Gabrielli dovesse essere rimosso) fino all’elezione del nuovo presidente.

Nella partita è però entrato un fattore. Per sfiduciare Gabrielli, a differenza di quanto ventilato finora da più parti e forse anche a differenza di quanto creduto dalla maggioranza stessa, serviranno 16 voti. Partendo dai 12 firmatari di centrodestra, il cui indirizzo appare piuttosto sicuro, e aggiungendoci i 2 di Ripartiamo da Zero che potrebbero votare la sfiducia slegati da ogni strategia del centrosinistra, per buttare fuori Gabrielli basterebbero i due voti del Sindaco e di Stefano Muzi, i membri d’assise che alla prima tornata si sono astenuti (con ogni probabilità). Un rilievo del genere potrebbe dunque dare meno “fiches” all’opposizione sul tavolo verde delle trattative. Anche se, in qualche modo, venire incontro alle richieste dell’altra parte potrebbe convenire alla stessa maggioranza.

Da un lato infatti, per il ruolo istituzionale di uno e gli equilibri in Forza Italia a cui potrebbe guardare l’altro, né a Piunti né a Muzi converrebbe sferrare un colpo alla luce del sole, nonostante il segreto dell’urna. Dall’altro lato avallare la scelta di un presidente del Consiglio d’opposizione potrebbe paradossalmente mettere al riparo la maggioranza da nuovi “casi” Gabrielli e toglierebbe nel contempo al centrosinistra una freccia importante dalla faretra della dialettica politica nel caso in cui il nuovo presidente dovesse essere proprio Di Francesco, che dal momento in cui andrebbe ad accettare la carica, dovrebbe entrare in una dimensione, per forza di cose, più imparziale.

A due giorni dal voto però, possono succedere tante cose anche perché due incontri decisivi delle fazioni in gioco devono ancora consumarsi. Stasera infatti Piunti ha chiamato a raccolta la maggioranza mentre venerdì sarà l’opposizione a incontrarsi. Le strategie si stanno definendo.