SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Un sito importante perché rappresenta un lavoro di catalogazione storica e geospaziale delle stragi nazifasciste avvenute in Italia. Si chiama www.straginazifasciste.it e consente di ricercare nel dettaglio gli eventi desiderati: ci sembra giusto pubblicizzarlo a ridosso del 25 aprile 2017, Festa della Liberazione.

Limitandoci alla sola provincia di Ascoli Piceno, rileviamo ben 26 eventi stragisti con complessive 86 vittime. Per ognuno viene indicato il luogo, nella mappa, e la data, e quindi una precisa descrizione dell’evento. Ci limitiamo a tre eventi.

SAN BENEDETTO, FRAZIONE MADONNA DELLA PIETA’, 3 VITTIME Il 12 giugno 1944 i tedeschi, a ridosso della ritirata, depredano e saccheggiano la città. Neutro Spinozzi si trova con altri partigiani in località Ponterotto, sulla strada per Acquaviva Picena, e vuole opporsi alle razzie che stanno compiendo nella borgata, in particolare al furto di una bicicletta a danno della signorina Cossignani Nicolina. Protesta per le ruberie, spalleggiato dai compagni e anche dal Brigadiere dei carabinieri, Elio Fileni, in servizio presso la caserma di San Benedetto. I tedeschi reagirono duramente e improvvisamente Neutro viene ferito a una guancia da un colpo di pistola. Il partigiano lo aggredisce a pugni e riesce a disarmarlo. Ma lo sparo fa accorrere un altro tedesco, che viene abbattuto prima che possa far fuoco con la pistola di cui Neutro si è impadronito. Trascorsi pochi minuti, scendono lungo i tornanti decine di soldati armati di mitragliatrici automontate. Nella sparatoria che segue, Neutro viene ucciso da una raffica. Il Brigadiere Fileni tenta l’impossibile ma viene catturato e trucidato. Perde la vita anche un contadino sessantacinquenne, Salvatore Spinozzi, fulminato dalle raffiche mentre tentava la fuga nei campi.

PORTA ROMANA, ASCOLI PICENO, 1 MAGGIO 1944, 2 VITTIME I partigiani Rabitti e Marini operavano con la banda Decio Filipponi, al comando di Rani d’Ancal. La sera del 27 aprile parteciparono a un’azione nel piccolo centro di Falerone, dove una volta bloccati tutti gli accessi, furono rese inutilizzabili le automobili civili che erano state requisite dai tedeschi, ma che non erano ancora state portate via perché mancavano delle gomme. Furono inoltre organizzati dei posti di blocco sulle strade vicine al paese, per affermare il controllo del territorio. Tuttavia l’inesperienza e l’ingenuità fu fatale per i due membri del gruppo: Marini e Rabitti il 30 aprile fermarono una macchina sospetta nei pressi di Penna San Giovanni. I due occupanti dichiararono loro che stavano per raggiungere il proprietario dell’autovettura a Piane di Falerone, pertanto i partigiani salirono e decisero di verificarlo di persona. In realtà il proprietario era uno dei due uomini, che alla fine li condusse dalla milizia fascista che quel giorno era riunita a Piane per proteggere un raduno di bestiame per i tedeschi. I partigiani furono catturati, trasferiti ad Ascoli Piceno e fucilati il mattino successivo. Il comandante d’Ancal tentò invano uno scambio con due ostaggi, che alla fine vennero uccisi.

ACQUASANTA TERME, 11 GENNAIO 1944 Il comune di Acquasanta e le sue cinquanta tre frazioni erano all’epoca una realtà socio-economica povera ma relativamente tranquilla, non particolarmente osservata dalle autorità. Dopo l’armistizio si trova a dover fronteggiare l’arrivo di molti sfollati e prigionieri slavi, greco-ciprioti, anglo-maltesi evasi dal campo di Servigliano. Nella zona si muovono anche diverse formazioni partigiane, tra cui le tre compagnie comandate da Ettore Bianco, costituite da molti reduci del Bosco Martese (TE) e di carattere internazionale. La situazione spinge i nazifascisti a presidiare la zona con maggiore cura fin dall’autunno del 1943: cominciano a perlustrare, razziare, terrorizzare la popolazione locale rea di fornire aiuto e ospitalità a fuggitivi e resistenti, che continuano ad aumentare. Nel corso dell’inverno il clima di paura e di terrore si diffonde tra la gente, con una crescita esponenziale di episodi di violenza e azioni repressive da ambo le parti. Infine il maresciallo di origine trentina, Isidoro Melchiori, della caserma locale, chiese rinforzi alla guardia nazionale repubblicana e al comando tedesco in Ascoli che mandò ben presto la 6° compagnia Brandenburg 3.
Nella notte tra il 10 e l’11 marzo 1944, malgrado la neve, un nutrito gruppo di militi tedeschi, accompagnati e guidati da fascisti della provincia e del comune di Acquasanta, vestiti per confondersi con pastrani tedeschi e passamontagna, salirono verso le frazioni di Pozza, Pito e Umito. L’intenzione era di cogliere di sorpresa, attraverso un accerchiamento a tenaglia, la banda del capitano Bianco e la popolazione immersa nel sonno, impedendogli qualsiasi possibilità di fuga.
Attaccarono prima Pozza di Acquasanta all’alba: incendiarono tutte le case dei contadini, accusati di dare ospitalità ai partigiani, razziarono cibo e denaro, e fecero prigionieri tutti i giovani che incontrarono nel loro cammino. In otto – Emidio Collina, Pietro Patulli, Filippo Santini, Serafino Cesari, Vittorio Pedicelli, Loreto Santini, Mariano Castelli, Nicola Troli – furono fucilati davanti agli occhi dei loro parenti. Alcune decine di persone si salvarono casualmente, erano state rinchiuse in un magazzino poco distante dal paese, dove sarebbero probabilmente state fucilate, se i tedeschi non fossero stati distolti dal proposito a causa delle richieste di aiuto provenienti dai commilitoni che intanto avevano raggiunto Umito, dove avevano trovato i partigiani della banda Bianco, pronti all’offensiva.
Lo scontro fu violento, i tedeschi persero una trentina di uomini tra cui il comandante Rudolf Stegmeier. Dopo che venne colpito mortalmente, i suoi militi indietreggiarono consentendo agli uomini di Bianco di sganciarsi e risalire la collina. I tedeschi sfogarono la loro rabbia sulla popolazione civile, incendiando le case di Umito con bombe e bengala. Persero la vita altri due civili: Nicola Donfrancesco e Anna Sparapani, una bambina di appena undici mesi.
Nello stesso giorno i tedeschi si erano recati anche a Pito e San Martino, dove avevano ucciso due slavi e ferito in modo grave un giovane locale, Francesco Nazzari, che mentre si trovava a raccogliere il fogliame da dare in pasto alle pecore, nel fuggire per lo spavento, venne colpito, riportando una grave ferita a una gamba. Tuttavia essendo prossimo alla partenza per le armi, i tedeschi lo riportarono a casa e il giorno dopo lo condussero all’ospedale di Ascoli Piceno.