SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si parla spesso del “grande evento” da organizzare a San Benedetto e la memoria va a venti anni fa in occasione della partita al Riviera  Juventus-Bayern Monaco che si può considerare il più grande evento mai realizzato nella nostra città. A Nazzareno Torquati, all’epoca assessore, uno dei maggiori organizzatori dell’ evento, chiediamo di raccontarci come avvenne.

“Fui avvicinato da un giovane dai capelli rossi in pantaloncini e ciabatte che mi disse di avere la possibilità di far venire la Juventus per una amichevole di prestigio. Dapprima lo guardai con sospetto poi visto la decisione con la quale si argomentava mi convinsi che poteva esserci qualcosa di vero e gli chiesi maggiori informazioni. Il giovane era Bernardo Di Emidio, proprietario dell’Hotel Bolivar, il quale mi mise in contatto con Daniele Fioretto, un agente commerciale che aveva conoscenze nell’entourage juventino. Verificai la bontà della proposta parlando con l’allora dirigente juventino Romy Gai che però mi chiese un assegno di garanzia a copertura dell’operazione in quanto la partita era prevista a Cesena. Ne parlai con gli allora soci della Samb Giancarlo Amante e Emilio Scartozzi e poi con il Sindaco Perazzoli e ne verificai la fattibilità”.

E per l’assegno di garanzia?

“Mi comportai come feci per avere il titolo sportivo della Samb quando nel luglio del 1995, accompagnato dal compianto Rocco Sannicandro in Via Allegri a Roma e come si dice in gergo con la pistola puntata alla testa dall’allora Segretario Fgci Giorgio Zappacosta, firmai due assegni post datati da 100 milioni ciascuno, senza copertura, e una obbligazione di accollo di altri 300 milioni a chiusura del finanziamento residuo acceso dalla vecchia Samb della gestione Zoboletti. Così staccai a Romy Gai un assegno di 500 milioni di lire a garanzia dell’amichevole. Ero certo che avremmo fatto fede all’ impegno e così fu: già nella prima settimana di prevendita incassammo 700 milioni”.

Quindi avete organizzato l’evento in sicurezza.

“No, perché poi ci siamo resi conto che la città non disponeva delle professionalità necessarie alla gestione di eventi così importanti. Non c’era una società di pubbliche relazioni, una società di catering alimentare di livello, né una organizzazione di hostess di accoglimento e di interpretariato per gli ospiti stranieri, né una security affidabile. Soprattutto c’era il problema dell’assoluta impraticabilità del Riviera delle Palme ad ospitare una partita di quel genere”.

E allora come vi siete comportati?

“Fu determinante il ruolo del Sindaco Perazzoli e la professionalità dell’ ingegner Giuseppe Fiscaletti, all’epoca dirigente dei Lavori Pubblici comunale, i quali riuscirono a trovare le risorse finanziarie e gli strumenti tecnici per arrivare ad ottenere l’ autorizzazione per la praticabilità dell’impianto fino a diciottomila spettatori. Perazzoli ci chiese quindi di limitare la vendita fino a questo limite. Ma occasioni come queste quando ti ricapitano? Fu così che disobbedimmo al Sindaco e stampammo 24 mila biglietti che furono tutti venduti per un incasso di un miliardo e duecento milioni di lire”.

E per i servizi collegati?

“Ci rivolgemmo ad una agenzia di Pescara che ci coprì in tutte le incombenze con molta professionalità. Anzi poi ci diede lo spunto due anni dopo per pensare a come organizzarci in vista di Miss Italia e quindi l’apertura del Palacongressi per cominciare una stagione convegnistica e fieristica con operatori locali. Ma fu tutto vano perché questa opportunità non fu capita dagli imprenditori turistici che ancora oggi puntano solo al turismo balneare perché la maggioranza di loro ha altre attività economiche”.

Quindi pensa che la stagione dei grandi eventi sia finita?

“Non dico questo, naturalmente bisogna fare i conti con le professionalità attualmente esistenti e in questi venti anni non penso siano stati fatti passi in avanti verso una cultura di accoglienza turistica evoluta. Siamo ai livelli di allora e non abbiamo nemmeno una organizzazione semplice tipo Pro-loco su cui contare dopo il fallimento del Consorzio turistico. Ancora non c’è una mentalità d’impresa turistica come industria. Figurati che non si fa una indagine a tappeto sul nostro turismo da venti anni. Per cui si naviga ancora a vista senza una programmazione.

Cosa pensa della proposta di legare l’immagine della città al brodetto?

“Potrebbe essere un filone da praticare ma al di fuori della retorica del primato e soprattutto nel voler rivendicare ricette antiche che se riproposte oggi porterebbero ad una lavanda gastrica.  Poi la nostra marineria troverebbe difficoltà a trovare le quantità e le qualità dei pesci viste le condizioni delle risorse marine. Invece potrebbe essere interessante trovare sinergie con città e luoghi europei e costruire eventi di spessore e di ritorno economico”

Quali per esempio?

“Sappiamo delle difficoltà nei rapporti con le marinerie croate e allora perché non sfidarli sul gusto e nello sport con una gara di gusto fra il nostro brodetto e la loro zuppa che guarda caso si chiama “brudet” e un incontro di calcio con Hajduk Spalato magari in triangolare con la Samb e il Pescara di Zeman? Oppure sappiamo che le nostre industrie di lavorazioni ittiche sono strettamente collegate con gli armatori di Vigo in Spagna e allora perché non rinsaldare i rapporti sfidandoli con la loro zuppa che chiamano caldeirada gallega” e un triangolare con il Celta Vigo e altra importante squadra italiana? E così via via con Marsiglia o Nizza per la Bouillabaisse” e loro squadre, con Salonicco per la  “Kakavia Byzantine Recipe” e un incontro con il  Paok Salonicco e tante altre realtà di mare con le quali sviluppare un filone inesauribile”.

Prospettiva molto stimolante ma chi potrebbe portarla avanti?

“Su queste dimensioni possiamo farlo anche con le nostre forze e i finanziamenti con i Gac pesca  e poi mi sembra che la Samb dei Fedeli stia lavorando bene e quindi potrebbero essere interessati. Poi non dobbiamo dimenticarci del fatto che la nostra è una città giovane che è stata sempre proiettata nel futuro. E allora perché non riprendere quel filone di arte moderna intrapreso da Paolo Perazzoli negli anni ’90 facendo diventare la città un museo all’aria aperta? Anche in questo caso le occasioni sono innumerevoli e di grande respiro e crescita culturale. Almeno si uscirebbe da un pesante clima quintanesco medioevale che ci ha condizionato lo sviluppo”.

Ma per fare questo occorrono risorse. Dove trovarle?

“La nostra città dispone delle risorse per affrontare un diverso sviluppo, dove non si arriva ci sono risorse regionali, nazionali, camerali e comunitarie. Bisogna essere in grado di intercettarle. Se i nostri amministratori non ne sono capaci se ne tornino a casa. Sono quindici anni che la città è ferma e non possiamo più permetterci un lusso di questo genere”.